Nella Messa per l’Incoronazione di W.A. Mozart c’è una delle pagine musicali più alte e belle mai scritte. Si tratta del famoso “Agnus Dei” che sentiamo intonato dal soprano che con  cristallina semplicità si pone sulle labbra le parole della Vergine che accompagna… il suo bambino alla croce.
Sì, perché nella letteratura cristiana questa invocazione all’Agnello di Dio  che porta su di Sé (tollit) i peccati di tutto il mondo è sentito spesso come espressione della grande Sofferente.
Maria cammina, in mezzo alla folla, spintonata dai soldati, e chiama il suo bambino che va a morire. Egli le è presente come il suo bambino: se pensiamo ai cenni appassionati della lauda drammatica di Jacopone da Todi – è uno degli inizi del teatro medievale e moderno: come rivivere e ridare ai nostri occhi in dramma dell’ umano. Dopo infatti la fine dell’età antica, che aveva visto la tragedia greca del VI-IV secolo; e la commedia antica, di mezzo e nuova.
Dopo l’ esperienza del teatro latino, sembra si debba attendere una compiuta realizzazione anche plastica e musicale della liturgia cattolica per riprendere l’idea di mettere in scena, con valenza quasi sacramentale, le storie dei santi e i momenti più alti della liturgia (Presepe, via crucis, processione del Santo ecc..).
In una lauda medievale come quella di Jacopone da Todi noi sentiamo e risentiamo queste parole appassionate dette dal Nunzio e dalla Vergine durante lo scempio che vien fatto al Figlio, tradotto al patibolo, portante il “patibulum”.
Le parole si fanno particolarmente accorate sulle labbra della Madre. Gli occhi di lei, quasi senza più lacrime, “stravedono”. Egli è il bimbo di un tempo: “Figlio, figlio, amoroso giglio, figlio bianco e bionno…”.
Ripercorriamo in italiano questi versi del dialetto umbro del 1200: “O Figlio, figlio, bello come un giglio fragrante, che si dà nel suo profumo, figlio: bimbo dalle gote e dalle braccia bianchissime e dai capelli d’oro); figlio, bimbo dal volto sempre ripieno di sorriso gioioso. Figlio bianco e rosso (era il criterio della salute per le nostre madri).
Figlio perchè ora ti strappi via dal mio petto al quale fosti allattato? Figlio, tu che sei per me tutto: padre e marito (Maria figlia di Dio, Sposa dello Spirito Santo Dio) Maria gli sussurra (ma qui è un grido) quasi in sogno, come quando lo vegliava nelle lunghe notti d’inverno le parole che ogni madre ha detto e sempre dirà al suo bimbo.
”Figlio volto joconno. Figlio bianco e vermiglio, figlio perché t’ascondi al petto o’ se’ lattato? Figlio pate e marito”. Dante dirà “figlia del tuo figlio…”. Ad avviso di chi scrive, non si può  camminare la via crucis senza risentire la  Lauda “ Donna del Paradiso”. E qui si invita sommessamente il lettore a rileggerla…
La Madonna vede il compiersi della nuova creazione nell’Agnello sgozzato, ma lo sente come bimbo in seno; non può dimenticare il momento dell’“et incarnatus est” (altra sublime pagina della messa 427), il momento del tripudio di Giovanni in seno a Elisabetta, chiamato dal tripudio dell’Emmanuele, l’adorazione dei magi e dei pastori, la spada profetizzata da Simeone che, ora, le scende in seno.
Ricordi lontani, di trent’anni: allora prima, initium… ora: consummatum.
La movenza meravigliosa dell’Agnus Dei si inizia con tre note  fa, sol, fa, mi, fa con un tempo in tre quarti; un incedere assolutamente semplice del soprano annuncia questa invocazione accompagnata da oboi, due corni, da violini primi e secondi e da fagotti e organo: ma tutti gli strumenti sono come frenati, attenti, anzi quasi zittiti dal dramma che si compie davanti a loro, e che noi vediamo con gli occhi della Vergine.



