La classica? “Non è musica per vecchi”. Parola di Andrea Battistoni. Veronese, 24 anni, è il più giovane direttore d’orchestra mai salito sul podio del teatro alla Scala. Fino al 17 aprile dirigerà “Le nozze di Figaro” di Mozart nel celebre allestimento di Giorgio Strehler, con le scene e i costumi firmati dalla coppia Frigerio-Squarciapino. Già direttore ospite del Regio di Parma, ha nel carnet i podi del San Carlo, La Fenice, l’Arena e persino un libro, fresco di stampa. Dal titolo “Non è musica per vecchi” (ed. Rizzoli), si legge e si ascolta scaricando QR Code di sinfonie ed opere liriche. L’obiettivo? Avvicinare al pentagramma anche i figli di internet.
Insomma la “classica” non è per pensionati e allievi di conservatorio.
No, se dopo tanti secoli siamo ancora qui a studiarla, suonarla, ascoltarla è il segno che é una musica capace di arricchire, emozionare chiunque. Anche i giovani!
Lei adora Beethoven e Frank Zappa. La musica non ha confini?
Le divisioni ci sono e devono rimanere tali. Sono convinto, però, che i messaggi contenuti in una canzone pop si possano accomunare a quelli di una sinfonia. L’importante è che arrivino all’ascoltatore.
E’ vero che, appena può, suona in una rock band?
Sì, amo molto i AC/DC, i Deep Purple. La mia è una passione che spazia a 360 gradi. E poi la musica è fatta di grandi personalità: oggi ce ne sono molte nel jazz, nel rock.
Il suo libro è dedicato a Tiziano Battistoni.
Mio nonno. Era un attore di teatro dialettale. E’ lui ad avermi trasmesso l’amore per il teatro, quando da bambino andavo a trovarlo nel suo studio ingombro di maschere e testi di scena.
Quali sono i primi passi per avvicinarsi alla musica sinfonica?
Ascoltare laQuinta di Beethoven, il Boléro di Ravel, la Sinfonia Linz di Mozart, la Sinfonia dal Nuovo Mondo di Dvoràk e Quadri di un’esposizione di Musorgskij.
I suoi maestri?
Molti. Anche se conservo un grande ricordo di Gabriele Ferro della Scuola di Fiesole a Firenze. Senza di lui non avrei mai compreso appieno, il ruolo del direttore, lo studio meticoloso necessario per salire sul podio.
Lei scrive che la musica è ciò che è sepolto nella memoria.
E’ una definizione possibile, anche se preferisco spingere ciascun lettore a trovare la propria. La musica ci aiuta a comprendere che non siamo soli, che qualcun altro ha vissuto stesse gioie e dolori, secoli prima.
Come è andata alla Scala, è stato il maestro Barenboim a volerla?
No. E’ stato il direttore della Filarmonica, dopo avermi visto dirigere al Regio di Parma. Finora la mia carriera non è stata segnata dalla fortuna di entrare nelle grazie di grandi nomi.
Cosa ha provato sul podio scaligero a soli 24 anni?
Dal primo giorno di prova ho avvertito il peso della responsabilità, ad essere chiamato lì dopo tanti grandi direttori. Poi ha prevalso il piacere di fare musica con un’ottima orchestra.
Ma non ha messo il frac…
Non lo indosso mai. Non è un vezzo, né una forma di protesta. Mi sembrerebbe di essere un ragazzino che l’ha rubato al papà.
La sua lettura di “Le nozze di Figaro”?
Ho cercato di far rivivere la profondità dei sentimenti che Mozart ha voluto dare a quest’opera malinconica. Ma allo stesso tempo l’energia, come recita il sottotitolo, della “folle giornata”.
Prossimi appuntamenti?
La Boheme al San Carlo di Napoli a maggio, Il Trovatore a Berlino a giugno. E, quest’estate, torno all’Arena di Verona con Turandot di Puccini.
(Irene Vallone)