Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Pietro Blumetti, referente Codim, a seguito del riconoscimento recentemente ricevuto dal pianista Giovanni Allevi, insignito dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, del titolo di Cavaliere al merito della Repubblica italiana.

Caro Direttore,
il “compositore di musica classica contemporanea” Giovanni Allevi è stato recentemente insignito dal nostro Presidente Giorgio Napolitano della carica di Cavaliere della Repubblica in virtù delle “benemerenze acquisite verso il Paese in ambito culturale, economico, sociale, umanitario”. 
Il “brillante jazzista” Stefano Bollani è stato invitato a suonare il Concerto in Sol di Ravel per le più importanti istituzioni musicali italiane.



È forse interessante guardare a Bollani e Allevi, o meglio alle brillanti “carriere” che questi due musicisti sono riusciti a costruirsi, come a due “fenomeni italiani” che sostanzialmente scaturiscono dal superficiale contesto sociale e culturale in cui ci troviamo a vivere.

Naturalmente i due musicisti hanno mostrato di avere statura musicale profondamente diversa, ma le motivazioni che hanno portato Bollani a divenire interprete di Ravel, forzando la propria natura di musicista e pianista Jazz (e attirandosi le “giuste” critiche di tantissimi musicisti “classici”), sono le stesse che hanno permesso  al “semplice musicista” Allevi  di raggiungere una tale fama da essere chiamato a rappresentare la “grande Musica”  nel nostro Parlamento, suscitando la sacrosanta ira di quanti, come il nostro Uto Ughi, sanno bene cosa sia la “grande musica” e come debba essere suonata.



Ma per comprendere sia il “fenomeno” Bollani  che quello di Allevi, è necessario inquadrarli nel contesto generale in cui questi si sono sviluppati.

Perché  solo  così si potrà capire il motivo per cui l’ottimo jazzista Bollani possa suonare il Concerto in Sol di Ravel nei più importanti teatri italiani (ha appena suonato alla Scala di Milano e suonerà all’Auditorium di S. Cecilia di Roma).

Perché il problema per il nostro paese non è certo né il clamoroso  successo di Allevi (…anche simpatico nella sua ridicola e folle “modestia”) che scrive e strimpella una musica carina e orecchiabile, “commerciale” come è tutta la musica oggi diffusa nel nostro paese, né, tantomeno quello di Bollani, ottimo brillante e divertente esponente del più tipico Jazz italiano, che però, solo in virtù della sua popolarità come jazzista,  ha avuto recentemente l’opportunità professionale per eseguire in concerto e registrare alcune importanti  composizioni appartenenti al repertorio “Classico” (di Gershwin e Ravel) pur non avendo assolutamente le qualità “tecniche-musicali” per suonare al livello di tantissimi musicisti appartenenti a questo mondo musicale;  musicisti  che  da sempre sono invece completamenti trascurati  da una politica che, non riconoscendo alla Cultura musicale il ruolo e lo spazio che essa meriterebbe, calpesta la loro dignità professionale  e i loro fondamentali diritti personali.



Sia chiaro: ritengo che Allevi e Bollani abbiano avuto tutto il diritto di approfittare dell’ignoranza musicale del nostro paese e dell’asservimento di troppi organi di informazione a logiche di mercato che poco hanno a che vedere con una corretta critica musicale. Non comprendo infatti come si possa criticarli o disprezzarli per il fatto d’essere riusciti ad affermarsi, sfruttando una realtà che è scaturita dalla mancanza totale di rispetto e tutela per la vera Cultura musicale delle nostre istituzioni.

Ho avuto il piacere di ascoltare per la prima volta Bollani in un concerto di tanti anni fa a Roma, quando questi era “solo” un promettente giovane e sconosciuto jazzista. Con gli anni si è affermato rivelandosi uno dei più brillanti e fantasiosi esponenti del Jazz italiano; dotato soprattutto di importanti qualità musicali tipiche di quella cultura musicale: l’improvvisazione e la ritmica.

È chiaro che quando per motivi personali, che possono essere anche commerciali (…il musicista è un professionista che svolge un lavoro fisico ed intellettuale molto duro, perché mai, al pari di tanti altri professionisti, non dovrebbe perseguire anche un “giusto” guadagno?) Bollani  si mette ad eseguire Ravel, avrebbe bisogno di doti tecniche (e forse anche culturali) diverse da quelle che lo rendono un ottimo Jazzista italiano; ma si tratta di capacità che lui non ha. E non vedo come potrebbe averle, visto che sono doti che si acquisiscono in una vita di specifici Studi, diversi da quelli che lui, seguendo giustamente la sua indole e il suo grande talento, ha scelto di coltivare.

