Nel 1999 la Dave Matthews Band era già da diversi anni considerata una band di culto, almeno lo era negli Stati Uniti. Il loro primo album è datato 1994 (“Under the Table and Dreaming”), anche se la costituzione della band risale addirittura al 1991. Il Miller’s Bar di Charlottesville (Virginia) è il luogo nel quale Dave Matthews lavorava come barista e dove ha avuto modo di incontrare e costituire il nucleo originario della band. Come spesso mi accade, anche l’iniziazione alla DMB è avvenuta per il tramite di un amico.



Grazie al progetto Erasmus, a quei tempi stavo frequentando un anno accademico presso l’università di Utrecht (NL). Per il secondo semestre vengo raggiunto da un nuovo compagno di corso e di appartamento, tale Jeremy di Charleston, South Carolina. Una delle prime cose da condividere è stata la musica. Tra i pochi selezionati cd targati USA ad avere superato la traversata atlantica solo tre nomi: i Pearl Jam (già si andava d’accordo), i Phish e Dave Matthews Band.



Diciamocelo, il nome di fabbrica fa un po’ anche da biglietto da visita. Il nome Dave Matthews Band aveva un non so che di provinciale. Complessi del calibro di Pink Floyd oppure dei Deep Purple, meritano un ascolto anche solo per l’originalità dell’appellativo. Dove sarebbero arrivate la Jim Morrison Band o la Mark Knopfler Band? Avrebbero avuto lo stesso successo commerciale di The Doors o dei Dire Staits? Oppure band del calibro di Oasis o Rolling Stones, ricche di leader carismatici, forse non sarebbero nemmeno mai nate in quanto troppo difficile sarebbe stato accordarsi sul nome da mettere davanti… Tanto vale metterli tutti come il super gruppo Crosby, Stills, Nash & Young.



Il mio scetticismo nei confronti della DMB è durato poco. L’ascolto continuo imposto da “DJ” Jeremy alla consolle di casa aveva seminato il terreno. Two Step, estratto da “Crash”, a tutto volume mi è rimbombato nelle orecchie per parecchi mesi. “Say, my love, I came to you with best intentions…” fino ad amarla e a trovarla irresistibile. Energia ed entusiasmo puro, dalle musiche alle liriche: “Perché la vita è breve ma è sicuramente dolce. Stiamo salendo i gradini a due a due per essere sicuri che questi giorni continuino”. E così via via gli ascolti sono proseguiti passando in rassegna l’intera produzione targata DMB.

Archiviato l’ottimo “Big Whiskey and the GrooGrux King” del 2009, “Away from the world” è l’ottavo album in studio. Quasi impossibile tenere invece il conto delle uscite live. Away from the world è un album positivo e grintoso con sonorità che spaziano tra il gioioso e il malinconico. È il tema dell’amore, visto da diverse angolature, a fare da protagonista e da filo conduttore dell’intero album. L’amore per la vita, per il mondo, per i figli, per la propria donna, per l’impegno sociale o per il lavoro. Ma è anche un amore bramato, sfuggente, insoluto, interrotto o perduto.

L’album si apre con Broken Things, una love song ovviamente, con il sostegno discreto di più chitarre che si intrecciano e, con il contributo del violino e del sassofono, è il ritornello struggente a catturare l’ascoltatore: “Oh my love, my heart is set on you”. Non è tutto semplice e Dave avverte: “tu vuoi essere sicura di ogni passo che fai. Non puoi sempre sapere cosa succederà, non puoi sempre affidarti ad uno scherzo del destino”. L’imprevisto come speranza. Belly Belly Nice è un’allegra funky song che parla di amore e sesso. A detta di Dave: “Le tematiche trattate nel brano sono serie ma è probabilmente la canzone più stupida del disco”.

Il primo singolo estratto dall’album è Mercy. La traccia, con una sonorità delicata, quasi da composizione solista, vuole essere foriera di speranza. Una dichiarazione d’amore verso il mondo in cui la misericordia, che dà il titolo alla canzone, non viene invocata ma è comunque un fattore presente nella realtà. Non mollare, non arrendersi, possiamo farcela, resistere e lottare per ciò che si vuole. Vogliamo essere liberi. Queste sono le parole e i pensieri ricorrenti nel brano. L’amore è la salvezza.

 In America l’album è uscito l’11 settembre e, come negli altri principali mercati discografici, ha scalato le classifiche di vendita. In Italia no. Ad un mese abbondante di distanza ancora non c’è una distribuzione ufficiale. Solo chi tratta i cd d’importazione ne ha disponibilità.  “Away from the world” non merita uno spazio tra gli scaffali? Tutt’altro, ma non ancora nei negozi del nostro paese.  In un mondo globalizzato sembra un assurdo che va comunque a favore dell’acquisto online o della pirateria. E non se ne capisce la ragione.

