Lunga è la storia della Mescal, marco glorioso nel panorama della musica indipendente italiana, sulle scene sin dal lontano 1993. Alla Mescal sono passati dozzine di artisti che hanno segnato la storia della musica italiana. Qualche nome? Eccolo: Afterhours, Bluvertigo, Carmen Consoli, Cesare Basile, Cristina Donà, La Crus, Ligabue, Skiantos, Subsonica e tanti altri.
Non solo: questa etichetta è stata ideatrice anche di eventi musicali, come ad esempio il primo festival itinerante italiano, il “Tora Tora!” andato in scena per diversi anni. Nell’ambito dell’inchiesta che IlSussidiario.net ha dedicato alle etichette indie, abbiamo parlato con Manuela Longhi, capo ufficio stampa di Mescal.



Come nasce la vostra etichetta?

La Mescal nasce nel 1993. Il primo intento è quello di produrre e tutelare musicisti emergenti, progetti degni di nota che molto spesso vengono trascurati o, peggio ancora, ignorati dalla discografia ufficiale. Nell’arco di questi 18 anni la struttura si è evoluta fino al punto di garantire all’artista un trattamento privilegiato, tale da tutelarlo completamente.
Non solo etichetta, nata successivamente nel 1997, con tutto quello che comporta, ma anche management e per un lungo periodo (fino al 2005) ufficio live con una articolata ed efficiente struttura per la produzione e la realizzazione degli eventi. All’interno della Mescal, gli artisti vengono seguiti passo dopo passo attraverso la produzione del disco, le strategie promozionali e di marketing, la consulenza contrattuale ed editoriale, ecc…



Quando scegliete una band o un artista, lo fate secondo parametri artistici particolari?

Abbracciamo progetti e artisti che troviamo interessanti, basandoci sulle nostre capacità nell’affrontare il progetto oltre che seguendo il nostro gusto personale. Detto ciò, è molto importante il lato umano: non ci interessano persone carenti di voglia di mettersi in gioco, umiltà e talento. Parlando di generi musicali, li abbiamo affrontati quasi tutti, tranne heavy metal, rap e hip hop. Basti dare un’occhiata al nostro sito.

Quando un artista firma con voi, curate ogni aspetto, dall’incisione ala promozione alla promozione?



Seguiamo tutto, investendo in prima persona, sia con mezzi che con la forza lavoro.

Quali altre etichette internazionali e nazionali apprezzate?

Chiunque faccia il proprio lavoro con tanta onestà e un po’ d’audacia.

Cosa significa essere un’etichetta indipendente? Che differenza c’è tra voi e una major?

A parte la totale libertà d’azione – del nostro operato dobbiamo risponderne solo agli artisti e non a case madri sparse nel mondo – non abbiamo i mezzi economici delle major né la loro forza contrattuale derivante dagli artisti di grande richiamo, spesso stranieri. Di contro non poniamo limiti alla fantasia e alla passione.

Riuscite a rientrare dei costi riproduzione o vi sostenete con i concerti?

Chiaramente dobbiamo lavorare a 360 gradi per poterci permettere di produrre i dischi, ma anche per mantenere l’ufficio e dare uno stipendio a chi ci lavora. Oggi nessuno (credo) può permettersi di sostenersi solo grazie alle vendite dei cd… Nemmeno le major!

Come è cambiato il modo di fare discografia da quando avete iniziato?

Non siamo cambiati noi: è cambiato il pubblico, molto meno curioso, anche quando la musica, proposta da esordienti e non, è messa a disposizione ad esempio con esibizioni live gratuite; è cambiato il mercato, che ha risentito della crisi, di nuove priorità (meglio avere tre cellulari a testa che comprare cd, dvd o libri) e dei cambiamento del pubblico oltre che della scarsità di proposte di spessore; è cambiata l’attitudine: “grazie” ai Talent Show, oggi c’è poca gavetta e molto mordi – e – fuggi. Sono cambiati i mezzi a disposizione e di conseguenza anche parte dei supporti, con l’avvento di internet.

Il web vi aiuta o vi ostacola?

Il web aiuta perché è una valvola di sfogo, rispetto ai media tradizionali spesso “troppo distratti” e ai distributori ufficiali, spesso oberati di materiale.

Come sono i rapporti con i canali tradizionali tipo le radio (anche web) o la televisione? Riuscite a far passare i vostri artisti?

Siamo abbastanza rassegnati (dopo esserci stupiti – infastiditi – arrabbiati). Ecco perché dicevo che il web aiuta: i network radiofonici e le tv  passano pochissima musica che non sia proveniente dai talent, da Sanremo e forgiata dai “soliti noti”. E questo fa capire tre cose: che c’è una penuria di varietà e fantasia imbarazzanti (basti ascoltare i principali NTW: hanno tutti le playlist simili se non uguali), che gli editori/imprenditori hanno dimenticato il significato della parola “coraggio”, ma fatto ben più grave – il quale influisce pesantemente sui primi due – che al pubblico va bene così. 

In caso contrario è impossibile giustificare gli ascolti e gli sponsor che imballano le programmazioni. Le web radio, in parte, stanno rappresentando quello che continuano per fortuna a essere le realtà locali; un’oasi nel deserto dell’indifferenza. Va inoltre ricordato che ormai quasi tutte le radio – grandi o piccole – oggi possiedono un sito e di conseguenza un ascolto in streaming, che permette di diffondere in ogni dove le loro proposte.

Cosa ascoltate quando non lo dovete fare per lavoro?

Ad ognuno il suo: siamo molto diversi tra di noi per carattere e di conseguenza scelte musicali; chi predilige i dischi a marchio USA, sia presenti che passati; chi quelli con l’identico percorso temporale, ma made in UK; chi il soul & blues. In comune, abbiamo la musica italiana di un certo tipo, che all’80% di quanto immesso sul mercato negli ultimi 18 anni, abbiamo curato o pubblicato noi.

Tre vostre uscite da non perdere nei prossimi mesi.

Non concordiamo con i nuovi parametri secondo i quali un disco dopo sei mesi è già vecchio; di conseguenza centelliniamo le produzioni e cerchiamo di dargli una vita il più lunga possibile. Perciò non consiglieremo le prossime produzioni, ma le attuali: LeLe Battista/Nuove Esperienze Sul Vuoto, Elizabeth/Ruggine, Modena City Ramblers/Sul Tetto Del Mondo, Versus/Retròattivo e Tilt/L’Evoluzione delle Ombre.

(Raffaele Concollato)