Uno dei maggiori musicologi europei, Henry-Louis de La Grange, ha concluso la conferenza in occasione del doppio anniversario di Gustav Mahler – centocinquanta anni dalla nascita, cento dalla morte – ricordando che  “per tutta la vita affascinato dai misteri dell’arte, della condizione umana, dell’aldilà”, “tutti i suoi amici intimi hanno insistito su questo aspetto della sua personalità ‘cercava Dio’”…, “con un incredibile fanatismo, con una dedizione unica, con una passione incrollabile”, “sempre alla ricerca del divino nell’uomo, in ogni persona”. Il testo integrale della conferenza inedito in lingua originale si può leggere nel volume curato da Gastón Facio-Fournier Gustav Mahler- Il Mio Tempo Verrà (Il Saggiatore, 2011).



Ne suggerisco la lettura a coloro che la sera del primo settembre al Lingotto a Torino (per inaugurare il MiTo) o del 5 settembre al Palazzo dei Congressi di Rimini (per aprire la sezione sinfonica della Sagra Malatestiana, un festival che da maggio si estende sino a fine settembre) ascolteranno l’Ottava Sinfonia di Mahler, chiamata la “Sinfonia dei Mille”; alla prima esecuzione a Monaco il 12 settembre 1910, diretta dall’autore, richiese 1030 esecutori tra orchestra, cori e solisti. A Torino e a Firenze, per rendere possibile l’attuazione del progetto il direttore musicale Gianandrea Noseda unisce l’orchestra e il coro della Rai con quelli del Teatro Regio e vi aggiunge il coro del Maggio Musicale Fiorentino (potenziati con un coro di voci bianche). Solisti Erika Sunnegårdh, Julia Kleiter, Elena Pankratova, Yvonne Naef, Maria Friderike Radner, Stephen Gould, Christof Fischesser, Detlef  Roth, un cast da fare invidia alle maggiori formazioni sinfoniche mondiali. Con un cast differente, dal 22 al 24 ottobre, Antonio Pappano inaugurerà a Roma la stagione sinfonica dell’Accademia di Santa Cecilia sempre con la Sinfonia dei Mille; i complessi dell’Accademia verranno rafforzati con quelli del China National Chorus.



Ricordo di avere ascoltato dal vivo un’unica volta la “sinfonia dei mille” in Italia: a Bologna nell’autunno 1979 nella stagione concertistica del Teatro Comunale, diretta da Vladimir Delman : i mille erano ridotti a meno di 400. A Washington, dove ho vissuto tre lustri, ne ricordo due esecuzioni dal vivo in cui i complessi della National Symphony univano le loro forze con quelli della Washington Opera (ora National Opera) ed utilizzavano non il Kennedy Center, ma la vastissima National Cathedral, ponendo uno dei cori del matroneo ed ottenendo effetti stereofonici.

Ascoltare l’Ottava di Mahler in mi bemolle maggiore richiede preparazione non perché sia particolarmente lunga (è più breve, ad esempio, della Terza) ma poiché è costruita su due parti apparentemente molto distinte: una trascrizione in chiave tardo romantica del Venir Creator , attributo all’Arcivescovo  di Mainz Rabanus Maurus , 847-856 (ma probabilmente molto più antico) e la scena finale della seconda parte del “Faust” di Goethe. In un saggio di Michael Steinberg del 1980, si sottolinea, in base a documenti d’archivio, che Mahler è stato per anni affascinato dalla seconda parte del “Faust”, in particolare dal rapporto sensuale del protagonista con Elena di Troia e della redenzione tramite il lavoro per il bene comune (piuttosto che tramite il pentimento). Mahler – ricorda Steinberg- era diventato un attento studioso degli “Atti degli Apostoli” e era convinto che la premessa concettuale di Goethe fosse  nel “libro ottavo” di tali Atti (una sintonia con il numero “ottavo” della sinfonia?) e le vicende di “Faustus” ivi narrate. Come coniugare un finale (quello del “Faust” di Goethe) altamente scenico (in margine alla sinfonia vengono descritti con cura i luoghi ed i personaggi) con il Venir Creator?



Sotto il profilo musicale, Mahler giustappone una prima parte molto compatta con una dilatata e quasi melodrammatica (la recente Guida alla Musica Sinfonica , Zecchini Editore 2010, afferma che “pare frammentaria”); tuttavia, non solamente numerose idee musicali sono le stesse e richiami tematici interni collegano i vari episodi ma nel finale ritorna il moto ascendente del Venir Creator : culmina in un fortissimo a piena orchestra con concertato e doppio coro nel Das Ewig Webliche/Zeith uns hinan (“L’eterno femminino / ti porta in alto accanto a sé”). Esistono in commercio varie edizioni (dirette , ad esempio, da Abado, Ozawa,Chailly, Inbal ; Solti); pur nella differenze di accento (dal calligrafismo quasi cameristico – per 1000 esecutori!- di Solti al fuoco di Ozawa), tutte pongono enfasi sul parallelismo tra il finale della seconda parte ed il tema centrale della prima.

Più complessa l’analisi del nesso concettuale. Gastón Facio-Fournier, uno dei maggiori studiosi di Mahler, ha sempre sostenuto che il compositore , nato in Boemia in una famiglia di religione ebraica, restò sempre un non credente. Altri (ad esempio Theodor Adorno e Donald Mitchell) lo considerano un panteista (principalmente sulla base della Terza Sinfonia).Non c’è alcun dubbio che non “abbia mai sentito il rito ebraico” , come il compositore stesso scrisse alla moglie. Ma il battesimo in pompa magna del febbraio 1897 fu puro opportunismo per essere nominato direttore dell’Opera Imperiale di Vienna (come scrivono molti autori, specialmente quelli di ispirazione marxista) oppure parte di un percorso che approdò al cattolicesimo ma negli ultimi mesi di vita andò verso il pensiero e la religione Zen? Cerchiamo di tentare una risposta.

Da un canto, secondo uno studioso come Quirino Principe (Mahler, la musica tra Eros e Thanatos, Bompiani 2002), anche senza il battesimo, Mahler sarebbe assunto al seggio più alto del maggior teatro musicale di Vienna (il clima culturale nella capitale della duplice monarchia stava cambiando rapidamente, Freu era alle porte). Da un altro, uno studioso chiaramente “di parte cattolica”, come Tommaso Scandroglio, rinviene aperti collegamenti con la musica ecclesiastica cattolica in lavori ben precedenti il battesimo (ad esempio, nella Seconda Sinfonia ed in cicli di leader) nonché nella sua interazione con il cattolicissimo Bruckner . Soprattutto, l’Ottavia Sinfonia venne iniziata a concepire quando la non lieta esperienza alla guida dell’Opera di Vienna (sede di intrighi che forse ne aggravarono la disfunzione cardiaca che lo portò prematuramente alla morte) ma completata ed eseguita per la prima volta quando era tornato ad essere un libero professionista (distante dall’OpernRing). E’ intrisa di pensiero cattolico. Il Venir Creator è la premessa per dare un’interpretazione molto particolare al finale del Faust di Goethe. L’inno Accende Lumen Sensibus/Infunde Amuren Cordibus è quasi strumentale a mettere l’accento non sull’operosità (Goethe era luterano) come principale ove non unico viatico per la redenzione ma sull’ amore cordibus che domina, nella seconda parte, il lungo episodio del Doctor Marianus con i cori angelici.

Forse, però, era solo una tappa verso lo Zen del sesto e ultimo movimento, Der Abschied (l’Addio) del  Das Lied von der Erde (il Canto della Terra ) –il suo addio all’esistenza terrena.