La manifestazione-concorso a cura di Amnesty International, “Voci per la libertà”, è giunta alla sua quindicesima edizione. Nata nel 1998, è ormai diventata una realtà di livello nazionale con la partecipazione dei maggiori artisti italiani. Ecco ad esempio qualcuno dei dieci candidati al premio Amnesty Italia 2012 di questa edizione: Cesare Basile, Caparezza, Teresa De Sio, Fiorella Mannoia e Jovanotti. Naturalmente c’è anche uno spazio speciale dedicato agli artisti emergenti (Premio Web Voci per la libertà, Una canzone per Amnesty), un’importante vetrina per conoscere le nuove realtà della musica italiana. Le iscrizioni alla sezione emergenti si chiudono il prossimo 7 aprile. Il Premio Web è un concorso nel concorso: chi si è iscritto  entro il 3 marzo ha una possibilità in più, ma comunque partecipa al Premio Amnesty Emergenti attraverso il quale sono scelti i 9 artisti per il palco di luglio a Rosolina Mare. Scopo della manifestazione è promuovere quelle canzoni italiane che nel corso dell’anno si sono distinte per aver saputo interpretare i principi della carta della Dichiarazione universale dei diritti umani. I nove finalisti prescelti si esibiranno nelle serate conclusive che quest’anno si tengono dal 19 al 22 luglio a Rosolina Mare in provincia di Rovigo. Le iscrizioni al concorso per gli artisti emergenti si chiudono il 3 marzo. Una giuria specializzata composta da importanti protagonisti della scena musicale italiana determinerà il vincitore finale. IlSussidiario.net ne ha parlato con il direttore artistico Michele Lionello per farci raccontare questa significativa manifestazione.



Com’è nata questa manifestazione? Raccontaci i suoi inizi.

Nel lontano 1998 il festival nacque davvero quasi per gioco. Dall’idea di qualche amico e alcune istituzioni locali che volevano promuovere l’aggregazione giovanile, la musica e i diritti umani a Villadose, un piccolo paese della provincia di Rovigo. Da subito però il festival si è caratterizzato per la proposta musicale di qualità, per il riscontro di pubblico e l’ottima risposta dei media. Questo ha portato la manifestazione, nel giro di qualche anno, a diventare un importante appuntamento a livello nazionale con artisti che arrivano da tutto lo stivale e con il coinvolgimento diretto della Sezione Italiana di Amnesty International.



Cos’è cambiato nel corso degli anni, anche come riscontro di pubblico e mediatico?

Un anno fondamentale per il cambio di marcia è stato il 2003, anno in cui è stato istituito il Premio Amnesty Italia (per i big della musica italiana) e anno in cui il MEI di Faenza ci ha premiati come festival dell’anno. Da quel momento in poi è stato un continuo aumento di visibilità mediatica e di coinvolgimento di artisti importanti.
In termini di pubblico la presenza non sempre è stata proporzionata all’impegno di risorse umane ed economiche e in alcune occasioni polemiche politiche e strumentali non hanno certo aiutato. Dopo quattordici edizioni il festival cambia location e per luglio 2012 si trasferirà nella nota cornice turistica di Rosolina Mare. Lo slogan della nuova edizione sarà: dalla terrà più giovane d’Italia si alza il canto dei diritti umani.



È difficile individuare nel panorama della musica italiana contemporanea canzoni che rispondano ai requisiti della vostra manifestazione?

Non è facilissimo anche perché negli ultimi anni, soprattutto, le case discografiche e i grandi media non danno molto spazio alle canzoni “scomode”: lo star system preferisce altro. Però ci sono ancora tanti artisti che hanno qualcosa da dire, l’importante è cercarli e dargli voce.

Quali canzoni secondo te hanno raccontato meglio la vostra manifestazione?

