Ciao, ciao, piccola Amy
Amy Winehouse era una ragazza con l’oro in bocca, che aveva fatto del suo corpo un campo di battaglia. Sul terreno della sua pelle si combattevano tribù di tatuaggi colorati, trafitta da ferri vari, in testa portava una corona cotonata e aveva sotto gli occhi le righe nere dei cani.
L’abbiamo vista barcollare sotto i colpi della sua guerra interna, il video del suo ultimo concerto interrotto ha fatto infiniti giri anche sui tiggì. Eppure la amavamo. La sua voce vischiosa e fluente, densa come lo zucchero caramellato, se calda marrone e malleabile, croccante e graffiante come cristallo quando voleva scagliarcela contro.
“...but I say no, no, no…” salmodiava nel suo ultimo successo, “Back to black” e quei no uscivano dalle cuffie dei nostri ragazzi che girano con il volume così alto che esce tutto. Eppure era amata.
Niente scuse, i genitori onesti ebrei, un tassista e un’infermiera, la nonna amatissima cantante Jazz, le avevano dato una normale infanzia, erano sempre pronti a darle una mano, un abbraccio. Ma lei no, faccio da sola: “I ain’t got the time and if my daddy thinks I’m fine/ He’s tried to make me go to rehab but I won’t go go go” ( non ho il tempo e se mio padre crede che io stia bene/ vuol dire che è stanco di provare a mandarmi/in riabilitazione ma non andrò non andrò non andrò) e pochi versi dopo: “I just ooh I just need a friend “, ho solo bisogno di un amico, ooh, quel lamento da elegia moderna…
Adesso che è morta i suoi dischi schizzano di vendite, si annuncia il recupero di infiniti inediti, ma soprattutto la si può mettere esposta nel tempio dei maledetti. Il famoso Club 27. Il “circolo” che accoglie al proprio interno le leggende del rock morte a 27 anni, da Jim Morrison a Janis Joplin, da Kurt Cobain a Jimi Hendrix.
Perché è così che si può reggere la fine, con sospetto suicidio in aggiunta, di tali talenti, si può mettere sotto controllo le loro splendide urla che chiedono di vivere, che pretendono il senso del vivere.
Si scatenerà la battaglia antidroga, antialcool, ma la battaglia vera era sempre stata dentro di lei, non fuori, le sostanze con cui si annebbiava servivano solo a confondere il vuoto a ogni gradino nella sua discesa al cuore della bellezza.
Lei lo sapeva, la sua continua ricerca di un “noi” per cui l’uomo è plasmato, per cui un uomo ha una voce; a cosa serve una voce che chiama, che canta, Amy piccola sirena cangiante e azzurra a cui nessuno è bastato. Perché un uomo non basta, non basta mai. Neanche a una donna che canta.
“Era solo questione di tempo, ce lo aspettavamo” ha detto tua madre nell’incendio della notizia; no, non sei morta da santa, ma vedi, adesso, quell’Uomo che aspetta la sua monetina, che ti laverà ogni “no” dalla pelle dell’anima.
We only said good-bye with words
I died a hundred times
You go back to her
And I go back to…
I go back to us
I love you much
It’s not enough
You love blow and I love puff
And life is like a pipe
And I’m a tiny penny rolling up the walls inside
(TRADUZIONE)
Ci siamo detti addio solo a parole
Io sono morta un centinaio di volte
Tu torni da lei e io ritorno da…
Io ritorno da noi
Ti amo tanto, non è abbastanza
Ti ami la cocaina e io amo il fumo
E la vita è come una canna fumaria
E io sono un minuscolo penny
Che prova a risalirne le mura
Amy Winehouse, Back To Black