Proprio in questi giorni, vent’anni fa, una band dello stato di Washington stava registrando il suo disco più importante. Si chiamavano Screaming Trees. Il disco in gestazione si sarebbe chiamato “Sweet Oblivion”. La band, basata sul cantante Mark Lanegan e sul chitarrista Gary Lee Conner (per qualche anno coadiuvato da Josh Homme, fondatore poi dei Queens of the Stone Age) era – come i Melvins – destinata ad anticipare quel suono misto di garage, punk e psichedelia, che Nirvana, Soundgarden e Pearl Jam hanno reso famoso e che è passato alla storia con il nome di grunge.
Impasto particolare di rock con influenze orchestrali, mistiche e psichedelia-folk, Sweet Oblivion diventò il disco piu noto di questa band, che non ha mai raggiunto il successo planetario delle altre di Seattle, pur avendone qualità, tensione energetica e un frontman – Lanegan per l’appunto – che non aveva nulla da invidiare ai leader delle altre band (e chi li ha visti con me nel lontano ’93 al Rolling Stone di Milano lo puo confermare). Chitarra poliedrica, arrembante e ottimo realizzatore di riff di garage rock, Gary Lee Conner al termine dell’avventura della band (nell’anno 2000) ha cambiato città e vita, lasciando l’estremo e gelido nord-ovest per il bollente Texas, dove vive da qualche anno, impegnato in un’avventura di rock sperimentale con il nickname di Microdot (il prossimo album, “Strangely Taste the Sun”, uscirà entro la fine dell’anno).
Mister Conner, uno di queli che ha cambiato completamente vita (come lui, ad esempio, anche Kris Novoselic, bassista dei Nirvana, oggi importante uomo politico), ha deciso di rispondere ad alcune domande per ripercorrere gli anni d’oro degli Screaming Trees e del grunge: ecco cosa ci ha raccontato.
Gary, proviamo a ritornare ai giorni di Seattle e del grunge: cosa pensi oggi di quel periodo? Come ci si sente a sapere di essere stato tra i protagonisti di quel movimento musicale?
Quando Nirvana e Pearl Jam sono esplosi in tutte le classifiche del mondo ricordo che noi di Seattle eravamo avvolti da un senso irreale, ci sembrava di vivere in una linea del tempo parallela. Dicevamo: sono i nostri a essere diventati stra-famosi! È come se gli Stooges o gli MC5 fossero state le piu famose band degli anni Settanta: impossibile! Mi sembra ancora strano oggi a ripensarci. Se vedo le pazze foto che conservo di quei giorni penso che la maggior parte delle persone che vi sono rappresentate sono diventate poi famosissime ovunque. Per me invece è come guardare alle foto del mio album delle scuole superiori, con i vecchi amici con cui facevi le cose più buffe…
Tu e Mark Lanegan avete dato vita a una delle band più potenti di quei giorni. Che tipo di relazione artistica era nata tra voi due?
In quei giorni il nostro lavoro aveva raggiunto una sorta di standard: io lavoravo tutto il giorno sul mio registratore a quattro piste. Erano i giorni dei primi dischi con la SST: preparavo il materiale grezzo, poi Mark arrivava e ci lavorava sopra aggiungendo i testi sul lavoro che gli avevo preparato e cosi nascevano le canzoni degli Screaming Trees. Ai tempi di “Sweet Oblivion” avevamo raggiunto un feeling comune perfetto, cosi che io, Mark e mio fratello Van abbiamo scritto la maggior parte delle canzoni lavorando insieme nel giro di poche settimane, nell’estate del ’92.
Dietro il suono e i testi degli Screaming Trees si sente una forte ricerca umana. La definirei un tentativo di uscire dalla disperazione…
Si sente perché c’è proprio questa ricerca. Molti di noi sono passati attraverso tempi tosti e il nostro passato si è sempre riflesso nelle canzoni che abbiamo cantato. Ma io credo che questo sia parte di tutti i più genuini movimenti musicali. Tutto il rock degli anni Sessanta e il punk nei SEttanta era cosi. Io credo in effetti che il nostro periodo sia stato solo un prolungamento dei momenti più sinceri e importanti di quei decenni che ci avevano preceduto. Per noi il tutto era come l’avverarsi dei nostri sogni: essere parte di una vera band che incide i propri dischi ed e’ amata per quello che fa.
Tra l’88 e il ’93 voi eravate una sorta di grande community di band che si muovevano intorno a Seattle. Che ricordi hai di Cobain, Vedder, Cornell e compagni?
Ho visto per la prima volta i Nirvana nel ’88 nella mia città, Ellensburg, e ricordo che mi avevano eccitato come pochi. Suonavano in un pub solo davanti a dieci o quindici persone e ricordo di aver pensato “questi sono proprio speciali”. La cosa più ridicola che poi ricordo di Kurt Cobain e Kris Novoselic è legata al party di “Nevermind”: loro due hanno iniziato a tirarsi addosso il cibo preparato per gli ospiti di mezzo mondo e finirono per farsi cacciare via dal loro stesso party! Parlare di Chris Cornell è invece una cosa più impegnativa e lunga: lui ha prodotto alcuni nostri dischi e ci è stato molto vicino mentre anche noi diventavamo abbastanza noti nel mondo. Ci frequentavamo molto, abbiamo fatto insieme alcune lunghe tournée insieme e giocavamo molto spesso a basket. O meglio: ci giocavano Mark e mio fratello…
Credi che una certa spiritualità appartenga al mondo artistico degli Screaming Trees? Canzoni come Transfiguration e Rivelation-Revolution sembrano confermarlo…
Certo! A un certo punto io, mio fratello e Mark credevamo di essere dei “born again christian” e questa cosa credo abbai influenzato la nostra musica. Credo ci fosse molta spiritualità nel nostro progetto musicale.
Molta gente mi ha detto che una certa nota religiosa dei nostri dischi li ha molto aiutati nei loro tempi duri. Però oggi devo dire che sono un agnostico tendente all’ateismo…
Dal tuo punto di vista il rock può ancora esprimere ricerca, rabbia, ribellione?
Assolutamente si, penso di si. C’è tanta buona musica in giro e internet può aiutare i musicisti a farla circolare con nuovi contenuti. Credo che il problema non siano oggi i contenuti, ma che è davvero difficile fare qualcosa di nuovo nell’attuale contesto del rock. Forse i significati più interessanti possono essere espressi da contesti diversi. Il Rap e l’Hip Hop ci hanno provato ma oggi sembra che siano orientati in massima parte verso il denaro e l’erotismo. Inoltre c’è da dire che è difficile esprimere ribellione e indipendenza utilizzando gli stili musicali che sono stati dei tuoi nonni e dei tuoi genitori. Forse arriverà tra poco qualcosa di completamente diverso da ciò che hanno amato le generazioni storiche del rock…
Gary, sei andato a vivere in Texas, lontano dalla scena di Seattle…
Non ho più contatti con nessuno, tranne che via Facebook. È divertente vedere cosa combinano tutti gli altri, ma mi piace questo mio isolamento. E non voglio cambiarlo.
(Walter Gatti)