Un po’ tutte le canzoni premiate nel corso di questi anni hanno rappresentato a modo loro uno o più temi della Dichiarazione universale dei diritti umani però personalmente a livello di “big” segnalerei: “Pane e coraggio” di Ivano Fossati per il poetico e toccante testo sull’immigrazione clandestina, Paola Turci con “Rwanda” per il testo insieme suggestivo e di denuncia, che ricorda all’opinione pubblica il genocidio dei 100 giorni in Rwanda, le canzoni “Canenero” e “Mio zio” rispettivamente di Subsonica e Carmen Consoli sugli abusi sessuali sui minori e per finire “Genova brucia” di Simone Cristicchi sui soprusi della polizia in occasione del G8 di Genova 2001.

E tra gli emergenti?

Citerei la prima e l’ultima canzone vincitrice: nel 1998 i Versibanditi con “due minuti per un po’ di sole” brano dedicato a Dino Frisullo e alla realtà del carcere e nel 2011 Areamag con “Tana libera tutte” legata alla prostituzione minorile.

Cosa vuol dire per voi oggi organizzare questa manifestazione?

Significa dar voce attraverso azioni concrete a tutte le persone che ogni giorno subiscono delle violazioni di diritti umani. Sentirsi uguali a tutte le persone del mondo come recita il primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti umani: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. E Voci per la Libertà significa divulgare, in maniera particolare tra le giovani generazioni, i valori di rispetto e tolleranza tra gli uomini. Attraverso la musica, ritenuta uno dei principali mezzi di comunicazione tra i giovani e tutte le forme d’arte che possono aiutare in questo senso.

Ci puoi raccontare uno o più episodi particolare nel corso delle varie edizioni che vale la pena di ricordare?

Sono davvero tantissimi, faccio fatica a selezionarne uno… Andiamo con uno degli ultimi. Domenica 25 luglio 2010, giornata finale del Festival. Tutto incomincia al meglio con un momento di forti emozioni quando si è sentito a più voci sostenere i diritti umani durante la conferenza stampa per la consegna del Premio Amnesty Italia a Carmen Consoli per il brano “Mio Zio” che tocca il tema della violenza sulle bambine in famiglia. La Consoli è  visibilmente emozionata e usa parole toccanti: «Ringrazio queste persone che hanno regalato delle parole bellissime, io non ho nulla da aggiungere se non la mia assoluta collaborazione spirituale a questo tipo di iniziativa. Seguo questa associazione e spero di poter contribuire nel mio piccolo ad essere un piccolo soldatino Amnesty».

Carmen Consoli è un’artista di lunga carriera…

Già, è ha aggiunto una chicca con l’accento catanese: «Quando ho saputo di aver vinto il premio ho chiamato la mia professoressa a Catania e le ho detto: professoressa ho vinto il premio sui diritti umani con “Mio zio”. E la prof: “Ci deve fare veramente i complimenti a suo zio perché si vede che davvero il talento scorre nel sangue”».

Davvero bello come episodio.

Alla sera poi il cielo nero ha incominciato a girare intorno allo stadio di rugby, la manifestazione è continuata sperando che il tempo fosse clemente, così è stato per l’esibizione delle cinque band finaliste, fino al momento dell’esibizione della Consoli che quando imbraccia la sua chitarra acustica per intonare uno dei sui brani più famosi “L’ultimo bacio” le prime gocce di pioggia iniziavano a cadere.

Concerto interrotto?

Ci fu un fuggi fuggi generale con un centinaio di giovani rimasti invece sotto il palco ad ascoltare Carmen Consoli che proponeva il brano vincitore del PAI “Mio Zio”. Poi il direttore di palco si pronuncia: «troppo rischioso continuare», ma le ovazioni dei fan e la disponibilità di Carmen fanno sì che venga proposto un altro brano in siculo “A finestra” e poi un altro ancora accompagnato dal pubblico ripercorrendo gli inizi della sua carriera con “Amore di plastica”. Poi abbiamo davvero dovuto smettere. Peccato perché lei, Carmen Consoli, con il suo calore, la sua semplicità e professionalità avrebbe continuato ancora a suonare e a cantare… per i diritti umani.

(Paolo Vites)