Strana notte quella battezzata “Notte New Trolls”, sorta di tour tematico che sta calcando le grandi sale teatrali da concerto d’Italia. Strana perché, di prepotenza, in maniera perentoria, porta e porterà in giro le due anime, le due vite artistiche dei New Trolls, le rende e le renderà presenti intersecandole nell’ideale passaggio del testimone tra la salita sul palco di un gruppo e del successivo, in una compenetrazione tale da evocare la simultanea presenza del terzo ensemble, quello assente eppure quello fondatore, l’origine della scintilla che ha fatto nascere quest’avventura particolare di musica e di azzardo artistico.
Il 30 marzo sul palco dello Smeraldo di Milano sono saliti gli UT (progetto nato da una costola dei New Trolls primi anni ’70) e Il Mito New Trolls (progetto che ruota intorno agli acquisti della seconda stagione New Trolls, Ricky Belloni e Giorgio Usai). Due mondi, anzi tre, perché l’eco de la Leggenda New Trolls (il progetto dei primi fondatori del gruppo Vittorio De Scalzi e Nico Di Palo) è lì che risuona con forza, quasi come un richiamo compulsivo del cuore e della mente.
Se tempo addietro il binomio Mogol/Battisti, fatti i conti con le incomprensioni e le distanze tra le due metà del cielo, avesse potuto leggere anzitempo il libro della storia della band chiamata New Trolls decifrandone in maniera agile e rapida l’infinita odissea, avrebbe certo scritto non due ma “Tre Mondi” quasi a fotografare le ben maggiori incomprensioni che segnano le vite, le aspirazioni e i conflitti che si agitano sotto la stessa parte di cielo.
Una bella serata, con momenti di grande musica dove il morso nostalgico è non tanto e non solo quello di un passato visto come malinconia che scolora ma che – come nel caso di molti grandi – morde e provoca nel presente, mescola compiacimento e senso drammatico, rappresentazione da cover band e autentica riappropriazione di un repertorio musicale tuttora vivo e stimolante. Ecco allora gli UT, recente progetto di band che – nato dal titolo del bellissimo omonimo album dei New Trolls targato 1972 – riunisce una prima variante d’ensemble apportata al gruppo originario.
L’album in questione fu il coronamento di un periodo intenso e denso di contrasti che vide l’inserimento in organico di un grande e a tutt’oggi quasi misconosciuto musicista come Maurizio Salvi, divenuto autentico alter ego musicale del tastierista, chitarrista e fondatore e non meno grande Vittorio De Scalzi.
A partire dal ruolo coperto da Salvi di tastierista e direttore d’orchestra nel celeberrimo “Concerto Grosso n. 1” e nel giro di meno di due anni con il rilascio dei successivi “Searching for a land” e “UT”, si creò la prima frattura storica in seno a questo babelico ensemble determinando la prima defezione illustre al suo interno da parte di De Scalzi (rientrato poi nel 1975), la successiva creazione ad opera dello stesso Salvi del nuovo gruppo Ibis e per contro da parte di De Scalzi della prima storica revisione d’insegna con i New Trolls Atomic System.
Il progetto UT porta in scena l’impatto breve ma fulmineo di questa esperienza. Il duo storico formato da Gianni Belleno e Salvi, ben coadiuvati da ottimi musicisti come il bassista/cantante Maurizio Gori, il secondo tastierista Andrea Perrozzi e soprattutto l’eccellente chitarrista Claudio “Clode” Cinquegrana (tra l’altro già ottimo protagonista nel recente album di esordio della cantautrice Chiara Ragnini), rilasciano una performance vibrante e con pochi cali di tensione.
Dall’esecuzione quasi integrale dell’album UT alla ripresa di “Lying here” (da “Searching for a land”), a quella delle improvvisazioni finali tratte dal primo “Concerto Grosso” transitando per il ripescaggio de “L’amico della porta accanto”, reperto dell’esperienza Ibis, va in scena la rivisitazione di un mondo di ardite contaminazioni ante litteram tra i sussulti hard rock del periodo e l’esperienza fertile del rock sinfonico di gran parte di quella decade.
Il tutto con il prezioso tessuto sonoro offerto dalla mano autorevole di Maurizio Salvi tra febbrili trame disegnate a turno da pianoforte, organo Hammond e sintetizzatori.
La spumeggiante esibizione termina dove ha inizio l’altra ed ecco l’intersezione dei primi due mondi.
L’allegro, famosa intro, tratta da “Concerto Grosso n. 1”, risuona imponente e precede di poco l’entrata sul palco de Il Mito New Trolls di Belloni e Usai che, insieme agli UT, eseguono il successivo adagio dal profondo afflato vivaldiano e con un Belloni magistrale protagonista del più classico dei climax chitarristici al cardiopalma.
Dopo quest’apoteosi ha inizio un bel riassunto della storia pop dei New Trolls, non per questo meno interessante, certo molto più discontinua. Con l’ausilio di Alex Polifrone alla batteria e del bassista/chitarrista Andrea Cervetto a offrire fra l’altro la replica delle altissime escursioni vocali targate Di Palo, parte una carrellata di successi veri o mancati, di episodi controversi e memorabili, dove accanto alle melodie storiche dell’era beat, vengono riproposte le caratteristiche immersioni nel pop anni ’80, offrendo una interessante alternanza tra periodo Bee Gees-influenced (la morbidosa “Che idea”), recuperi pop-rock con l’ottima “Faccia di cane” e “La Signora senza anelli”, per arrivare alle note “Aldebaran” e “Signore io sono Irish”.
Se si esclude l’episodio un pochino kitsch all’insegna di un Queen-style fuori tempo massimo di “Dancing”, è qui che emerge come tarlo, quel terzo mondo dei fondatori. Così in un’“America OK” che soffre dell’assenza della vocalità secca e graffiante di De Scalzi, come in una “Miniera” sempre splendida e intimamente struggente dove un ottimo Cervetto rileva con bravura gli alti di Nico Di Palo pur senza restituirne quell’irresistibile e unico vibrato.
Giorgio Usai (fondatore di Nuova Idea e al fianco di Fabrizio De André per più di cento concerti), che venne chiamato a sostituire Di Palo grazie alla sua caratteristica voce e alla sua bravura alle tastiere, e visse la fase di maggiore successo del gruppo, ci regala insieme a Belloni il bis finale di “Quella carezza della sera” del 1979, bell’esempio di pop morbido a cavallo tra riflessione e sentore di disimpegno che andrà a segnare per molti la decade successiva. Bel finale e tanti applausi a dispetto di una querelle scoppiata all’interno del teatro sullo sforamento dei tempi (si arriva quasi a mezzanotte e mezza per oltre tre ore complessive).
Insomma, due band per un bel viaggio da gladiatori indefessi della musica suonata e gustata fino in fondo, uno spettacolo ricco, a tratti controverso, ma vivo e sentito. Consigliato.