Granitico e compatto, ecco come definire il muro sonoro sprigionato dai Soundgarden in occasione del tour che suggella la reunion della band di Seattle. Siamo a Parigi per assistere a una delle prime date europee. Si tratta della prima e probabilmente una delle poche serate previste con una set list completa perché non inserita in un contesto festivaliero che va tanto per la maggiore in questo periodo dell’anno. Ventidue brani e due ore abbondanti di martellamento incessante. Il luogo scelto per la serata è la tensostruttura di Le Zenith. All’ingresso del palazzetto il pubblico è accolto da una cappa di calore insostenibile. I ricordi indirizzano al Palatrussardi.



I milanesi confermeranno: un vero forno; struttura esteticamente terrificante, ma estremamente comoda da raggiungere. Location diventata nel tempo mitica dopo aver visto calcare il proprio palcoscenico dal meglio degli artisti rock degli anni Ottanta e Novanta (giusto per fare una citazione i Nirvana vi conclusero il loro ultimo tour italiano nel Febbraio del ’94 e gli stessi Soundgarden nel ‘96).  La differenza rispetto all’ex Palazzetto dello sport di Lampugnano è che Le Zenith è stato studiato per essere un’arena da concerti, pertanto non è necessario prendere la via del canestro per ritrovarsi a ridosso del palco, da ogni posto la visuale è ottima.



L’ultima apparizione della band di Seattle a Parigi risale a 16 anni fa proprio a Le Zenith. Venti milioni di dischi venduti e poi il 9 aprile del ’97 l’annuncio dello scioglimento del gruppo. Il tempo però non si è fermato per i membri della band. Chris Cornell ha preso parte al progetto Audioslave e ha avviato una carriera come solista. Matt Cameron è diventato il batterista dei Pearl Jam in pianta stabile. Ben Shepherd ha partecipato a dischi di Tommy Iommi e Mark Lanegan, ma anche a causa dei suoi problemi di tossicodipendenza ha dilapidato il suo patrimonio. Kim Thayil invece è andato a letto presto.



Inizio incendiario con Searching with My Good Eye Closed giusto per ricordare al pubblico di che pasta sono fatti. Quanto siano mancati lo si capisce dalla calorosa reazione del pubblico alle prime note della classica Spoonman. Jesus Christ Pose è un inno a cui segue Hands all over.
Ripescano Hunted Down, primo singolo pubblicato sull’EP “Screaming Life” del’87. quando il grunge era ancora una parola da inventare. Drawing Flies e poi My Wave che viene accolta con un boato. L’oscura The Day I Tried to Live è invece viva anche stasera. Per fortuna la noia e la mancanza di fiducia nel futuro che, in parte hanno caratterizzato la Generazione X, non hanno preso il sopravvento. È quindi la volta del trittico dall’ultimo album in studio “Down on the Upside” (anno ’96 e si iniziava a percepire la loro stanchezza): Pretty Noose, Burden in My Hand, Blow Up the Outside World che smorzano un po’ i toni della serata.

I Soundgarden inseriscono il pilota automatico e vanno sul sicuro attingendo dal meglio del loro repertorio ovvero i brani tratti da “Badmotorfinger” e “Superunknown”. Fell on Black dDays, Rusty Cage, Outshined Let Me Drown tutte d’un fiato. Black Hole Sun fa cantare il pubblico e probabilmente fa scendere anche qualche lacrimuccia.

L’ugola di Chris Cornell è d’oro, nulla da eccepire. Parte inizialmente con il freno a mano tirato, ma con il procedere della serata sprigiona tutta la sua potenza ed estensione vocale. Per non farsi mancare nulla tra poche settimane Chris Cornell si prenderà nuovamente una pausa dalla band per dar corso al Songbook tour (sarà anche in Italia il 25 giugno Udine, 26 Torino, 28 Verona, 29 Firenze); accompagnato da una chitarra acustica, eseguirà brani del suo repertorio, degli Audioslave, dei Temple of the Dog e alcune cover. Ovviamente non mancherà una tappa nella Capitale francese dove il cantante gestisce un ristorante chic con la seconda moglie, la milionaria Vicky Karayiannis. Loud Love e spazio giustamente anche per Live to Rise, ultimo singolo già incluso nella colonna sonora del film “The Avengers “e che anticipa il nuovo album previsto in uscita per il mese di ottobre. 

Superunknown e poi 4th of July in cui la band di Seattle celebra nuovamente la propria indipendenza. Una breve pausa e due bis: Beyond the Wheel, unico pezzo di “Ultramega OK”, e una versione interminabile di Slaves & Bulldozers che chiude il concerto. Nel complesso è stato come ascoltare un ottimo greatest hit. Pulito e impeccabile. Forse è mancata la passione, ma ben venga tutto questo. Il frutto del grunge è già stato colto, ma le radici sono ancora vive.