Qualcuno ha detto: non esistono le musiche, ma solo la musica. Niente di più vero. E quante emozioni può regalare un concerto, così com’è stato nella serata che ha visto protagonisti una grande orchestra d’archi, quella dei Virtuosi Italiani, e un solista d’eccezione, Paolo Fresu.
Due mondi, quelli dei Virtuosi e di Fresu, che si potrebbero dire distanti e che, invece, si sono fusi mirabilmente tra improvvisazioni e musica scritta nel nostro tempo – di Uri Caine, Massimo Colombo, Richard Galliano, Michael Nyman, Daniele Di Bonaventura, Astor Piazzolla, Jean-Michel Giannelli – e quella antica. Fresu e i Virtuosi ci hanno condotto in  un viaggio a ritroso nel tempo che ha trovato il suo naturale approdo nel genio del Barocco, Johann Sebastian Bach, attraversando la struggente aria “Lascia che io pianga” dal  “Rinaldo” (1711), prima opera inglese di Georg Friedrich Haendel, e la perfetta vertigine virtuosistica del Concerto Grosso n.12 “La Follia” di Francesco Saverio Geminiani (1687-1762).



Il Jazz e il Barocco, dunque, due mondi apparentemente inconciliabili ma che hanno molto in comune a partire dall’improvvisazione, pratica “dimenticata”  e divenuta marginale nel mondo della musica colta, tra classicismo e romanticismo in particolare. Una caratteristica della musica barocca è il basso continuo, accompagnamento strumentale sulla linea melodica più grave (chiave di basso) della partitura e sostegno armonico di tutta la composizione.
Il basso continuo  conduce il discorso d’insieme con la possibilità di accordi estemporanei, le improvvisazioni, appunto, che nel concerto “Back to Bach” sono state affidate alla sapienza musicale di Paolo Fresu, naturalmente.



Musica popolare: ecco un’altro tratto distintivo, nella sua accezione più alta, che unisce la musica barocca al jazz. I compositori barocchi erano ben consapevoli che la loro doveva essere una musica per tutti e, infatti, scrivevano per ogni genere di pubblico e occasione. Così come il jazz è oggi sinonimo di cosmopolitismo, musica che riesce a metabolizzare tradizioni e culture diverse. Ma non è tutto: Barocco e jazz hanno in comune anche la tradizione dei fiati, più precisamente tromba e flicorno, che abbiamo ascoltato, insieme all’Orchestra d’archi, nella dimensione assolutamente acustica scelta, questa, perfetta per il progetto “Back to Bach” nel quale, anche per l’assenza delle percussioni, il suono asciutto ed essenziale della tromba, come del flicorno, si è sovrapposto a quello più classico e rotondo dell’orchestra evitando una “contaminazione” e producendo un’interessantissima e inedita interazione.



La riuscita del progetto “Back to Bach”, che a gran richiesta è stato riproposto in un nuovo mini tour (terminato a Roma) che ha toccato quattro città italiane e che forse verrà ripreso in futuro, è certamente legato all’altissimo valore dei suoi protagonisti, Paolo Fresu e i Virtuosi Italiani, nuovamente insieme dopo l’incontro, nel 2009, al Festival “I Suoni delle Dolomiti” e il successo della precedente tournée (nel 2011). Una collaborazione quella tra Paolo Fresu e I Virtuosi Italiani all’insegna della più proficua curiosità culturale e intellettuale non disgiunta dal piacere e dal coraggio di cimentarsi sempre con nuove sfide in un orizzonte sempre aperto.

Paolo Fresu ha iniziato a studiare il suo strumento a 11 anni nella banda del suo paese natale, Berchidda (in provincia di Olbia-Tempio). Dopo alcune esperienze di musica leggera, nel 1980 ha scoperto il jazz e nell’82 ha iniziato la sua attività professionale registrando per la Rai diretto da Bruno Tommaso. 
Nell’84 si è diplomato in tromba al conservatorio di Cagliari e nello stesso anno ha vinto i premi Radiouno Jazz, Musica Jazz e Radiocorriere Tv. 
Da quel momento la sua carriera è stata inarrestabile costellata da premi prestigiosi (come il “Django d’Or”, miglior musicista jazz europeo), concerti in ogni dove e collaborazioni con le stelle di prima grandezza della musica afroamericana internazionale dell’ultimo quarto di secolo e con grandi orchestre. 

Ha inciso più di 350 dischi ed è stato ed è protagonista di innumerevoli iniziative culturali e didattiche nazionali e internazionali. È il direttore artistico del festival “Time in Jazz” di Berchidda e di quello di Bergamo. Prolifica e molto apprezzata anche la sua attività di compositore. Stretto il suo rapporto con il pubblico con oltre duecento performance all’anno. Prossimamente, tra maggio e giugno, sarà impegnato, in varie città italiane e del mondo, con le “Microlezioni sul jazz” e concerti con Max De Aloe, Barbara Balzan, Giorgio Rossi, Bebo Ferra, Daniele di Bonaventura, Boris Savoldelli, Umberto Fiorelli, Maurizio Camardi. 

Quella dei Virtuosi Italiani è una delle più prestigiose e versatili orchestre d’archi italiane, tra le più attive e qualificate a livello internazionale. L’impostazione artistica dell’ensemble, nato nel 1989, ha da sempre come figura cardine quella del Konzertmeister (il primo violino di un’orchestra che, prima che si affermasse la moderna figura del direttore d’orchestra, aveva funzioni direttoriali che divideva con il maestro al cembalo) ruolo ricoperto da Alberto Martini che suona su un violino costruito da Carlo Ferdinando Landolfi (1751). 

I Virtuosi, che si contraddistinguono anche per le innovative scelte musicali, hanno collaborato con moltissimi solisti e direttori di fama e sono stati chiamati dai più importanti teatri e istituzioni musicali italiane e straniere come la Scala di Milano, l’Opera Comique di Parigi, La Fenice, il Regio di Parma, il New York City Ballet, la Royal Albert Hall di Londra.
Hanno al loro attivo numerosissime tournée all’estero, in Europa come negli Stati Uniti e ancora in Russia, in Sud  America, in Iran, in Corea. 

Anche l’attività discografica dei Virtuosi è assai ricca con oltre cento cd realizzati tra i quali spicca l’integrale, in prima mondiale, delle opere di Francesco Antonio Bonporti, 1672-1749, compositore dimenticato riemerso dall’oblio quando, negli anni venti del ‘900, si è scoperto che alcune composizioni di Bach erano in realtà le trascrizioni di sue partiture che compongono la Op. X detta “Invenzioni”. 

Il disco dedicato a Bonporti è stato premiato con il “Diapason d’or”, il “Cinque stelle-Premio Goldberg” e “Choc de la Musique”. 
A Verona I Virtuosi danno vita a un’articolata stagione concertistica, giunta quest’anno alla tredicesima edizione. Sempre a Verona, e nelle sue più belle chiese, promuovono la rassegna Musica e Arte Sacra: gli ultimi due appuntamenti della seconda edizione si terranno il 15 maggio, Basilica di San Zeno, e il 9 giugno, Chiesa di San Fermo Maggiore. Nel mese di maggio, giugno e fino alla metà di luglio, sarà possibile ascoltarli a Venezia in Santa Maria della Visitazione ossia della Pietà, la chiesa di Antonio Vivaldi, dove terranno una lunga serie di concerti incentrati proprio sull’opera di Vivaldi e poi ancora Bach e altri compositori barocchi.