Un ritorno atteso da un po’ quello della band americana guidata dalla coppia Burns/Convertino. L’ultima volta era stato al compianto Rolling Stone, stracolmo e bollente. Là il gruppo di Tucson regalò una  performance di altissimo livello, grazie anche ai brani di  “Carried to dust” l’album ‘perfetto’ che li aveva riportati all’attenzione del pubblico. Questa volta tocca ad un Alcatraz, questa sera  diviso in due (e quindi sold-out), ospitare l’Arizona a Milano. Il gruppo è preceduto da(i) Blind Pilot, ottimo gruppo indie-folk proveniente da quella fucina (inesauribile?) che è Portland. Peccato per  la scarsa qualità dell’audio, evidentemente tarato sul gruppo principale, l’esibizione non è tutta a fuoco, infatti spesso  il banjo di Kati Claborn rimane muto e la voce non è mai chiara. Poi la consueta disattenzione del pubblico fà il resto.  Da rivedere in una sede più attenta.



Quando entrano i Calexico, intorno alle 21.30, il boato del pubblico li accoglie come una liberazione. Loro ripagano tutti iniziando con “Epic” dall’ultimo “Algiers”, album pieno di buoni spunti ma senza quei guizzi che lo renderebbero speciale ed esaltando subito il nuovo corso: meno mex e più universale, sicuramente l’uso più massiccio delle tastiere ha dato una svolta decisiva alle sonorità. La sensazione di essere nel deserto e le sonorità acustiche colorate dalle trombe mariachi e dalle sfumature jazz, continuano a rimanere i cardini del gruppo. Nella successiva “Across the wire” i ricordi si riportano ai primi album e sembra proprio di attraversare la polverosa frontiera, inseguiti da un mare di suoni. Il pubblico non si risparmia (per quanto possibile) ballando, battendo le mani a tempo e urlando come fossimo davvero là , su quella strada o in quello sporco bar e non in una grigia metropoli infreddolita.



Il gruppo, che di queste cose sembra nutrirsi, non si risparmia spaziando tra nuovi e vecchi brani. I pezzi di “Algeirs” prendono una forma nuova e funzionano come se fossero da sempre nel repertorio, su tutte “Fortune Teller” , ballatona di rara emozione. Convertino alla batteria e’ osannato dal pubblico, che gli riserva cori da stadio che il timido gringo sembra schernire, quasi emozionato, imbacuccato nella sua camicia a scacchi rossi e neri (di flanella??) allacciata fino al collo e dietro ai suoi occhialoni da vecchio nerd. Burns, dal canto suo, magnetizza il pubblico con la sua voce(l’acustica pessima di mezzo Alcatraz faceva perdere i toni bassi) e con il suo carisma animando la folla ad ogni brano creando una sorta di festa collettiva.



Ovviamente i pezzi con ambientazioni tex mex sono i più contagiosi: Inspiracion è sensuale e profonda, cantata dal solito ottimo Jacob Valenzuela , invece la corale Guero Canelo, che omaggia Manu Chao di Desaparecido nelle battute finali, rimane nelle orecchie fino a casa. L’immancabile “Crystal frontiers” classico consolidato , sembra non voler finire mai.La band viaggia con naturalezza tra i cambi di strumenti quasi ad ogni brano solo il biondo(tedesco) Martin Wenk ha suonato: Tomba,xilofono, tastiere e curato gli effetti senza apparente fatica. Gli altri non sono da meno e passano dalle maracas alla slide guitar fino alla tromba facendo sembrare tutto normalissimo. Immancabile la dedica all'”Amigo” Vinicio Capossela ospite  3 anni fa , in maschera da sub e pinne , nella ‘sua’ “Polpo d’amor”. Gli encore sono affidati ad una inaspettata versione di For Your Love degli Yardbirds con i Blind Pilot sul palco e a  “The Vanishing Mind” che chiude definitivamente il set durato poco più di due ore.  Mentre si accendono le luci e Tucson scompare e ritorna Milano con il fresco di un giorno Novembre diventato torrido per due ore. Dietro le quinte Convertino confessa che questa finora è stata la data migliore del tour, come non credergli?

(Raffaele Concollato)