“Noi siamo una formazione artistico-religiosa, portiamo ovunque l’espressione di qualcosa di bello e il bello viene sempre capito. Facciamo concerti in chiese, ma anche in università e in circoli di scienziati, quindi la laicità di luoghi e persone ci è affine. E proprio per questa nostra esperienza possiamo essere profondamente convinti che la nostra musica religiosa possa arrivare ovunque, anche al cuore laico, agnostico oppure ateo, perché il cuore – se è davvero aperto – accoglie qualsiasi tipo di bellezza”. Parole di limpida semplicità e che lasciano senza fiato. Parole dette dai monaci del Coro metropolitano di San Pietroburgo, che questa sera saliranno sul palco del Meeting come protagonisti di Nel canto l’anima di un popolo, serata dedicata alla grande tradizione musicale russa.
La bellezza parla ovunque. La bellezza arriva a ogni cuore che ha lasciato aperta la porta sull’infinito, dicono questi cantanti ortodossi in veste nera e con lunga barba (chi bianca, chi grigia, chi ancora nera). Ma chi ha spiegato a questi 40 religiosi provenienti dalla città del Baltico che proprio questo è il tema del Meeting di quest’anno? Forse nessuno. Sta di fatto che nelle parole che ci hanno detto i monaci nel pomeriggio di ieri, quella necessità di infinito e di bellezza che si respira nei padiglioni della Fiera di Rimini si è fatta condivisione inattesa ed evidente.
Nato come ensemble stabile all’inizio degli anni Settanta, il coro di San Pietroburgo ha vissuto anni grami nell’epoca del comunismo sovietico repressivo e negli ultimi tempi ha finalmente trovato un riconoscimento interno, ottenendo quella notorietà che l’ha portato a cantare non solo nelle basiliche ortodosse dell’Est Europa, ma anche in teatri lirici e auditorium. È durante una di queste tournée, mentre il coro era impegnato in Estonia, che si è realizzato il contatto con il Meeting, divenuto nel giro di alcuni mesi un progetto ideale e poi finalmente realizzato, “un’opportunità di cui siamo molto grati, perché siamo orgogliosi di presentare, condividere e divulgare il patrimonio musicale e culturale del nostro Paese, che forse non è ancora ben noto al pubblico italiano”.
Del Meeting di Rimini e di tutto quello che vi accade da oltre tre decenni, i religiosi sanno davvero poco: “Lo conosciamo come una manifestazione internazionale culturale e religiosa che unisce molte culture diverse, coinvolgendo persone e uomini di cultura e di fedi molto diverse”. Ma, evidentemente, quel poco è sufficiente per farli arrivare in Italia motivati e concentrati.
La serata proposta dalla compagine di San Pietroburgo si basa su un profondo lavoro di analisi e ricerca vocale-filologica su canoni sacri, ma anche su canzoni popolari dell’immenso patrimonio russo, narrazioni legate alle stagioni e all’amore, ai lavori e ai personaggi, rifacendosi anche alla tradizione dei grandi compositori russi dell’Ottocento e dei primi del Novecento. Il programma della serata comprende così l’esecuzione di tre momenti dei Vespri di Sergej Vasil’evic Rachmaninov (op. 37, 1915), canzoni liturgiche della tradizione ortodossa tra cui canzoni popolari russe dedicate alla natura (“Volano le gru”), alla vita dei soldati (“Ehi tu, mio campo”) e alla vita dei battellieri del Volga (“Su, forza”). Ormai decisamente noti in patria, i coristi ortodossi provano al Meeting a confrontarsi con un pubblico radicalmente diverso, più avvezzo alle piadine ed alla musica pop che alla intensità tormentata dei canti dell’antica Russia.
Cosa si attendono dall’incontro con il pubblico italiano? “Crediamo che la proposta della tradizione ortodossa possa essere ben compresa e apprezzata anche in Italia, perché in fin dei conti molti dei nostri compositori sacri o di musica classica hanno avuto un’educazione in Occidente e hanno vissuto in Italia o Europa. La diversità delle tradizioni, che ovviamente esiste ed è importante, si può quindi stemperare nella profonda affinità delle nostre culture musicali e religiose”. Unità e diversità, quindi. Ma sempre sotto il “sole” della bellezza, che ogni cosa può illuminare. Anche nel bel mezzo di anni di buia crisi.