Il 15 maggio 1994, un ragazzo di neanche trent’anni moriva nella sua casa di Milano. Un ragazzo che, come tanti, aveva contratto l’AIDS una decina di anni prima, quando ancora nulla si sapeva di questa malattia. In quegli anni lui aveva vissuto un periodo buio, e così, adolescente, aveva sperimentato angoscia e solitudine e aveva cercato una risposta nel mondo della droga. Un mondo bugiardo e traditore, senza alcuna risposta, e dal quale uscì grazie alla musica. Nell’ultimo periodo della sua vita, quando si trovava davanti persone che piangevano per la sua condizione, era lui stesso a consolarli e a dir loro che non c’era nulla di cui disperarsi, perché lui “stava tornando a casa”. Chissà a quanti saranno venute in mente le parole di una delle sue canzoni più famose (“Gesù Cristo ritorna, perché qui abbiam bisogno di Te!”) in quei momenti, e quanti abbiano invocato il Suo aiuto, mentre lui, Alessandro, diceva loro che quell’aiuto lo aveva davanti.
Già, perché quel ragazzo era Alessandro Pizzamiglio, in arte Alessandro Bono, un cantautore che solo qualche mese prima aveva partecipato alla 44esima edizione del festival di Sanremo e cantato la sua ultima canzone “Oppure no”. Suo papà era morto un anno prima, ed era un tecnico del suono. Sicuramente in casa Pizzamiglio la musica era sempre nell’aria, e Alessandro la deve aver respirata a pieni polmoni per anni. Agli inizi degli anni ’80 iniziava a scrivere le sue prime canzoni e muoveva i primi passi nel mondo del mercato discografico, proponendo un brano “Dalle 8 alle 10 pm” in cui descriveva quel mondo da cui era scappato. Le collaborazioni con Mogol e Mario Lavezzi lo portano a scrivere diverse canzoni, e nel 1987 fa la sua prima partecipazione al festival di Sanremo con il brano “Nel mio profondo fondo”. L’anno dopo pubblica il primo album, intitolato semplicemente “Alessandro Bono”, un disco fresco e genuino, con sonorità italiane tipiche di quegli anni, e con brani di spessore tra cui spicca su tutti la canzone “Gesù Cristo”, una canzone che come un pugno in faccia racconta e dice la sua domanda a un interlocutore preciso.
Alessandro non aveva timore di mostrarsi per quello che era, e non c’era nulla che poteva impedirgli di dire da quale realtà arrivava e da chi voleva – e chiedeva – di essere aiutato. Le stesse domande si ritrovano in altri brani di quel disco, tra cui “Spazzatura”, una canzone che racconta di un suo amico che lui stesso ha visto morire per overdose su una panchina di un parco di Milano.
Alessandro tra la fine degli anni ’80 e gli inizi dei ’90 comincia a farsi conoscere. Apre concerti di grandi artisti stranieri, come Bob Dylan, e di artisti italiani, come Gino Paoli e Francesco De Gregori. Scrive canzoni per Ornella Vanoni e Loretta Goggi, e nel 1991 esce il suo secondo disco, “Caccia alla volpe”: suoni puliti e arrangiamenti pesati che portano in primo piano la voce traballante di Alessandro. “Rotolare” è il brano di punta con il quale, in maniera scanzonata, racconta il suo attaccamento alla vita. Durante la lavorazione del disco, diventa papà di Vittoria, e a lei è dedicata la splendida “Io e te”. L’anno successivo Alessandro è di nuovo sul palco di Sanremo in compagnia di Andrea Mingardi, per cantare insieme a lui “Con un amico vicino”.
