È morta nell’albergo delle stelle di Hollywood, il Beverly Hilton. Proprio alla vigilia dei Grammy Awards, gli Oscar della musica che nel 1986 la consacrarono regina del pop a soli 23 anni. È stata trovata senza vita, forse annegata per un mix di medicinali e alcol. La sera prima qualcuno dice di averla vista festeggiare con qualche bicchiere di troppo, mentre il tabloid Sun venerdì l’aveva sorpresa barcollante e sanguinante insieme alla figlia in una disco di Los Angeles. “Il più grande demone è in me. Posso essere il mio miglior amico o il mio nemico peggiore” aveva, infatti, confessato in un’intervista qualche anno fa la cantante Whitney Houston.
E se sulle vere cause della sua morte si dovrà aspettare la fine dell’inchiesta – subito aperta per evitare la fuga di notizie del caso Michael Jackson -, di certo se ne va un’altra stella della musica, annegata già da anni nel tunnel del matrimonio fallito con il rapper Bobby Brown, artista di scarso talento, drogato e violento. Fatti due conti potrebbe anche lei rientrare, come Amy Winehouse (scomparsa il 23 luglio scorso e anche lei vittima di un matrimonio sbagliato) nel terribile club dei 27, l’età appunto che la splendida cantante nera, all’apice della sua carriera, aveva quando incontrò il futuro marito, sposato qualche anno più tardi. Ma la vita non è una cabala, neppure quella delle stelle. E lei lo era.
Voce divina e tecnica eccellente, capace di cantare magnificamente qualsiasi brano musicale, dal pop al soul, dai gospel alla disco music, era stata svezzata a latte e pentagramma. Sua madre era la mitica black singer Cissy Houston, sua cugina Dionne Warwick, Aretha Franklin, la sua madrina. Dopo i primi acuti nel coro della cittadina di Newark nel New Jersey dove era nata, Whitney viene scoperta da Clive Davis, numero uno della discografia americana. Il suo esordio nel 1985 è di quelli col botto con “How I Will Know, Greatest Love of All”. I suoi fan ricordano il party faraonico per il lancio del suo terzo album “I Wanna Dance with Somebody” in un castello di Monaco di Baviera. Lei bellissima come una regina d’Africa, seconda solo dopo Michael Jackson per numero di dischi venduti, sfonda anche nel cinema in “The Bodyguard”, il film con Kevin Costner, dove interpreta se stessa, una cantante all’apice del successo, con tutta la sua solitudine e il desiderio di essere amata. L’hit della colonna sonora “I Wll Always Love You” fa il giro del mondo.
Ma nella vita privata la stella non brilla. Archiviati i flirt con il campione di football Randall Cunningham e con l’attore Eddie Murphy, infila l’anello sbagliato. Era il 1992, la sua famiglia prova a schierarsi contro, ma lei decide per il sì. Un matrimonio pieno di litigi e violenze che, nonostante la nascita della figlia Bobby Kristina Brown – anche lei recentemente scoperta a drogarsi -, naufraga nel 2006.
Il declino è inesorabile, fino all’epilogo a soli 48 anni in una lussuosa e anonima suite d’albergo, come molte altre star del cinema e della musica. A trovare il suo corpo è stato il cantante Ray Jay, al quale negli ultimi tempi era legata. La morte della Houston che ieri avrebbe dovuto cantare a Los Angeles in omaggio al suo mentore, Clive Davis, ha trasformato l’Oscar della musica americana in una cerimonia funebre in diretta tv.
Intanto moltissime sono le testimonianze di stima e d’affetto che arrivano per la stella nera del pop. Barbra Streisand si rammarica che “bellezza e talento non le abbiano regalato felicità”, Mariah Carey “ha il cuore spezzato”, Christina Aguilera dice “abbiamo perso un’altra leggenda”, mentre Laura Pausini su Facebook scrive “per celebrare la unica e la sola Whitney Houston ascoltate la sua voce, il suo tutto. E’ lei la star delle star”.