A Mozart si gira attorno come a una colonna istoriata, in cerca di una qualche fessura che ne scalfisca l’impenetrabilità. Ma l’enigma rimane insoluto, muto, impassibile. Si tornava a casa con i soliti dubbi e curiosità moltiplicate, dalla libreria dell’Università Cattolica di Brescia, dopo la presentazione del bel volume «Il personaggio di Mozart nella letteratura d’invenzione», a cura di Simona Cappellari e Cristina Cappelletti, QuiEdit edizioni Verona, € 20. A parlarne, Raffaella Bertazzoli (docente all’Università di Verona), Fabio Danelon (Università di Perugia), e le curatrici. Il libro raccoglie gli atti di un convegno del 2006 (i tipici tempi italiani di stampa), organizzato in occasione del 250° anniversario della nascita di Mozart. I numerosi saggi ne analizzano la figura dal punto di vista del personaggio letterario, in ricche mescolanze di fantasia e documentazione, storia e immaginazione, con vasta panoramica della letteratura italiana e straniera che variamente ne sfrutta il mito, da Stendhal, Fürnberg, Laura Mancinelli, Ingeborg Bachmann, Slavo Luther, fino alla filmografia novecentesca (Avati, Forman, i fratelli Taviani), oltre a molti romanzi contemporanei.
Interessante e inedito un volumetto datato 1837, di Paolina Leopardi, dedicato alla vita di Mozart e al rapporto con la sorella Nannerl, da leggersi quasi in chiave autobiografica: due esistenze femminili parallele vissute all’ombra degli ingombranti e famosi fratelli. Intrigante anche il racconto (totalmente falso?) dell’incontro fra il giovane Amadé e l’anziano Casanova, avvenuto nell’ottobre del 1787, che avvalorerebbe l’ipotesi di un «quattro/sei mani» nella stesura del libretto del «Don Giovanni». E.T. A. Hoffmann ascolta la musica di Mozart e ne rimane folgorato; il libertino abate Da Ponte rilegge a modo suo il «genio divino» dell’amico; Sacha Guitry e Reynaldo Hahn ne elogiano la levità; Eduar Möricke lo coglie sulla strada verso Praga. In tempi a noi ancora più vicini, il Miracoloso Fanciullo, redivivo, compare in un salone di barbiere, taglia capelli, dialoga, osserva; oppure, si materializza in un bar, ironico e giocoso commentatore della vita; o, ancora, è protagonista di «Mystery stories» ambientate tra avvelenamenti, invidie, tentati omicidi, sull’archetipo della tragedia di Puškin (ispiratrice della pièce teatrale del 1978, «Amadeus», di Peter Schaffer, da cui trasse la trama per l’omonimo film Milos Forman).
C’è chi allegramente redige una «Vita di Wolfgango Amadeo scritta da lui medesimo» (Piero Rattalino); taluni si concentrano sulle figure di contorno (la moglie, le sorelle Weber, il padre, la sorella, Da Ponte, Salieri). Un simil-Leopardi echeggia il «Dialogo fra Leopold, Wolfgang e un venditore di formaggi», in cui la musica mozartiana è paragonata al «corconzola, pestilenziale e celeste». Certa pubblicistica predilige analisi mediche, diagnosticandogli la Sindrome di Tourette (un disordine neurologico accompagnato da tic motori, ossessioni varie e un’intelligenza fuori dalla norma); oppure, osserva la particolare conformazione del suo orecchio e la collega all’udito prodigioso. E, a rotta di collo, Wolfy protagonista di fumetti, massone, rivoluzionario, porcello sputa fuoco, rockettaro, genio della lampada, tranquillante, pubblicitario. A ognuno il suo. Domande, strette di mano, confidenze, cordialità, al termine dell’incontro che finisce solo perché la libreria deve chiudere. Di Mozart si continuerebbe a parlare all’infinito. Senza la sua musica sarebbe più difficile vivere.