Dall’inizio del XXI secolo, gli appassionati di grande musica vanno all’inizio di settembre in una piccola città delle Marche, nota soprattutto per avere dato i natali a Federico II: Jesi. Vi sono anche nati due musicisti che hanno rivoluzionato la musica europea : Pergolesi e Spontini. E’ nato un piccolo grande festival dedicato ai due musicisti. Lo si è fatto con una modesta iniezione di denaro dal Fondo Unico per lo Spettacolo, Fus, contributi dagli enti e imprese locali. Pochi pensavano che avesse vita duratura: viaggia verso la decima edizione e ha assunto un rilievo internazionale Dal 2 al 17 settembre, in collaborazione anche con il Congresso Eucaristico di Ancona dove l’11 settembre il Festival offrirà un Concerto Spirituale nella Cattedrale di San Ciriaco, si svolge l’undicesima edizione della manifestazione, dedicata quest’anno al tema “Pergolesi in progress”- ossia la crescita del compositore dalla sua prima opera a quella (“La Serva Padrona”) che alcuni decenni dopo la morte gli rese celebrità internazionale. Gli eventi centrale è la prima rappresentazione in tempi moderni de “La Salustia”, dramma per musica, composto da Pergolesi a 21 anni nella versione che effettivamente andò in scena al Teatro Tor di Nona nel 1731 e la riproposta della messa in scena de “L’Olimpiade” già applaudita (a Jesi ed in altre otto città) alcuni anni fa.
La versione di “La Salustia” 2011 differisce da quella proposta nel 2008 a Jesi, al Festival di Radio France a Montpellier ed altri teatri. Allora venne presentata una stesura dell’opera mai eseguita poiché proprio quando stava per essere messa in scena, venne a mancare, alla vigilia della prima rappresentazione, il cantante per cui era stata scritta (il Nicolino). Dovette essere riscritta per più giovane , e meno abile, (Giocacchino Conti). Oggi si può ascoltare questa riscrittura mai presentata dal 1731 o giù di lì. “La Salustia” segue i canoni dell’”opera seria”: passioni smisurate, eros brulicante, calunnie, pure combattimenti con le fiere, ed immancabile lieto fine. Un’analisi della partitura documenta come in questa e nell’”opera seria” successiva (“Il Prigionier Superbo”) , Pergolesi facesse uno sforzo non solo di assimilare ma di rendere chiaro e trasparente il linguaggio dei musicisti allora all’avanguardia (Leo, Hasse, Vinci). In “Adriano in Siria”, visto ed ascoltato a Jesi nel 2007 e grande successo del festival di musica barocca di Beaune del 2008, Pergolesi affronta tutte la opportunità che il “sistema melodrammatico” può offrire. Ne “L’Olimpiade” Jesi effettua una scelta stilistica intimista. Accanto a questo percorso nel teatro serio, ne svolge uno parallelo nella musica sacra (“Salve Regina”, “Stabat Mater”) e soprattutto nella commedia in musica (“”Lo’ Frate Innamoratu”, “La Serva Padrona”, “Livietta e Tracollo”, “Il Flaminio”). In tutte queste composizioni, anche le più religiose o le più esilaranti, pone al centro “il palpito dell’anima” (come ha acutamente scritto Francesco Degrada).
Dopo avere ascoltato “La Salustia” un critico musicale americano a Montpellier, Michael Milenski, ha scritto, su “Seen and Heard International Opera Review”, “le meraviglie non cessano di esistere”. Milenski è severo nei confronti della durata del lavoro (tre ore e mezzo con un breve intervallo – tipico per l’epoca) ma ne esalta la parte musicale e sottolinea le trovate dell’allestimento scenico. Molto positive le recensioni (delle rappresentazioni a Montpellier) su ODB Opéra Forum, un web francese dedicato alla lirica.
Il “dramma in musica in tre atti” viene presentato nella versione originale senza tagli) Il lavoro andrà a Parigi (Opéra Comique) ed in un circuito. In una Roma, al tempo stesso, primitiva e lasciva, si scontrano Salustia (giovane sposa dell’imperatore) che ama senza misura (il marito Alessandro, il padre Marziano, l’umanità tutta) e Giulia (madre dell’imperatore, assettata di potere) – in breve, il bene contrapposto al male. L’altra coppia, Albina e Claudio diventano pedine un ingranaggio, dove c’è una buona dose di eros (tipica della Napoli settecentesca). Dopo un complotto alle terme (alle docce ci si disputa il potere) ed una scena di lotta tra Marziano, dato per punizione alle fiere, ed un leone, c’è il “lieto fine” (con inno alla pace) di prammatica nell’”opera seria”. Ben 57 numeri musicali, per una durata complessiva dello spettacolo di oltre 4 ore, intervalli compresi.
Lo spettacolo alle 20 e non alle 21.30 come nel 2008 ma qualche sforbiciata in più avrebbe evitato alcune file di poltrone vuote al terzo atto, causate anche dall’ondata di caldo. Sotto il profilo musicale, l’opera sorprende perché anticipa (ad esempio con il quartetto del secondo atto) l’”Idomeneo” di Mozart, composto 50 anni più tardi. Buona la direzione musicale di Corrado Rovaris alla guida dell’Accademia Barocca dei Virtuosi Italiani, ancora un po’ in rodaggio. Tra i protagonisti musicali, spicca Lara Polverelli nel ruolo di Giulia. Buona la sua deuteragonista, Serana Malfi (Salusta). Delude, perché troppo nasale, il controtenore Florin Cesar Ouatu (Alessandro Serevo). Non di grande spessore Vittorio Prato (Marziano). Buoni Giacinta Nicotra e Maria Hinojosa Montenegro (Albina e Claudio).
La vera maestria è nella regia (Juliette Deschamps) trasforma un’“opera seria” (molto statica) in un lavoro denso di tensione ed in cui aspetti delicati vengono trattati con eleganza e momenti da colossal resi efficaci con pochi mezzi (sia per le ristrettezze del budget sia per le esigenze di una tournée che si profila molto lunga): una scena unica con finestre meurtrières da cui sparava senza essere visti..
L Settecento ed il Barocco hanno da qualche anno un notevole successo presso il pubblico giovane in Europa centrale, Gran Bretagna e Francia – si pensi alle file, a Zurigo, per ascoltare “Il trionfo del tempo sul disinganno” di Händel. Il virtuosismo vocale (analogo a quello di cantanti, anche non di musica classica, apprezzati dai giovani) ne è una componente importante. La riscoperta di lavori come “La Salustia” possono inserirsi in questo contesto. Richiedono un compromesso tra filologia e durata di spettacoli a cui si usi adesso.