Lo scorso novembre è stato pubblicato ufficialmente nel circuito iTunes il nuovo singolo di un talento di raro portamento e grazia che risponde al nome della vocalist milanese Paola Memeo in arte Amelie. Per chi non avesse ancora avuto modo di leggerne su queste pagine (recensione del suo primo EP), si tratta di una delle rivelazioni più belle e sorprendenti degli ultimi tre anni a livello nazionale indipendente.
Dietro alla nostra artista si stanzia – come lei ama sottolineare – un solido progetto che ruota intorno a un affiatatissimo gruppo di lavoro guidato dall’ottimo Giovanni Rosina (tastiere, arrangiamenti produzione). Vi si può sorprendere il pop segnato dal crisma della produzione e della scrittura d’alto profilo, la frequentazione della grande tradizione melodica italico-continentale, aperture internazionali e persino sottili rimandi ad istanze d’autore che fanno il resto. Tutto questo viene ribadito, definito e rifinito nel nuovo singolo “Col naso all’insù” che riunisce in quattro minuti primi una felice sinergia tra agile melodia dal lieve incanto fiabesco e il puro e raggiante flusso vocale della bandleader. Una perla di semplice e schietta bellezza sostenuta da un nitido dettato pianistico e da liriche aggraziate (opera di altro talento in fiore come Rebi Rivale) che sottolineano la continua ricerca di innocenza di sguardo sulle cose nel loro impeto originario, feconde di terra e cielo.
Il battesimo del singolo è avvenuto all’interno di un concerto tenuto in grande stile dalla cantante con tanto di gruppo il 18 novembre alla Blues House di Milano, una sorta di evento per appassionati denominato con affetto e ironia “raduno amelitico”. L’idea dello show richiama in un certo senso quei particolari momenti pensati e assemblati da certi artisti o band famose nel corso dell’anno solare sotto forma di weekend dedicato. Nel caso di Amelie l’intenzione è in un certo senso quella di convogliare passato, presente e futuro di una efficace intuizione d’ensemble in grado di creare un collegamento tra rive opposte dove convivono felicemente ammiccamenti pop-soul di provenienza eighties e agganci al patrimonio autoriale italiano.
I brani del bel disco d’esordio si mescolano all’anteprima di arie dal sequel in fase di lavorazione intervallati dalla ripresa di classic songs di varia epoca ed estrazione. Scorrono la limpidezza seducente di Passo e chiudo, il passo struggente di Divario e la sinuosità vellutata di Le belle parole fino a quel fascinoso elisir di europop, gothic rock e melodia di Just for You dedicata dalla nostra al suo compianto e talentuoso autore Alessio Garufi e con il figlio Luca in veste di ospite al pianoforte.
Momenti di rilievo non meno di alcune cover tra le quali spiccano The Power of Love, le usuali sortite nel suo amatissimo Jackson di Man on the Mirror e Billie Jean o nella Noa di I Don’t Know, frangenti che creano un bello sfondo sonoro alla selezione mirata del nuovo a venire che, oltre al recensito singolo, include l’interessante Dicembre e le intense sfumature de Il profumo di un’era per chiudersi con il trascinante epilogo dell’anthemica Un’altra vita, grande istantanea rock d’autore di scuola ruggeriana licenziata dalla creatività feconda di Hamid Grandi.
In quest’ultimo brano un bel solo rovente ad opera dell’eccellente chitarrista Marco Trifone fa da palestra e biglietto da visita ad una band che oltre al citato Rosina annovera Jorge Machado al basso e Dario Barbuto alla batteria. Una brigata sonora brillante ed eclettica, ora pulita ed essenziale ora nervosa ed energica secondo le priorità del momento.
E su tutti il suo sguardo, la sua voce, il suo spadroneggiare su volti e cuori e il suo lasciarsi esplorare da chi del cuore fa la propria istanza primaria in una intesa che tenta di trapassare la soglia della complicità di un attimo.