Cum rex gloriae Christus infernum debellaturus intraret,
choris angelicis tollere praeceperat sanctorum animas,
quae tenebantur in morte captivae, voce lacrimabili clamaverunt:
Advenisti, desiderabilis, quem spectamus in tenebris,
ut adduceres hac nocte vinculatos de claustris.
Te nostra vocabant suspiria. Te larga requirebant lamenta.
Tu factus es spes desperatis, magna consolatio in tormentis.
 



Cum rex gloriae è un’antifona diffusa Oltralpe prima dell’anno 1000. Le parole rivelano una sensibilità affine a quella delle Chiese orientali, fissata in modo mirabile nelle sacre icone. In queste immagini l’evento pasquale è raffigurato, infatti, con la discesa di Cristo risorto agli inferi per liberare i progenitori.
Il breve poema delinea alcuni aspetti fondamentali del Credo e apre squarci di intensa meditazione sul mistero della vita. Riflessione che lascia la sfera del pensare astratto per immergersi nel concreto dell’esistenza battesimale.
Cristo nell’evento pasquale rivela tutta la sua pienezza di rex gloriae, la massima attualizzazione della presenza radiosa di D-i-o che permette all’uomo di accostarsi alla luce senza tramonto, da sempre tanto desiderata e insieme temuta. Il D-i-o imperscrutabile si rende visibile. Entra sfolgorante nelle vicissitudini umane del momento attuale. La sua presenza getta un fascio di luce liberatoria in tutti gli angoli più reconditi dell’avventura creaturale, di oggi e di ieri. Si realizza la parola del salmo 23: l’universo intero si fa tempio per accogliere il desiderato di tutti i tempi e di tutte le genti.
Le porte delle mille prigioni che rinserrano l’uomo sembrano invalicabili. Vivi e defunti sono accomunati da un destino di lacrime nell’attesa della liberazione. Tutti siamo immersi in differenti tenebre. Tutti siamo compressi da mille bavagli culturali ed economici. La giornata si trascina con sospiri, spesso con lamenti che dirompano dal profondo di un’esistenza soffocata. Disperazione e angustie attanagliano sempre più le famiglie. Ingiustizia, violenza, sopraffazione… sono alcune tappe della lunga litania di un vivere che è realmente o anche soltanto è percepito sempre più precario.
Il momento attuale si salda con l’esistenza delle generazioni passate. Lungo l’arco della storia si raccolgono i sospiri e i gemiti, si odono le voci che nella fede ritornano a sperare. Il Cristo si stacca dai crocifissi, esce dagli affreschi e dalle icone, si fa presente. È il TU di un dialogo forse sospeso, interrotto per giorni e anni, mai troncato.



Il risorto bussa a tutti gli inferni che abbiamo costruito con la nostra malvagità o nei quali siamo stati imprigionati dall’altrui arroganza spietata. Le schiere angeliche intervengono, consolano e fanno emergere testimonianze di amore che illuminano il cammino.
A Cividale l’antifona si conclude con un’intensità unica. Le brevi frasi sono espresse con un movimento melodico che progressivamente abbandona le parole e sfocia in vocalizzi: è la meraviglia di chi si lascia trascinare nel vortice della liberazione e si sottrae così al dominio del nemico superbo.
Con la sua morte Cristo ha sconfitto la morte. Insieme al buon furfante invita anche noi ad entrare nel regno. Senza mai abbandonarci. Sempre vicino a consolarci come ben sanno Pietro e i suoi amici. Alleluia!
 
Triumphat dei filius de hoste superbissimo Resurgens a morte delens eam sua Latronem sero flebilem coniunctum beatissimo reduxit ad regna quo iturus erat. Petrum cum reliquis visitans suos credulos consolans semper. Alleluia.

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