La Cultura musicale Jazz è espressione di un patrimonio musicale enormemente complesso, e si è sviluppata grazie a un lungo percorso stilistico che appartiene alla Storia della Musica americana (afro-americana); una Storia che è molto diversa dalla nostra Storia musicale.

La realtà ha dimostrato come non sia possibile eccellere in entrambi gli stili. Ricordo in proposito una famosa intervista a Vladimir Horowitz (uno dei più grandi pianisti mai esistiti) in cui egli, dopo aver ascoltato un famoso pianista Jazz,  e avergli chiesto quanto avesse studiato per quel fantastico concerto, si sentì rispondere: “ma io non ho studiato affatto… ho solo improvvisato”! E subito commentò… : “meno male che non suona il mio repertorio… altrimenti dovrei cambiare mestiere”!
Questo è solo un divertente aneddoto, ma fa capire come nella vita si è già “bravi” se si riesca a imparare una cosa abbastanza bene.

Basta poi verificare quale siano stati gli imbarazzanti esiti conseguiti anche da alcuni famosi pianisti “Classici” quando si siano avventurati  in contesti “jazzistici” per rendersi conto di quanto questo sia vero (il solo Keith Jarrett, forse,  è un caso a parte, che costituisce una stupenda rarissima eccezione).

La ”fama” di Allevi e Bollani (certamente, a dir poco, eccessive per quanto riguarda il “pubblico gradimento”) dimostra come in realtà esista il piacere e la necessità nelle persone di sentire musica.  Perchè la Musica di questi due “fenomeni” piace in quanto è facilmente “comprensibile” e quindi emozionante anche per tantissime persone che non hanno potuto studiare la Musica.

Il jazz di Bollani  piace proprio perché è un tipo di Musica che conserva caratteristiche che lo rendono decisamente più “vivo ed accattivante” di troppa “morta” Musica Moderna e Contemporanea; infatti “vive” nel momento in cui lo si suona, in quanto la musica scritta è quasi sempre solo un canovaccio da cui partire e su cui improvvisare. 
A differenza di quello che purtroppo è avvenuto per la Musica “Classica” occidentale, nel Jazz  l’improvvisazione  è rimasta  la componente creativa fondamentale di ogni buon musicista.

Tutto questo, accompagnato da una scrittura in cui la pulsazione ritmica è sempre importante ed in chiara evidenza, e nella quale il tessuto armonico, divenuto sempre più vario ed interessante, non “disturba” mai troppo la chiara percezione di una plastica melodia, fa si che il Jazz abbia ancora un suo pubblico di appassionati, a differenza  di quanto sta drammaticamente avvenendo  per la musica “Classica”.

Ma attenzione, ai “fenomeni” Bollani e Allevi non bisogna guardare come a qualcosa che possa diffondere Cultura musicale; servono però a dimostrare quanto sia importante per le persone ascoltare buona musica. Per  tutelare e diffondere la Cultura musicale nel nostro paese  ci vuole ben altro!

Bisogna comprendere che ormai l’unico modo per farlo è diffondere gli Studi Musicali nella scuola Italiana.
Ogni altra strategia che non parta da questo fondamento è destinata  al fallimento;  perché la società in cui crescono i nostri figli è cambiata radicalmente, e in modo irreversibile: solo il “tempo” dedicato alla scuola è ancora uno spazio “libero”,  da poter utilizzare per questo scopo.

Il resto del “tempo”  di cui dispongono i nostri figli è ormai, troppo spesso, dominio incontrastato e incontrastabile del “nulla” dei mezzi di dis-informazione; dei cellulari costantemente accesi per comunicare con urgenza nulla di particolarmente importante; delle piazze virtuali in cui illudersi di incontrarsi e comunicare con “amici”,  senza accorgersi di essere soli e di non aver assolutamente nulla da comunicare, in quanto incapaci di condividere quelle reali passioni e quelle attività che possono essere generate soltanto da una vera vita condivisa trascorsa a fare qualcosa di bello e di vero.

Bollani e Allevi sono due eclatanti diversi “fenomeni” musicali italiani frutto del superficiale “nulla” in cui tutti noi stiamo sprofondando: non sono certo loro i responsabili.