Ero in lacrime. Sono stato costretto a uscire. Quella ragazza è strepitosa. Può fare qualsiasi cosa”. Queste sono le parole del direttore d’orchestra Sir Georg Solti, che nel 1994, durante le prove de La traviata, rimase folgorato da una cantante che aveva conquistato il plauso internazionale appena due anni prima con la sua interpretazione de La bohème alla Royal Opera House di Covent Garden.



La cantante, oramai consacrata nell’olimpo del panorama operistico internazionale, era Angela Gheorghiu, che martedì 12 giugno è stata protagonista del Concerto di Gala al Teatro della Pergola di Firenze, secondo appuntamento del Tuscan Sun Festival, che si tiene quest’anno per la prima volta nel capoluogo toscano.



La serata è stata pressoché interamente dedicata al mondo del teatro musicale, con una serie d’arie d’opera (nonché due canzoni estratte dal musical americano) incorniciate da brani strumentali concepiti sempre per il teatro ed eseguiti magistralmente dall’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino diretta da Eugene Kohn (i brani eseguiti sono stati le overture de Il ratto dal Serraglio di Mozart, di Le corsaire di Berlioz, de Le maschere di Mascagni e la Danza delle ore dalla Gioconda di Ponchielli).

Per i duetti con la Gheorghiu è stato scelto Saimir Pirgu, giovane tenore che ha ben figurato e che ha regalato anche qualche ottimo momento solista: da Pourquoi me réveiller dal Werther di Massenet a Maria da West Side story di Bernstein.
Ovviamente tutti i riflettori erano puntati sulla Gheorghiu, che durante l’intervallo è stata nominata “Artista Unesco per la Pace” (un titolo onorifico che verrà celebrato ufficialmente a settembre). La cantante ha proposto un repertorio variegato, spaziando dall’opera (Handel, Puccini, Verdi, Catalani e Gounod) al musical (I could have danced all night da My fair lady di Loewe) fino alla canzone italiana (Non ti scordar di me di De Curtis).



La bellissima voce della cantante ha attraversato meravigliosamente i vari generi e periodi musicali incantando il pubblico fiorentino, fra cui spiccava in terza fila Andrea Bocelli. Tuttavia non sono state solo la qualità timbrica della voce o la presenza scenica a conquistare gli spettatori: ciò che colpisce della Gheorghiu è la sua volontà di calarsi nel pezzo, di interpretarlo e farlo proprio, una capacità d’immedesimazione che coinvolge non solo la voce, ma anche il resto del corpo, che partecipa interamente alla performance, mimando, recitando e anche danzando (come per esempio nel bis Granada).

Tornano alla mente le parole di un giornalista dell’Observer, che lo scorso anno, recensendo l’Adriana Lecouvreur di Cilea, scriveva: “È difficile immaginare qualcuno migliore di Angela Gheorghiu in questo ruolo. La sua voce, leggera come una piuma e vellutata, ma con un cuore d’acciaio, si armonizza con la fluidità dei suoi movimenti sul palco. È un’attrice nata”.  

Eppure il suo è ben di più di un semplice “recitare”, vedendola cantare si ha davvero la sensazione di una profonda immedesimazione nei contenuti espressivi del canto, un’immedesimazione che la porta talvolta sull’orlo della commozione, com’è accaduto in O mio babbino caro, cantata come bis per salutare il pubblico fiorentino.

Le parole del Direttore Unesco di Parigi, intervenuto durante l’intervallo per conferire l’onorificenza alla cantante, sono state eloquenti: “Spesso sono i grandi cantanti a essere descritti come ‘voce di Dio’, ma il caso di Angela Gheorghiu ci mostra come tale appellativo sia da usare anche per le cantanti”.

Tornano alla mente le parole di un giornalista dell’Observer, che lo scorso anno, recensendo l’Adriana Lecouvreur di Cilea, scriveva: “È difficile immaginare qualcuno migliore di Angela Gheorghiu in questo ruolo. La sua voce, leggera come una piuma e vellutata, ma con un cuore d’acciaio, si armonizza con la fluidità dei suoi movimenti sul palco. È un’attrice nata”.  

Eppure il suo è ben di più di un semplice “recitare”, vedendola cantare si ha davvero la sensazione di una profonda immedesimazione nei contenuti espressivi del canto, un’immedesimazione che la porta talvolta sull’orlo della commozione, com’è accaduto in O mio babbino caro, cantata come bis per salutare il pubblico fiorentino.

Le parole del Direttore Unesco di Parigi, intervenuto durante l’intervallo per conferire l’onorificenza alla cantante, sono state eloquenti: “Spesso sono i grandi cantanti a essere descritti come ‘voce di Dio’, ma il caso di Angela Gheorghiu ci mostra come tale appellativo sia da usare anche per le cantanti”.