Ancora una serata-evento della stagione Contemporanea promossa dalla Fondazione Musica per Roma che ha visto insieme due opere nate autonomamente dal genio di due artisti, il compositore olandese Simeon ten Holt e l’artista visuale Gianluigi Toccafondo, e accostate felicemente dando vita a un unicum di straordinario fascino e presa.
Di quello che è considerato uno dei più grandi compositori nord-europei contemporanei è stato eseguito Canto ostinato (1976), capolavoro del minimalismo musicale, mentre la parte visuale del concerto era costituita dalla nuova opera dell’autore italiano di cinema di animazione forse più ammirato anche all’estero costituita da un originale insieme di nuovi video e cortometraggi già conosciuti. Il titolo del concerto, Partire dalla coda, trae spunto dall’opera che impose Toccafondo, nell’89, all’attenzione nazionale e internazionale e che fu premiata quattro volte (a Lucca, Treviso, Zagabria e Ottawa). Con i due minuti de La coda, infatti, inizia il film (di oltre un’ora) di questo artista, dal segno originalissimo, nel quale ha mescolato opere vecchie e nuove che contribuiscono a creare anche una sua biografia artistica per immagini.
Due mondi lontani quelli di Simeon ten Holt e Gianluigi Toccafondo ma che, invece, hanno trovato complemento reciproco, per la loro intrinseca natura mutevole e indeterminata, tanto da sembrare assolutamente naturale, se non ovvio, di vederle vivere contemporaneamente.
Canto ostinato, di Simeon ten Holt, per un numero indefinito di tastiere e dalla lunghezza variabile, è composto da piccole sequenze interamente tonali che vengono ripetute, quante volte lo stabilisce l’esecutore. I diversi schemi ricorrenti, o pattern, della composizione hanno differenze significative e vengono talvolta connesse da “ponti” che non si ripetono. Articolazioni e dinamiche sono lasciati all’arbitrio degli esecutori che contribuiscono a creare improvvisi cambi di atmosfera e di ritmo, si passa dal meditativo rassicurante all’ipnotico ossessivo, con veri e propri shock emozionali, come potrebbe succedere nell’evoluzione dell’attenzione in un lungo viaggio che rende via via più sensibili ai mutamenti di un grande paesaggio.
Anche nel lavoro di Gianluigi Toccafondo è fortemente presente il concetto di trasformazione e metamorfosi in una dinamicità costante. Le immagini si susseguono in rapida sequenza, in un apparente disordine, e anche quando sono ferme trasmettono una grande energia cinetica. Sono immagini e storie bellissime, semplici e complesse allo stesso tempo. Figure, oggetti, e paesaggi si allungano, si dilatano e diventano altro in spazi che, a loro volta, mutano e in squarci di colore, in chiaroscuri, in sfumature, specchi d’acqua diventano prati, luoghi abitati si trasformano in deserti e così via.
La musica di Simeon ten Holt e il mondo fantastico di Gianluigi Toccafondo hanno catapultato lo spettatore in un viaggio emozionale che ha spalancato le porte a un’esperienza tanto insolita quanto affascinante. Il tutto è stato reso possibile, oltre che dall’alto valore intrinseco delle opere, dalla loro messa in scena e, in particolare, dalla qualità dell’esecuzione della parte musicale.
Il PMCE-Parco della Musica Contemporanea Ensemble, coordinato da Lucio Perotti, ha scelto per l’occasione la formazione con due pianoforti e due percussioni (marimbe e vibrafoni) sebbene quella ideale per il compositore sia con quattro pianoforti.
La particolare composizione dell’orchestra per il concerto al Parco della Musica di Roma è stata determinata dalla presenza del film per il quale era necessaria una marcata diversificazione timbrica. La partitura cela una grande complessità che si concentra nella tenuta della ripetitività, prolungata nel tempo, per la quale c’è il rischio che si perda l’espressività della musica. Grazie alla sensibilità di Lucio Perotti, primo pianoforte, c’è stata una notevole tenuta dell’insieme ed è stato creato, al tempo stesso, il giusto spazio temporale in cui l’oggetto musicale si è affermato e poi trasformato. Simeon ten Holt lascia grande libertà esecutiva, ma non è facile amministrare il susseguirsi dei diversi patternritmico-armonici: Perotti ha saputo scegliere sempre il tempo giusto per cambiare l’intensità (piano, crescendo, forte ecc.) e la modalità esecutiva (legato, staccato, non legato ecc.) in base anche allo sviluppo del film. Musica e immagini, in perfetta sinergia, sono così diventate un bellissimo unicum.