La notizia rimbalza da una parte all’altra del mondo: Alan Rubin, il grande trombettista della Blues Brothers Band, si è spento a New York a causa di un cancro all’età di 68 anni. Il motivo della sua fama è noto a tutti. La militanza nella Band resa celebre dal film di John Landies del 1980 basta e avanza per giustificare tanto interesse manifestato in ogni angolo del globo. È vero, a un osservatore attento questo interesse può risultare un po’ superficiale, e infatti – oltre al lungo curriculum di collaborazioni illustri – non si parla molto della sua vita, non si conoscono i particolari, si sa poco di lui.



Tuttavia la simpatia assoluta e il talento evidente emersi in quella pellicola leggendaria hanno reso “Mr. Fabulous” familiare e amatissimo da milioni di persone. Come dargli torto? La scena in cui interpreta il maitre di un raffinatissimo ristorante francese dei quartieri alti di Chicago è letteralmente esilarante: Alan Rubin, Dan Aykroyd e l’indimenticabile John Belushi si spalleggiano a vicenda per creare una scena surreale e credibile allo stesso tempo. I fratelli Blues ne combinano di tutti i colori pur di convincerlo a rientrare nella band, “In missione per conto di Dio”, fin quando – esausto – cede. Abbandona il posto di lavoro rispettabile per ritrovare il suo ruolo, il suo vero lavoro, se stesso. Jake ed Elwood, in un certo senso, lo riportano a casa.



Personalmente ho avuto l’occasione di conoscere Alan Rubin due anni fa, quando con la Blues4people Band suonammo con l’amico “Blue Lou” Marini e alcuni membri dei Blues Brothers. Furono giorni incredibili in cui conoscemmo dei professionisti di enorme talento suonando in posti eccezionali come l’Alcatraz e il Blue Note di Milano o il Carcere di Padova. Mi permetto allora di aggiungere alla triste notizia della sua scomparsa un piccolo contributo, solo per condividere un ricordo più semplice e umano, andando oltre la celebrità, il “mito”.

E infatti noi della band lo guardammo da subito proprio come si guarda un mito, con timore reverenziale. Ma lui ci mise trenta secondi per scrollarsi di dosso ogni stereotipo e scatenare la sua umanità schietta, divertente, irriverente. Scherzava, criticava, raccontava. Non stava mai fermo. Alla prima cena ci raccontò di aver studiato alla Juilliard di New York, una scuola di musica prestigiosa ed esclusiva, accessibile solo a veri talenti. Disse che il suo amore incondizionato andava innanzitutto alla musica classica, e poi il jazz. Ci confidò che il lavoro con i Blues Brothers era nato più come music business che come vera passione, ma che poi l’ambiente e la simpatia del gruppo lo conquistarono definitivamente, e prese parte stabilmente al gruppo. Dopo il noto film, la fama raggiunse tutti quei musicisti in modo inaspettato e travolgente: Mr. Fabulous iniziò a girare il mondo con i Blues Brothers, e arrivarono le possibilità di collaborazione più prestigiose. Sembra un sogno poter metter in fila tanti nomi eccellenti: Frank Sinatra, Duke Ellington, Frank Zappa, Sting, Aerosmith, Rolling Stones, Paul Simon, James Taylor, Eric Clapton, Billy Joel, B.B. King, Miles Davis, Aretha Franklin, James Brown… Solo per citarne alcuni.



In quei giorni passati insieme riempì di consigli tutta la sezione fiati della nostra band, e poi, rispondendo alla nostra curiosità rispetto al successo, ci disse letteralmente: “Io sono stato al top. L’ho visto. E per certi versi è tremendo”. Ormai a lui interessava solo “Stare con gli amici e suonare bene”. Una semplicità disarmante. Diceva che a volte con i Blues Brothers doveva suonare delle cose fin troppo semplici per lui, e allora amava arricchire gli assoli, variare il tema, inventarsi qualcosa. Perché non è semplice ripetere lo stesso show così tante volte. Sì, Alan Rubin era un personaggio così: ruvido, diretto, forse eccentrico in superficie. Ma non appena si entrava in confidenza, condividendo un pezzo di strada, allora si rivelava generoso, simpatico, fraterno. Un tipo a cui non puoi che affezionarti. L’estate successiva poi, noi della band organizzammo con Lou Marini il primo “Brianza Blues Festival” e invitammo i Blues Brothers a partecipare. Lì, un anno fa a Monza, salutammo Mr. Fabulous per l’ultima volta.

Lou Marini ha passato insieme ad Alan Rubin gran parte della sua vita professionale. In questi giorni, in cui stiamo lavorando alla seconda edizione del Festival, ha voluto condividere con noi alcuni ricordi. Hanno iniziato a lavorare insieme in sala di incisione nel lontano 1972, e da allora molto spesso si sono coinvolti a vicenda in molte occasioni di lavoro: l’avventura del Saturday Night Live, la Blues Brothers Band, Le tournè, le incisioni importanti… E infine persino qualche strano concerto suonando vecchie canzoni italiane in chiave Blues (il progetto O’Soul Mio, n.d.r.).

Lou dice che noi abbiamo conosciuto un Alan Rubin molto più “contenuto” rispetto a quello che ricorda lui. Da giovane era una vera forza della natura, un artista carismatico e spiritoso, che sapeva mettere tutti a loro agio per lavorare bene e dare il massimo. Una dote fuori dal comune, specie nel duro ambiente nel music business newyorkese. E poi il talento: Lou dice che aveva il tocco più delicato, le note più intonate, il suono più ispirato di qualunque altro trombettista. Una musicalità raffinata e immediata allo stesso tempo.

Ci ha confidato che gli manca molto in questi giorni, ovunque si giri in casa vede oggetti che gli parlano di lui. Alla luce di tutto questo, non è difficile capire perché le prime parole che ha scritto per avvisarci della sua scomparsa siano state: “I’ve lost a brother”.

 

(Stefano Rizza)