Se si dovesse attribuire un premio allo spettacolo di maggior successo della 33esima edizione del Rossini Opera Festival (ROF 2012- 10-23 agosto), l’Oscar andrebbe senza dubbio alla ripresa di “Matilde di Shabran”. Opera di un Rossini maturo, che, commissionata dal Teatro Apollo a Tor di Nona a Roma, ebbe la prima rappresentazione nel 1821 e restò nei cartelloni di vari teatri europei sino a quasi la fine del diciannovesimo secolo, è un lavoro semi-serio su come conquistare uno scapolo inveterato.



È stata ripresa (male) a Genova nel 1974 e benino a Parigi nel 1980, ma il suo vero e proprio lancio è stato a Pesaro nel 1999 dove un allora giovanissimo sconosciuto tenore peruviano (Juan Diego Flórez) divenne da un giorno all’altro uno star del firmamento della lirica mondiale. E’ stata riproposta nel 2004 a Pesaro in un nuovo allestimento con la regia di Mario Martone, le scene di Sergio Tramonti, e i costumi di Ursula Patzak. Tale allestimento è approdato a Londra nel 2008 e torna adesso a Pesaro. Non solo ogni volta Martone lo ritocca, ma questa volta – Flórez è sempre il protagonista – in buca non c’è, come nel 2004, l’orchestra della Galizia, ma quella del Comunale di Bologna diretta dal 33enne Michele Mariotti, a cui il 2 agosto è stato conferito l’Oscar 2012 per la direzione d’orchestra.



Sul palcoscenico, a sfidare Flórez (Corradino nell’opera) e a portarlo nel proprio letto e dal prete c’è la giovane, bella e bravissima Olga Peretyatko (appena sposata con Mariotti) e un cast sfavillante. L’opera è lunga: il primo atto dura due ore e un quarto, il secondo un’ora e un quarto. La serata dell’11 agosto è stata interrotta più volte da applausi e vere e proprie ovazioni a Flórez, Peretyatko e Mariotti. Un lavoro di grande qualità e molto divertente che certamente rivedremo nelle “stagioni” italiane nei prossimi anni. In un differente (e meno brillante) allestimento la si può gustare in numerosi teatri tedeschi dopo che il ROF ha fatto da battistrada.
 
Difficile ipotizzare lo stesso futuro per l’opera che il 10 agosto ha aperto la manifestazione: “Ciro in Babilonia”, nata come un oratorio biblico di quelli che, nell’Europa della Restaurazione, i teatri potevano mettere in scena durante la Quaresima. Rossini aveva accettato la commessa per il nobile motivo che l’onorario era consistente; all’epoca il compositore era un ventenne snello e donnaiolo, con testa rivolta alle gonnelle e alle deliziose farse composte in quel periodo ma con scarsa attenzione per i fattacci narrati nell’intricato libretto. E’ la prima volta che ne viene presentata un’edizione critica con un cast all’altezza dell’impervia vocalità delle principali arie (due per il contralto, una per il soprano e una per il tenore).



L’opera non è priva di momenti efficaci: il quartetto con cui termina il primo atto, la scena del banchetto, ma nel complesso si tratta di prodotto acerbo e ineguale. Il ROF ha reso lo spettacolo interessante grazie alla spiritosa idea del regista David Livermore e dello scenografo Nicola Boveys di presentare l’azione come fosse quella di un film muto di soggetto biblico dell’epoca in cui a Cinecittà e a Hollywood anche l’inverosimile pareva avesse un tocco di realtà.

La regia riprende spezzoni interi di “Intolerance” di Griffith e l’ultima scena è chiaramente tratta dell’episodio del sacrificio umano in “Cabiria”. Ottime le voci (specialmente Eva Poddles, Jessica Pratt e Micheal Spyres) in arie e duetti davvero impervi. Baldanzosa e di livello l’orchestra del Teatro Comunale di Bologna, diretta da Will Crutchfield, noto principalmente come cembalista. La produzione è in collaborazione con il Caramoor International Music Festival, nei pressi di New York. Dopo la proposta in due importanti festival internazionali si vedrà se, a due secoli dal debutto a Ferrara, “Ciro in Babilonia” inizierà a viaggiare. Resto dubbioso.

Terzo nuovo allestimento “Il Signor Bruschino”, una delle farse in un atto citate in precedenza. L’aspetto più interessante è che si tratta di uno spettacolo giovane indirizzato ai giovani. La regia è curata dal collettivo Teatro Sotterraneo. Le scene ed i costumi dell’Accademia delle Belle Arti di Urbino portano la vicenda in una centro commerciale – parco di divertimenti a tema (rossiniano) dove turisti, presumibilmente anglo-americani o dell’Europa settentrionale, assistono ad una prove generale della farsa. In buca , l’orchestra sinfonica Rossini è diretta dal 29nne Daniele Rustioni. Spettacolo spigliato di 90 minuti dove primeggiano i due “anziani” Carlo Lepore e Roberto De Candia. Promettente il resto del giovane cast.
 
Oltre a queste tre opere (ciascuna replicata quattro volte), viene presentata “Tancredi” in forma di concerto e ci sono due repliche de “Il Viaggio a Reims” cantato dai giovani dell’Accademia Rossiniana, oltre ad una nutrita serie di concerti. In breve, una manifestazione in netta ripresa dopo due anni in cui era parsa segnare il passo.
 
Al ROF, soprattutto, non si percepisce aria di crisi. I teatri sono esauriti da mesi, ben 140 giornalisti sono accreditati al Festival. Nell’arco di tre decenni, grazie a Rossini, Pesaro è diventata la Bayreuth o la Salisburgo italiana: le richieste di biglietti eccedono del 25-30 per cento i posti disponibili, tanto che si sta pensando di costruire (come a Bayreuth) liste d’attesa pluriennali, anche se la normativa e la prassi italiana richiedono di vendere un certo numero di posti di loggione il giorno della recita. Il Rof ha un pubblico fidelizzato (il 70 per cento è straniero, il 30 percento italiano, i marchigiani appena il dieci per cento del totale).

Uno studio quantitativo degli effetti sull’indotto, curato dall’università di Urbino sulla base di un’attenta analisi statistica, conclude (utilizzando dati 2011) che l’incremento di fatturato nei comparti interessati al Festival (da alberghi e ristoranti, ad abbigliamento, a parrucchieri, a fiorai) si colloca mediamente sul 21 per cento , pur se è presente una notevole variabilità settoriale: dal 45 per cento delle strutture alberghiere al 5 per cento per le gioiellerie e orologerie. 

Questi dati indicano che, quindi, sarebbe utile pensare a migliorare la struttura degli incentivi tributari in modo che gradualmente le elargizioni liberali dei privati possano prendersi carico di una parte maggiore del costo complessivo.

Infine, in questi giorni è in dirittura d’arrivo una proposta di legge bipartisan di iniziativa parlamentare mirata a “valorizzare i festival musicali e operistici italiani di assoluto prestigio internazionale” (i Festival intitolati Puccini e Rossini e quelli di Ravenna e Spoleto). È naturalmente miele per festival  che potranno formulare programmi ancora più ambiziosi: particolarmente importanti quelli per il ROF2013 che prevedono (oltre a concerti) tre nuovi allestimenti impegnativi: “Guillaume Tell”, “L’Italiana in Algeri” e “La Donna del Lago”.