La 57sima edizione del Festival pucciniano di Torre del Lago (dal 22 luglio al 3 settembre) è iniziata con una settimana di ritardo, ma sino a maggio non si sapeva nemmeno se si sarebbe tenuto. Infatti, nel 2010 pare che l’Arcus (spa controllata dal Mibac e dal Mininfrastrutture) avesse “dimenticato” di mettere i pertinenti contributi a bilancio e c’è buio assoluto (ci auguriamo che arrivi presto un chiarimento positivo) su quelli per il 2011 (siamo già in agosto). Al Festival non si sono persi d’animo, hanno utilizzato le riserve di bilancio accumulate con pazienza certosina negli ultimi anno e, primi in Italia, hanno adottato la strategia suggerita nel luglio 2008 su “Il Foglio” di Giuliano Ferrara, grande melomane: “Esportar Cantando”. Uno slogan mutuato dal “Recitar Cantando” della fiorentina Camerata Bardi alle fine del Quattrocento.
Il ragionamento è semplice. Oltre il 30% circa degli abbonati al mensile di divulgazione musicale “L’Opera”, scritta in italiano e per italiani, è all’estero; il 20% in Giappone e Corea. Stanno crescendo anche gli abbonati in Cina, dove negli ultimi dieci anni sono stati costruiti 28 teatri per rappresentarvi opere europee, ossia in gran misura italiane. L’italiano del teatro d’opera è diventato la seconda lingua franca – dopo l’inglese – in gran parte dell’Asia dove il pubblico è assetato dal desiderio d’opera italiana.
Le convenzioni del teatro in musica nostrano (dal barocco al melodramma al verismo e anche alla contemporaneità più sfrenata) non sono molto dissimili da quelle del “Gran Kabuki” giapponese e di alcune delle numerosissime forme d’opera cinese: di norma, c’è un intreccio più o meno complicato che viene declinato coniugando parole con canto e accompagnamento musicale, nonché danza ed effetti speciali. I sovrintendenti locali stanchi di ingaggiare compagnie dell’Asia centrale a basso prezzo (e scarsa qualità), invitano con sempre maggiore frequenza le produzioni dei nostri teatri, mentre i loro conservatori e le loro scuole di canto addestrano i loro connazionali con insegnanti italiani.
Non è un caso che il tenore di maggior successo (anche in Italia) di questi ultimi anni è il giovane Francesco Hong – un coreano – riconosciuto internazionalmente come uno dei pochi in grado di cantare “Il Trovatore” così come Verdi lo scrisse. Un regista italiano, Maurizio Di Mattia, è diventato di casa a Benjing, Shangai, Macao, Singapore e Mumbay in seguito al successo dell’ “Aida” da lui allestita del nuovo grandioso Teatro d’Opera di Hong Kong per celebrare i dieci del ritorno della Crown’s Colony alla Cina.
Ed è grazie alla Cina, al Giappone, alla Francia e alla sussidiarietà di una rete di teatri dell’Italia centrale che il Festival è in corso e il teatro sul lago (3000 posti) sempre pieno.
È stato inaugurato con un nuovo allestimento di “La Bohème”, proveniente Hong-Kong e in rotta verso altri teatri asiatici (prima di approdare di nuovo in Europa). Lo ha concepito una squadra italiana – regista (Maurizio Di Mattia), scenografo (Maurizio Varano), costumista (Anna Biagiotti), in collaborazione con maestranze e aiuti cinesi. È spettacolo bellissimo; la vicenda è trasportata all’iinizio del Novecento, sotto i piedi di un’immensa Torre Eiffel. Si avvertono citazioni di film di Carnel e Chabrol – la Parigi cantata da Edith Piaff. Efficace la concertazione di Alberto Veronesi. Di alto livello le voci: Donata D’Annunzio Lombardi e Aquiles Machado hanno ricevuto applausi a scena aperta e vere e proprie ovazioni.
Arriva direttamente dal Sol Levante “Madame Butterfly” in un allestimento che viene da uno dei maggiori teatri d’opera giapponesi. La prima a Torre del Lago è il 6 agosto. La regia, le scene e i costumi sono di tre grandi nomi giapponesi (Takao Okamura, Naoji Kawaguchi, Yashiro Chiji). Giapponesi anche Cio Cio San e Suzuki (Sakiko Ninomiya e Kimiko Suehiro), nonché i numerosi personaggi minori. Un gradito ritorno in Italia di Marcello Bedoni. Concerta dei giovani enfant prodige italiani della bacchetta: Valerio Galli. In breve, appuntamento da non mancare. La prima è il 6 agosto.
Questo “assist” dall’Asia non sarebbe stato possibile se per anni il Festival Pucciniano non avesse lavorato in Cina e Giappone, con il supporto degli istituti di cultura italiani nei due Paesi: tournée di opere, concerti, inviti di giovani artisti cinesi e giapponesi alla scuola di perfezionamento pucciniana.
E la Francia? Dopo diversi anni di servizio a Torre del Lago e altrove, il precedente allestimento di “Bohème” (che avuto grande successo in recite estive a Parigi al Giardino del Lussemburgo) non va in pensione e non viene rottamato. Lo prende Nizza, aiutando così Puccini e il suo Festival.
È la sussidiarietà degli altri teatri? La colossale edizione di “Turandot” (regia di Maurizio Scaparro, scene di Ezio Frigerio, costumi di Franca Scquarciapino, direzione musicale di Kery Lynn Wilson) si vedrà anche a Pisa, Lucca, Mantova, Ferrara e in altri teatri che hanno noleggiato la produzione, risparmiando loro e contribuendo alle finanze del Festival. Si alternano vari cast. La sera in cui l’ha ascoltata il vostro chroniqueur, Kery Lynn Wilson ha concertato ottimamente la difficile partitura e il coro diretto da Stefano Visconti merita un doveroso omaggio. Di grande livello, la Turandot di Antonia Cifrone.
Torniamo all’”esportar cantando”. Non dovrebbe il Dipartimento Internazionalizzazione del Ministero dello Sviluppo Economico condurre analisi specifiche dell’indotto in termini d’export delle tournée di compagnie liriche italiane (si dispone già dei dati sul contributo finanziario che tali tournée hanno sui bilanci dei teatri)? E se le analisi confermano valutazioni qualitative che tale indotto è positivo e significativo, non dovrebbe il Ministero dei Beni Culturali prevedere una “premialità”, nella ripartizione del Fondo Unico dello Spettacolo (Fus), a favore dei teatri che più e meglio sanno contribuire all’”esportar cantando”?
Dopo, ben inteso, avere dato a Puccini, il primo compositore “globale” della storia del teatro in musica, quel che si merita, prendendo azioni appropriate perché non si verifichino più “dimenticanze”.