A un centinaio di chilometri a sud di Lisbona, a mezza collina davanti alle acque dell’Oceano, c’è il convento trecentesco di Arrabida. Un piccolo conglomerato francescano di chiese, cappelle, refettori e celle monacali. È qui che Teresa Salgueiro si è fermata per realizzare il suo nuovo e immenso disco, “O Misterio”.
Son trascorsi gli anni dai Madredeus, da Existir e da O Paraiso e dalla collaborazione feconda con Pedro Magalhaes, ma la cantante lusitana continua algida e impalpabile nel suo percorso musicale, fatto di nostalgie per il fado e di reminiscenze religiose, con una voce emozionante messa al servizio di una poetica difficilmente paragonabile con altre nell’attuale scenario mondiale.
Questo suo nuovo album (quindici pezzi) ruota come nel passato attorno alla sua voce intima e preziosissima, e alle sue parole, piccoli scandagli di forza evocativa e luminosissimi fasci di luce. Il disco ruota attorno alla canzone guida e alla sua rivelazione: “Abbraccio la paura, portata dalla memoria. È nel mistero, che io trovo la pace”, e percorre fatti della vita, occasioni, singoli eventi (A batalha – La battaglia; Ausencia-Assenza; A estrada-La Strada; A espera-L’Attesa; A Partida-La Partenza) con tratti di dolcezza domestica, di sproporzione metafisica e di insolita compartecipazione, inusitate in tempi di rapidità, noncuranza e svuotamento.
La Salgueiro parla di vita e di amore, di presenze e di assenze senza un solo brandello di banalità, attualizzando memorie e sentimenti antichi.
Dietro e dentro le sue parole ci sono i salmi e le laudi, ma anche le poesie d’amore di Florbela Espanca, un po’ di Pessoa e De Andrade, ma anche le canzoni popolari, l’eterna sfida del mare e delle partenze, il dedalo di vite e di strade di Lisbona, la nostalgia, il destino, la morte, gli addii (A partida: “Vorrei solo dire, Che ringrazio e mi abbandono. Ho l’amore che mi insegna a vivere, mentre aspetto l’autunno. Solo chi ho amato mi accompagna. Mi protegge. Solo l’amore resterà”). Per lei “La forza e la virtù, che ho forgiato per me, non sono di ferro di fuoco, io non combatto così. La mia spada, il mio scudo, la mia preghiera, la mia fede sono nei versi di una canzone” (A Fortaleza), parole che rimangono ad aleggiare come in un giardino di fiori e memorie, con fisarmoniche che sanno di tango e di oscurità e qualche chitarra che ogni tanto impreziosisce di lontane emozioni elettriche anche gli arrangiamenti più prevedibili.
A poco più di quarant’anni, la Salgueiro continua a centellinare questa sua musica anacronistica, senza punti di contatto con gli altri, anche migliori, progetti musicali. Lei si muove e produce con stupefacente grazia, con una leggerezza che sa di acquerello, in un contesto che si muove cinematograficamente tra musica da camera, suoni etnici ed echi di partiture moresche. C’è tanto ritmo nelle sue canzoni, anche se non appare, per via di percussioni sempre fisiche, ma mai invadenti.
C’è tanta atmosfera umana, c’è la consapevolezza di una donna-artista di spingersi sempre più in là sul limitare di ciò che non si sa più definire se parola cantata o canto poetico.
È musica che s’affaccia sulle grandi e semplici verità, dove anche un’assenza conduce a interrogarsi e a interrogare: “Destati, perché nella realtà, Esiste la verità, La parola più giusta, Mantieni sul mondo, Uno sguardo profondo, Uno sguardo sempre all’erta” (La Maschera). E quando è amore, sentimento, corporeità, Teresa lo fa con una sensualità da giardino dell’Eden: “Vieni con me a vedere il chiaro di luna, Il firmamento, Lo splendore delle stelle, di tutti gli astri, In movimento, Avrei voluto, Imitare la loro danza, il loro incanto, Spogliare la mia speranza… Possano le mie mani venire ad essere il balsamo, per guarire le tue ferite” (Cantico).
Una canzone, superba, contiene forse il tutto, il pienamente completo di questa meravigliosa artista, A Espera: “Canto la nostalgia, qui il tempo non riesce a raggiungermi. Canto la nostalgia. Canto quest’attesa. L’eternità”. Con Teresa, voce e pianoforte, nel disco vivono solo quattro giovani musicisti (Torres al contrabbasso, Santos alle chitarre, Lobato alle percussioni e Caris Marcelino, giovanissima, alla fisarmonica). “O Misterio”. Una cosa da scoprire.