È iniziato il Festival e Concorso Internazionale “George Enescu”, dal nome del celebre musicista (compositore e soprattutto solista di piano, violino e violoncello) e didatta romeno del secolo scorso. Giunto alla 20esima edizione, curato da Ioan Holender e realizzato sotto l’Alto Patrocinio del Presidente della Romania, il Festival Enescu si svolgerà a Bucarest e in altre località romene di interesse storico-artistico sino al 25 settembre. Perché ce ne occupiamo da che siamo in pochi ad aver fatto fare il viaggio sino alla Romania per seguirlo?
Negli anni (la manifestazione si svolge ogni due) è diventato con il Festival delle Notti Bianche che si tiene ogni giugno a San Pietroburgo, l’evento musicale di maggior di rilievo dell’Europa orientale. La Sinfonia n.1 in mi bemolle op.13 di Enescu ha tenuto a battesimo il Festival. Già nel programma di apertura c’è una dichiarazione di poetica musicale chiara e forte: il Festival fa parte di un programma nazionale di formazione e di una campagna di immagine internazionale sostenuta dal governo romeno per promuovere la cultura e gli artisti romeni. Calzante in proposito il commento del Telegraph sull’edizione scorsa: il Festival dimostra “come la musica può restituire l’orgoglio di una Nazione” come la Romania che ha avuto uno dei peggiori regimi dittatoriali.
Il programma comprende più di 80 appuntamenti articolati in concerti, opere e balletti: a ospitare gli appuntamenti sono le principali sale da concerto di Bucarest (Sala Grande, Sala Piccola del Palazzo Reale, Ateneo Romeno, Opera Nazionale di Bucarest, Aula Magna “Teoctist Patriarhul” nel Palazzo Patriarcale, il Teatro Nazionale “I. L. Caragiale”, la Sala “Mihail Jora” della Società Romena di Radiodiffusione, la Sala “George Enescu” dell’Università Nazionale di Musica di Bucarest), nonché, in un ampio spazio all’aperto, la piazza stessa del Festival. Altri appuntamenti si tengono invece in diverse località d’interesse storico-artistico, alcune delle quali legate alla vita di George Enescu, cioè le città di Arad, Cluj, Ia i, Sibiu, Timisoara e Târgu-Mure.
Tenendo fede al suo ruolo di promozione dell’opera del maggior compositore romeno, il Festival vedrà eseguite quest’anno 24 composizioni di Enescu, oltre a 80 lavori di compositori contemporanei romeni e cinque titoli tra opere e balletti. Per fare ciò verranno impiegate ben 26 diverse orchestre, tra quelle di casa e alcune tra le principali formazioni europee; inoltre sette orchestre da camera provenienti da tutto il mondo, 20 ensemble cameristici, sei cori, 41 solisti in concerto, otto solisti di fama impegnati in recital solistici.
Per finire, una nuova sezione è dedicata alla World music, in omaggio alle connessioni tra colto e popolare nella musica di Enescu. Tra i vari appuntamenti di questa parte del Festival spiccano un avvincente e trasversale programma di Mario Brunello e l’Orchestra d’Archi Italiana e il concerto col trio dell’eclettico pianista Francesco Tristano Schlime.
Per la serata inaugurale la Sinfonia di Enescu accanto alla Sinfonia n.10 in mi minore op. 93 di Sostakovich sono state eseguite dalla orchestra “in residenza” The Hague Philharmonic, una delle maggiori orchestre olandesi che fa scuola dal 1904, porto di scalo per illustri compositori (Stravinsky, Strauss, Reger, Ravel, Hindemith) e direttori d’orchestra (Toscanini, Walter, Bernstein). A dirigerla, nella Sala Grande del Palazzo Reale di Bucarest, Christian Badea. Il concorso collegato al Festival si articola in quattro categorie: composizione, pianoforte , violino e violincello.
È importante sottolineare come Enescu fu molto poco politicamente corretto. Aveva studiato a Vienna e Parigi, dove visse gran parte della propria vita e dove morì. A Parigi costituì un trio di successo con Casella e Fournier. Tra le due guerre contribuì a far conoscere in campo internazionale le composizioni della giovane scuola nazionale romena e nel 1923 suonò per la prima volta negli Stati Uniti, a Philadelphia sotto la direzione di Leopold Stokowski. Tenne corsi di interpretazione a Parigi, Londra e Siena ed ebbe tra i suoi allievi alcuni interpreti poi pervenuti a fama mondiale, tra cui Yehudi Menuhin, Arthur Grumiaux, Christian Ferras e Uto Ughi…
Noto principalmente per le sue composizioni di musica da camera e sinfonica, lavorò per vent’anni a una sola opera per il teatro “Oedipe”, che in Italia è stata rappresentata un’unica volta, a Cagliari, circa sei anni fa, ma che rappresenta la sintesi di tutti i mezzi tecnico espressivi raggiunti da Enescu nella maturità. Al pari del molto più giovane (1922- 2001) Iannis Xenaxis, greco ma naturalizzato francese anche lui autore di grandi musiche per le tragedie greche, Enescu era un romeno culturalmente trapiantato a Parigi.
Venne preso dal mito di Edipo a una rappresentazione alla Comedie-Française nel 1909. Ne chiese un libretto a Edmond Fleg, tra i più illustri rappresentanti della tradizione ebraica di lingua francese. Il lavoro, concepito inizialmente in due parti, per due serate successive, venne rimaneggiato più volte e interrotto durante la prima guerra mondiale, anche a ragione dell’impegno umanitario del compositore. Enescu lo riprese nel 1921, ma l’orchestrazione richiese quasi dieci anni. La prima rappresentazione all’Opéra di Parigi, si ebbe nel 1936, con un esito trionfale.
Ripresa, sempre con grandissimo successo, l’anno seguente, sparì sino al 1955 quando, Radio- France ne diede un’esecuzione in forma di concerto in occasione della morte del compositore. Venne, rappresentata, nel 1956 il Théâtre de la Monnaie di Bruxelles in presenza di Edmond Fleg. A partire dagli Anni 60, è apparsa, di tanto in tanto, in teatri tedeschi, ma solo l’Opera di Bucarest l’ha mantenuta in repertorio, riproponendola al Palais Garnier nel 1963. Viene, ciononostante, considerata come uno dei capolavori nel Novecento storico tanto che nel 1989 Lawrence Foster ne ha curato un’ottima registrazione discografica con José van Dam, Gabriel Bacquier, Nicolai Gedda, Brigitte Fassbaender e Marjana Lipovsek (un cast da favola).
Honneger scrisse che “si è di fronte all’opera suprema di uno dei più grandi maestri, tale da sostenere il confronto con la più grande arte lirica, di assoluta originalità e potenza, distante sia dagli emuli di Wagner sia dei pasticci pucciniani”. “Oedipe” è l’unica opera in musica tratta non solo dall’“Edipo re” e dal meno noto “Edipo a Colono”, ma anche dagli antichi miti greci sulla nascita del protagonista già segnata da un fato inesorabile. Alla domanda della Sfinge: “Chi è più grande del destino?”, Edipo risponde, al termine della sua dolorosa vicenda terrena: “l’uomo”, precisando, quasi con una rettifica, che l’”uomo è più forte del destino”, anche se non ne è più grande. Risposta tanto poco “politically correct” quanto era l’autore del lavoro.