Come già abbiamo accennato su IlSussidiario.net nei nostri articoli precedenti, alla fine di questa settimana è partito il contest “Sanremo Emerging 2012”, selezione ideata dal giornalista musicale Alex Simone. Si tratta di un progetto il cui scopo è quello di raccogliere alcune delle più interessanti realtà estromesse dalle preselezioni del maggior contenitore musicale nazionale. Il risultato è sorprendente perché per la prima volta consente di toccare con mano in tempo reale come buona parte di quanti non hanno passato le citate selezioni si lasci dietro di parecchie spanne chi ha avuto il privilegio di essere scelto.



Delle 12 proposte di questa specie di spin-off contest, è notevole notare come cinque di queste si segnalino per un buon livello, talora ottimo sia per scrittura che per interpretazione, mentre altre due si caratterizzano per essere proposte di artisti stranieri che prendono parte al contest in veste di “ospiti internazionali”.
Il tutto senza contare i migliori nomi della musica italiana emersi quest’anno, recensiti e più volte segnalati su queste pagine che non prendono parte alla gara.
Le caratteristiche di svolgimento del contest vengono così riassunte dal suo ideatore: “I 12 cantanti potranno essere votati dal 22 gennaio fino al 29 febbraio, i 6 più votati che saranno annunciati il 2 marzo, accederanno al round finale della gara che vedrà concorrere solo 6 artisti – fino al 12 marzo – a cui verranno azzerati tutti i voti precedenti e che saranno rivotati. Il 14 marzo conosceremo i nomi dei vincitori delle due categorie: Premio Giuria Popolare e Premio Giuria Qualità. I giurati di qualità sceglieranno il vincitore fra tutti e 12 gli artisti in gara”.



Quella che segue è una breve recensione, con il link al relativo video, delle realtà più vivaci e interessanti emerse dalle prime battute del contest.

Manola Moslehi: Cos’hai di me – Ottimo esempio di esplorazione di nuove soluzioni giocate a partire dalla vasta eredità del patrimonio melodico italiano. Inediti rivolgimenti d’autore si innestano a rivestire un lascito musicale che corre lungo quattro decenni. 
Soffici virate rock si sposano a fugaci e ariose linee orchestrali con la benedizione di una voce squillante e autorevole che canta un testo astuto ma con piglio fascinoso e provocatorio. 



Peppe Columbro: Lo chiamavano Peter Pan – Ballata soffice e malinconica che si regge in maniera esemplare su contaminazioni assortite in punta di pennello, dalla strofa riflessiva al bel chorus dove le note lunghe vocali sono appoggiate con grande senso costruttivo dalle controarmonie corali, per concludersi in una bella variazione finale densa di pathos.
Vocalità e scrittura reminiscente del miglior Morelli (“Nata Libera”) in combinazione con pastosi echi di folk americano.  Testo che con semplicità – sotto l’escamotage letterario – narra di un perduto slancio non tanto giovanilista quanto vitale e legato alle istanze originali più radicate dell’animale uomo.

Corinne Vigo: Nel mio Blu – E’ la melodia di gran classe che affonda le radici nella tradizione peninsulare continuamente vagliata e rivisitata.  Gigi De Rienzo, session man e produttore per grandi artisti, gruppi e progetti ruotanti attorno all’area napoletana (Edoardo Bennato, Eugenio Bennato, Pino Daniele, Teresa de Sio) e non, sposa la sua aria d’antan contaminandola con fragranze latino-mediterranee e donandola alla densa vocalità a lievitazione naturale della Vigo.  Liriche che portano il respiro positivo ed essenziale di un amore riconosciuto e vissuto con semplicità di sguardo.  Come se un Arisa avesse trovato finalmente gli autori giusti per ritagliarsi un personale e più definito repertorio.

Raffaella Daino Pivirama: Sonicamente – Bella scrittura inserita nel filone post-rock degli ultimi tre lustri a base di chitarre ora liquide nell’arpeggio di strofa, ora più sporche e ruggenti nel refrain.  Forse un trademark troppo abusato nell’alternativo italiano ma la melodia vocale, come la voce dell’artista, è fresca, ironica e scorrevole e la cantautrice siciliana sa conquistare con il suo brio misto a un disincanto leggero e volatile.

Bromuro’s Band: Audrey Hepburn – Arrangiamento raffinato con eleganti inserzioni sudamericane in bilico tra il Caputo latino di certe inflessioni più malinconiche (“Week end”, “Flamenco Amorespia”) e il new cool anni ’80 (Sade, Double), scrittura un po’legata e che respira poco nel pre-chorus.  E tuttavia un’impronta personale indubbia e da sviluppare ancora perché la materia c’è e pure un itinerario da seguire.  Nel complesso un brano più che discreto.

Tra i due ospiti stranieri si segnala una bella proposta nel solco della più fertile tradizione chansonnier di Karin Clercq, cantautrice franco-belga con una “On veut toujours ce qu on n’a pas” tra fiaba e filastrocca esistenziale.   Gli altri brani, che per il sottoscritto non offrono spunti di particolare rilievo sono Cama, Mesa e Banho “Tarde de Feriado”, Anya “Lasciami andare”, Francesco Farina “Terra e guerra”,  Giulia Kom “Chiara”, Marina Donadei “Tempo scaduto” e Debora Marziano “Ferro e Miele”.

(Alessandro Berni)