Si dice “anno nuovo, vita nuova”… ecco perché ci piace incominciare il 2012 con qualcosa di nuovo, anzi d’antico, ma che è talmente poco noto da essere nuovissimo. Alludo all’apporto degli italo-americani alla nascita e allo sviluppo del jazz.
Si usa dire infatti che il jazz sia una musica afro-americana, il che non è per nulla sbagliato… ma è soltanto una mezza verità. A rimettere le cose a posto ci pensa da tempo, con una infaticabile e costante attività durante concerti, lezioni, interventi in trasmissioni televisive e radiofoniche, Lino Patruno.
Famoso per essere stato uno dei quattro amatissimi Gufi (assai ricordato anche per una sua personalissima versione di Crapa Pelada oggi Patruno anima il Lino Patruno Jazz Show, che è possibile ascoltare tutti i lunedì all’Alexander Platz di Roma. Durante le performance della sua band, Lino non perde occasione per raccontare la verità sugli italiani che hanno creato il jazz che pochi conoscono… e così ho imparato da lui a fare altrettanto. Durante i concerti della band di Pubblicità Progresso, BJG Roots Music (il nome è già un programma) approfitto per raccontare a un pubblico che mostra sempre di gradire moltissimo, le vere e proprie chicche che lui mi ha fatto scoprire.
Per esempio: sapete chi ha inciso nel 1917 il primo disco della storia del jazz? Nientemeno che il figlio di un emigrato italiano in Louisiana, un ciabattino di Salaparuta che aveva suonato la cornetta nella fanfara dei Bersaglieri del generale Lamarmora. Si chiamava Nick La Rocca. Nick è la dimostrazione che mentre i neri portarono nel jazz la loro tradizione ritmica, gli italiani vi infusero il retaggio bandistico tipico dell’Italia meridionale, che veniva tramandato di padre in figlio. Il brano inciso si chiamava Livery Stable Blues.
Nick aveva fondato la Original Dixieland Jass Band, che includeva nell’organico altri due oriundi, il batterista Tony Sbarbaro e il pianista Frank Signorelli. Avete letto bene, “Jass” non è un refuso.
Secondo un’accreditata scuola di pensiero, la parola jazz deriverebbe da un verbo in uso nella Louisiana francese del tempo, “jaser”, che significava fare fracasso, casino, ma anche orge sessuali. Jass diventò Jazz a causa di alcuni burloni che a New York si divertivano a strappare la lettera “J “dai manifesti, così che si leggesse solo “ass” (che significa “sedere”): fu quindi la casa discografica Victor a pretendere che si cambiasse la parola, per “evitare di essere coperti di ridicolo”.
Lino Patruno ospita assai spesso nel suo Jazz Show musicisti che suonano nello stile del jazz delle origini: Al Festival Internazionale del Jazz di Rimini del 2009 fece venire proprio il figlio di Nick, il trombettista Jimmy La Rocca, e lo si può ascoltare nella riproposizione moderna della prima incisione della storia del jazz.
Ma se Nick La Rocca è stato il primo musicista jazz a cimentarsi con la sala d’incisione, uno dei pionieri del jazz in embrione è stato il batterista George Vitale meglio noto come Jack “Papa” Laine nato nel 1873. Laine diresse per molti anni la “Reliance Brass Band” a cavallo tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 e di questa band facevano parte altri italo-americani fra i quali Vincent Barocco, Pete Pellegrini e il suonatore di basso tuba Giuseppe “Joe” Alessandra nato a Palermo nel 1865 ed emigrato a New Orleans a 30 anni. In un rarissimo reperto fotografico che ritrae la band nel 1906 vediamo Alessandra in posa indossando la divisa del Regio Esercito del Re Umberto I.
Ma la lista degli italo-americani che hanno creato il jazz non si ferma qui. Anche il primo grande clarinettista della storia fu un oriundo italiano, Leon Roppolo, che fondò la New Orlèans Rythm Kings, di cui merita di ascoltare il bellissimo tema Tin Roof Blues.
E la lista continua: Joe Venuti fu il primo violinista, Eddie Lang (Salvatore Massaro) fu il primo chitarrista: insieme formarono una coppia inseparabile. Di Eddie Lang possiamo vedere un gustoso cammeo in un film “A regular troupe” del 1932, mentre suona una splendida Gibson L5.
Quello che segue è un breve, ma preziosissimo frammento video in cui Eddie e Joe si vedono e si ascoltano insieme.
Altrettanto godibile è la breve performance di Joe Venuti che nel 1975 suona proprio insieme a Lino Patruno un assai swingante Limehouse blues.
Ancora altri oriundi tra i primi jazzisti: Arnold Loyacono fu il primo contrabbassista, Tony Sbarbaro il primo batterista, Adrian Rollini fu uno dei primi sassofonisti, Santo Pecora svettò fra i primi trombonisti, Jimmy Durante (che diventerà celebre nel cinema) il primo pianista, e via dicendo fino ad arrivare a grandi cantanti come Frank Sinatra, Dean Martin (Dino Crocetti), Tony Bennett (Antonio Benedetto). Di Santo Pecora possiamo ascoltare una rara incisione, Magnolia Blues.
Jimmy Durante e Frank Sinatra li possiamo vedere durante una assai gustosa gag canora nello spezzone di un film in cui cantano The Song’s Gotta Come Frome The Heart.
Pensate sia finita qui? No, perché occorre passare ai grandi compositori: Henry Mancini, Harry Warren (Salvatore Guaragna), Peter De Rose; ai grandi direttori d’orchestra: Nat Natoli, Guy Lombardo, Don Costa; ai grandi solisti del dopoguerra: Joe Pass (Passalacqua), Carl Fontana, Pete e Conte Candoli, Jimmy Giuffre, Tony Scott (Sciacca), Bucky Pizzarelli, Hank D’Amico, Chuck Mangione, Joe Lovano, Chick Corea, Scott La Faro, Johnny Guarnieri, Frank Rosolino, George Masso, Sonny Russo, Joe Morello, Buddy De Franco, Louie Bellson (Balassone), Charlie Mariano…solo per citare i più famosi.
In definitiva, possiamo dire senza ombra di smentite, che il jazz è una musica italo-afro-americana. A seconda delle vostre preferenze, potete divertirvi come abbiamo fatto noi, a cercare reperti d’annata su Youtube. Ma ne vogliamo condividere ancora qualcuno.
Un bel blues di Joe Pass, certamente uno dei più grandi chitarristi contemporanei.
Di Scott La Faro, eccellente bassista, esistono pochissimi documenti, in quanto morì giovanissimo. Ecco un assai raro video in cui compare insieme al quintetto di Richie Sambuka.
Louie Bellson (Luigi Balassone) lo vediamo impegnato in una delle classicissime “battaglie” che impazzavano in certi concerti e programmi televisivi dell’epoca, insieme a Lionel Hampton (che oltre al vibrafono suonava benissimo la batteria) e a Don Lamond.
Un altro grande chitarrista, Bucky Pizzarelli, lo vediamo insieme a Lino Patruno, durante il S.Marino Jazz Festival del 96, e poi insieme al figlio, Johnny Pizzarelli, oriundo italiano di terza generazione, diventato ancora più famoso del padre.
Di Chuck Mangione, uno dei precursori della fusion music, uno spezzone d’epoca del suo famosissimo Feel So Good.
Infine, Chick Corea lo vediamo alle prese con Hiromi Uehara, degna erede nipponica di Keith Jarret, in una cavalcata blues da togliere il fiato: buona musica a tutti.