Non ci sono altri occhi per capire se non quelli della madre: tutti noi figli chiederemo che Lei sia presente e guarderemo coi i suoi occhi la nostra ultima ora: nunc et in hora mortis nostrae
Anche Gesù lo chiedeva (l’incontro con la madre, la consegna dolorosissima a Giovanni…). È la preghiera più ripetuta ogni giorno (Quanti miliardi di Ave Maria toccano il cielo ogni giorno della storia di questo mondo?).
Tu, Agnello che sostieni, porti; che sei carico dei peccati del mondo, lasciati colpire nel cuore, ti raggiunga il nostro grido e ti percuota: è il senso del verbo partecipativo misereor: Tu lasciati prendere dalla pietà per noi!
E il canto del solo soprano si eleva chiaro, sostenuto, audace per qualche minuto, poi con un balzo, dalla tonalità di fa maggiore, trattenendo una modulazione al si bemolle, attraverso il do minore e una stridente settima, sfocia, quasi fiume impetuoso di tutte le quattro voci e del coro, in un trionfale e sempre più insistito do maggiore, al grido – quasi un alleluia – di dona, dona nobis; dona nobis pacem.
La pace, la pace che è  significata dall’eucaristia, che è un altro nome dell’eucaristia, viene chiesta a nome di tutta l’umanità: Dona, dona… pacem, pacem!
Ho riscoperto questa pagina in un video meraviglioso realizzato nel lontano 1985.
Fu un’ esecuzione memorabile in San Pietro, il 29 giugno. Herbert von Karajan dirigeva, ma questa volta non davanti  al Papa, ma con il Papa: la messa era celebrata realmente, e si era scelto di eseguire in essa le parti della Messa dell’ incoronazione KV 317 in do maggiore. Al momento della comunione si sentono chiare e forti le parole di Giovanni Paolo II, con pronuncia dura d’oltralpe; quella “g” dura: ”Ecce Agnus Dei ecce, qui tollit peccata mundi”. Quasi il ministero petrino rispondesse al ministero giovanneo–mariano, dolce e femminile, che appunto immediatamente è ripreso dal soprano.
Il Maestro Von Karajan, già molto malato, a questo punto si stacca dal podio della direzione, su cui si reggeva, e a fatica, cammina verso il Pontefice, insieme con la moglie e le figlie: insieme ricevono l’Eucarestia. Il volto del Maestro si illumina di una luce  chiara, piena di una  pace nuova. Era sempre stato cattolico e sentiva la Chiesa come colei che porta nel mondo ogni bellezza; era stato da sempre membro della Wienerhofmusikkapelle, un’associazione fondata da Massimiliano I di Vienna,che conservava  la grande presenza autorevole del magistero  e dei pontefici.
Ma ciò che forse è più toccante in questa esecuzione, soprattutto al momento dell’Agnus Dei, è l’incrocio di sguardi tra il Maestro e la meravigliosa Kathleen Battle: per tutto l’Agnus Dei ella non distoglie gli occhi da quelli del Direttore cercando di dosare la voce come un sospiro, fino alle difficili consonanti pronunciate in latino medievale  (Agnus …miserere nobi-s).
Egli la guarda con infinita dolcezza, come una figlia purissima che gli presenta  quel canto che lei ha da lui appreso. Lei è l’ancella di tutta la musica che Karajan ha eseguito nelle sua lunga vita, nel momento in cui questa si avvia ormai verso il tramonto. Ciò che nasce tra maestro e discepolo è la sequelaumile e raggiante della cantante, è quel misterioso raccontarsi (negli Atti degli apostoli si parlava di lalein, raccontarsi ogni giorno le meraviglie di Dio) le grandi opere  del Dio veramente divino, tanto da regalare all’ uomo il canto, il Suo canto: la musica.
Il Dio veramente divino è Colui che risuscita sempre e di nuovo  queste carezze della sua bellezza; non possiamo più chiederci chi è Dio se non attraverso l’ interrogativo platonico e socratico: “Chi sei Tu che vieni a noi con queste vesti così stupendamente belle da portarci nell’Eros? Chi è il Dio veramente divino?
Il Sole verso cui spicca l’anima rivestita delle piume delle idee che intuiscono il bello del Bello? In questo senso sarebbe interessante confrontare le parole Eros, agape, filia nel loro trasformarsi dai testi platonici ai testi cristiani. In questo ascolto noi, qui con Te ed in Te noi siamo, vogliamo essere presi: stare.Stabat Mater dolorosa…



Per chi volesse cercare il dvd (W.A.Mozart, Coronation Mass, Battle, Schmidt,Winbergh, Furlanetto; Wiener Singverein. St. Peter Basilica, June 29, 1985 – Sony).
Al temine di questa breve nota, chiederei  al lettore di leggere questa invocazione, questo antico responsorio già nei secoli conservato dalla chiesa ambrosiana nella liturgia della Settimana Santa, ispirato a Romano il Melode. Questi versi ben ridicono la Passione della Vergine; ci permettono di riandare con gli occhi all’incoronazione della Vergine del Beato Angelico, conservata in S. Marco in Firenze.
Qui Gesù incorona sua madre che ha compiuto con lui la Passione per cui diventa Madre della Chiesa.



R. Vadis, propitiator, ad immolandum pro omnibus noi
Non tibi occurrit Petrus, qui dicebat: Pro te moriar,
reliquit te Thomas qui clamabat dicens:
Omnes nos cum eo moriamur.
Et nullus de illis, sed tu solus duceris

Qui  immaculatam me  conservasti,
Filius, et Deus meus
V. Venite et videte Deum et hominem
pendentem in cruce,
Et nullus de illis…

Te ne vai, Tu a sacrificarti per noi
Non ti si fa incontro Pietro che protestava: ”morirò per Te”
Ti ha abbandonato Tommaso, che gridava: “Andiamo tutti a morire tutti  con lui”
E nessuno degli amici, ma tu solo sei trascinato via
Figlio e Dio mio che immacolata mi conservasti
Venite e vedete il Dio e L’uomo
Appeso alla croce.
E nessuno…

(trad L. Fornasieri)

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