Nel 1993 scopre di essere sieropositivo, ma non per questo smette di far musica, e pur contro il parere dei medici decide di partecipare nuovamente al festival con una canzone che – un’altra volta! – racconta in maniera decisa e schietta quello che sta vivendo in quel periodo. Sale sul palco dell’Ariston nel febbraio 1994, già debilitato dalla malattia, e per questo canta male, stonando in diversi momenti, e prendendosi gli insulti di pubblico e critica. La canzone è “Oppure no”, e i suoi versi passano quasi inosservati… “La risposta amore mio la stiamo vivendo!”, “Mi piace vivere”, “E quindi, amica mia, tranquilla, ci sono anch’io… e questo sporco mondo questa volta è giunto infine ad una svolta!”. Versi positivi, certo, ma poco chiari a chi ascoltava la sua voce stonata in quel febbraio. Diventeranno più chiari quando sui giornali, tre mesi più tardi, passerà la notizia della sua morte.
Quando morì, essendo il primo cantante italiano morto per AIDS, in tanti fecero il paragone con Freddy Mercury, ma le due figure si differenziano enormemente e non solo per qualità artistiche, ma anche e soprattutto per una vita vissuta diversamente. Al funerale di Alessandro c’erano pochi suoi colleghi, e negli anni che seguirono, nonostante i proclami di alcuni, non si fece mai nulla per ricordare la sua vita e la sua musica.
Forse era un personaggio scomodo, forse per il mondo delle major non rappresentava quella figura da rocker dannato che tanto faceva vendere in caso di dipartita, forse quel suo dare del tu all’interlocutore delle sue domande, e non un gridare al vento, dava fastidio, ma sta di fatto che in qualche modo la sua musica è stata dimenticata e ignorata dai più.
Ma non da coloro che ne hanno colto il messaggio, e che si sono sentiti scossi dalla sua testimonianza e dalle sue semplici parole. Parole vive, e non messe insieme per far rima o per vendere dischi. Parole di vita… la sua vita!
Internet avrà sicuramente tanti aspetti negativi, ma tra i pochi positivi c’è quello di riuscire a mettere in contatto persone che hanno qualcosa in comune. Così, è successo che grazie a un sito e una pagina Facebook, Marco Bergamo stringe amicizia con Marco Annicchiarico e con Giulia Benotto, perché tutti e tre appassionati alla musica di Alessandro. Successivamente, un giorno mi imbatto anch’io in quella pagina Facebook e nasce in me l’idea di organizzare un concerto. Da anni conoscevo Luisa, la mamma di Alessandro, ma mai mi ero preso un impegno così importante. Così scrivo sulla pagina e mi risponde Marco, che già assieme a Marco e Giulia avevano voglia di far rivivere la musica di Alessandro. Siamo a settembre 2011, e io e Marco concordiamo per conoscerci di persona: così è bastata una birra insieme per decidere di realizzare questa impresa. Marco Annicchiarico e Giulia si uniscono subito a noi.
Decidiamo che non può essere fatto da un unico artista, ma perché sia un reale concerto tributo deve essere fatto un gruppo di amici. Tante canzoni, interpretate da tanti amici. Cominciamo dunque a contattare i musicisti che avevano suonato con Alessandro e ne diamo notizia sulla pagina Facebook. Ci rispondono Andrea Mingardi, Pietro La Pietra, Flavio Piantoni, Marco Baroni, Simona Rae, Francesco D’Acri, Edo Pop, Edoardo Cavallari anche Mario Lavezzi e Fabrizio Moro. Si decide la data e il luogo, 27 gennaio 2012 al Legend 54 di Milano, e dopo una lunga preparazione di basi musicali, di arrangiamenti, di organizzazione, di decisioni di vario tipo, ecco arrivare finalmente la data.
Le parole e la musica di Alessandro tornano a suonare in un concerto che non vuole essere un ricordo di una persona che non c’è più, ma la testimonianza di un amico, che con la sua vita fatta di continue cadute, ci mostra in che modo alzarsi e guardare in alto, e lo fa cantando: “se talvolta pensi che tu non sei molto importante, consolati perché sul Ponte c’è tutto il resto della gente… e quindi amica mia, tranquilla, ci sono anch’io!”
(Ivano Conti, www.rdrock.it)