 Tornando all’ascolto, Gaucho è la prima dolce sorpresa dell’album. L’amore per il pianeta che ci è stato affidato e la possibilità, se davvero lo si vuole, di cambiare le cose.  Il timbro di voce di Dave assume da subito un tono serio e deciso: “Col fuoco per tenerci al caldo e cose fatte di rocce e ossa, un tetto sulla tua testa e mura per tenerti al sicuro nel letto. Deve esserci qualcosa di più di questo. Per questo Dio è nato…” ancora: “abbiamo attraversato l’immensità degli oceani e costruito città fino al cielo oh Signore…”. In un crescendo di suoni, la canzone si trasforma in un’invocazione e in un incitamento: “We gotta do much more than believe if we really wanna change things” e quindi in un pacato e ripetuto avvertimento “Please wake up, please wake up, please wake up”. Il Coro dei bambini che accompagna il finale della traccia è particolarmente significativo in quanto saranno le nuove generazioni i veri beneficiari del cambiamento: “Dobbiamo fare molto di più che credere se davvero vogliamo cambiare le cose”.

Sweet è invece una traccia intima e melodica. Eseguita con tenerezza, Dave da prima accompagna se stesso con l’ukulele e poi viene supportato dolcemente dai suoni armonici della Band. La canzone è dedicata al figlio immerso nell’acqua che sta imparando a nuotare: “Try to swim, keep your head up, kick your legs, never give up Boy”. Tieni la testa alta e non mollare mai ragazzo. 

The Riff ricorda i brani Progressive Rock dei King Crimson ma è priva di un crescendo incisivo e manca di un finale esplosivo. Invece in Belly full è il solo Dave, che alla chitarra acustica, confeziona un breve spot di neanche due minuti per la persona amata: “Per te, amore mio. Se solo dipendesse da me, solo per te, amore mio, ti sazierei e farei avverare tutti i sogni tuoi”. Anche da queste semplici e tenere parole si può capire ancora meglio del perché i DMB siano apprezzati e adorati soprattutto dalle donne che rappresentano probabilmente lo zoccolo duro della fanbase. 

If Only è un brano estremamente piacevole in cui pervade una nota nostalgica rimarcata più volte nel testo: “if only I could have you” e riscontrabile da uno stile soft in cui le corde della chitarra vengono pizzicate e in cui la voce si fa via via sempre più sofferente. 

Non convincono invece l’elettrica Rooftop e l’impalpabile Snow Outside. Comunque ben si distinguono gli inserti dei vari strumenti (in particolare il violino di Boyd Tinsley) che contribuiscono a caratterizzare il sound corale distintivo della band. Per intenderci i DMB non hanno inventato nulla di nuovo, ma hanno saputo combinare i diversi generi rock, folk, jazz, funky e anche blues in un unico combo di suoni.

Lasciata come ultima traccia, Drunken Soldier, è probabilmente l’apice dell’album. È una canzone epica, introdotta da uno strumentale di quasi tre minuti, da prima caotico, poi gentile e quindi potente. È il preludio per l’ingresso della voce calda e sicura di Dave: “Tieni la testa alta e cerca di ascoltare il tuo cuore… e un giorno ce ne andremo perciò fai brillare la tua luce fintanto che ne hai”. Il tono e le parole sono quelle di un buon padre che ha già maturato una sua esperienza e che sprona e consiglia il figlio: “Espandi la tua mente, gonfia il tuo cuore e provaci. Non perdere tempo cercando di essere qualcosa che non sei”. Il timbro di Dave si fa più deciso e quasi urlato: “Guardare dalla tua finestra è un modo per vedere il mondo. Fai un salto fuori e guarda dentro. Guarda e ascolta”. L’atmosfera si fa poi rarefatta e sfocia in sonorità già esplorate dai Pink Floyd in cui emerge il suono del sax che guida la sezione ritmica.

 Nel complesso il sound del nuovo disco ha il sapore di un ritorno al passato complice anche la ritrovata collaborazione con il produttore originario Steve Lillywhite a cui la DMB aveva affidato il confezionamento dei primi tre album. Le liriche riflettono invece in pieno la maturazione di Dave Matthews, tanto che lui stesso a 45 anni, dichiara “I’m too old to wanna be younger now”(verso incluso anche nella canzone Sweet). 

 Non resta che sperare di ascoltare e di assistere presto alle trasformazioni e alle dilatazioni delle nuove registrazioni nelle esecuzioni live, il vero valore aggiunto fornito da una Jam band quale è la Dave Matthews Band. Negli anni ’90 si sono esibiti diverse volte in Italia, ma è a Lucca nel 2009, al Summer Festival, che si è instaurato un legame unico con il pubblico italiano. La stessa DMB rimase positivamente colpita e commossa dal trasporto e dall’entusiasmo del pubblico, tanto da suonare per 3 ore e 30 minuti e poi pubblicare l’intera registrazione della serata in tre cd set(Europe 2009), rappresentazione esaustiva del tour nel vecchio continente.

Ho avuto il piacere di vedere i DMB per la prima volta solo l’anno successivo, sia Milano che a Roma. E lì ho capito chi aveva ragione. Jeremy (from SC) spoke.