Le acque sono ferme, il polverone si è calmato, la sabbia si è ridepositata sul fondo. Adesso è possibile cercare qualche pepita nel letto del fiume di Sanremo; provare a vedere – sempre con il beneficio del gusto personale – che cosa c’è stato di valido, poetico, consistente, magari durevole. Vorrei cominciare con dei NO, per poi passare a dei FORSE e infine a qualche SI. Tentando di valutare in ordine sparso i personaggi, le scelte, la musica, i testi.
Un no a Chiara Civello, grande interprete con la canzone sbagliata , a Nina Zilli, troppo rètro e modellata su una imitazione pedissequa (look, genere, scrittura della canzone e maniera di cantare) e ai Matia Bazar, troppo copia della copia di se stessi. Un no tendente al forse per Renga: una canzone anch’essa uguale a se stessa, se non altro nobilitata da una grande voce. Non mi ha convinto neanche il rock-lento-un-po’-sbronzo-e-ormai-di-maniera dei Marlene Kuntz.



Passiamo ai FORSE. Bersani vincitore del premio della critica ha presentato un brano furbo, ha fatto una utile passerella in prospettiva lancio del doppio cd e del tour, ma forse ha vinto il premio più per chiara fama e per un arrangiamento fra circo e beatles, molto riuscito e accattivante, che per l’effettivo valore della canzone, che non riusciva a staccarsi da terra nel ritornello. Un forse a D’Alessio-Bertè per il coraggio, e anche per un pezzo dal ritornello pieno di citazioni implicite, ma che ti si attacca addosso subito – ammesso che sia un pregio. Irene Fornaciari ha dimostrato doti di rilievo come interprete, forse non troppo a suo agio nella scrittura di Van De Sfroos, a cui va un più per la poesia che esprime, anche in italiano e non solo in dialetto.



E passiamo infine ai SI. Un sì ad Emma perchè ha vinto. Una canzone piena di retorica ma anche perentoria, assertiva e perfettamente adeguata al momento storico. Una buona dose di demagogia unita a una voce consistente e a un pezzo che spinge hanno fatto il risultato. Un SI con leggera riserva a Noemi: la voce è bella e sofferta, nella canzone proposta al Festival a mio avviso stava un pochino stretta. SI anche a Dolcenera: artista completa, cantante, musicista e autrice, sforna un brano anch’esso al passo con i tempi. Bello il concetto – semplice – che sarebbe bello potersi dire “ci vediamo a casa” con le parole del titolo che vanno ad appoggiarsi in fondo al ritornello in una trovata effettivamente riuscita. SI ad Arisa, bella conferma di una voce che avevamo già valutato positivamente, qui a suo perfetto agio in una canzone tagliata e cucita addosso a lei, che ne sottolinea ed esalta le capacità ed il carattere.



Finardi sarebbe stato fra i FORSE, ma oltre al fatto che la canzone aveva una bella apertura nel refrain e che la sua voce – che ami o odi – è un monumento nazionale, mi sono rimasti addosso un paio di versi: io mi rendo conto di avere perso la metà del tempo/ e quello che mi resta è di trovare un senso è il primo, ma soprattutto devo combattere con le mie lacrime, mica con una poesia. Squarci consistenti provenienti dalle belle liriche di Roberta Di Lorenzo, autrice della canzone.
Infine ultimo SI per Carone-Dalla, un valzer lento ipermodulante; un tema scottante, ma trattato in maniera delicata, senza lesinare sulla durezza delle parole, e al tempo stesso un paio di frasi che rimangono, perfetta congiunzione di parole, melodia e armonia, che è il segreto grazie al quale le canzoni funzionano: Dimmi perchè tu ami sempre gli altri e io amo solo te/ Dimmi perchè mi hai chiesto di andar via quando ti ho detto “Vieni via con me”.  E si gira pagina.