“Ali di liberta” e’ il quindicesimo disco che (da solo o in compagnia) porta il nome di Massimo Priviero, cantautore di pura vena rock dalla carriera artistica che ormai (il suo esordio, San Valentino, e’ del 1988) compie 25anni. Nel suo passato ci stanno collaborazioni importanti (Little Steven, Lucio Violino Fabbri, Massimo Bubola, i Gang dei fratelli Severini), mentre nel suo presente ci sono, in perfetta continuità, canzoni che profumano di storie, di speranze, di nostalgie, di accanimento, di debolezze e di coraggio. Dodici canzoni, nel nuovo cd, in cui le chitarre suonano come chitarre, in cui il pianoforte ha un compito romantico ben preciso, in cui il violino di Michele Gazich aggiunge note di romantico ed evocativo folk-rock, in cui – si potrebbe dire da circensi- non c’è trucco e non c’e inganno: musica che nasce e arriva integra e senza finzioni, senza calcoli di marketing, senza campionamenti, senza tentennamenti. Ascoltare i suoi dischi significa, oggi come qualche anno fa, essere catturati nuovamente dal suono che e’ dei grandi del rock americano, e infatti Dylan e Springsteen in canzoni come la title track e Il mare (che si apre con uno schema che ricorda Thunder Road), in Occhi di bambino e Apri le braccia, cui ogni tanto si può solo imputare il difetto di una certa prevedibilità. Nell’universo di Priviero c’è una religiosità accanita e attaccata alla speranza. In questo disco questa spiritualità esplode in una delle canzoni più forti, Madre proteggi, un brano che procede con un maestoso crescendo e che si attacca alla pelle con l’emozione forte di una preghiera coraggiosa: “Madre degli innocenti, ogni giorno traditi. Madre del offesi, che non hanno peccati. Madre dei guerrieri, che non voglion sparare. Madre dei malati, che sapranno guarire… Madre proteggi, questa vita mia. Madre carissima, Madre mia”. La vena migliore Priviero la mostra in tre pezzi: Alzati, trascinante ballata rock da perfetta esibizione live, In verità, che ha un impatto davvero potente e Io sono là. Quest’ultima e’ forse (per chi scrive) il pezzo da 90 del disco, con un testo che più di altri conferma l’anima integra, ribelle e fortemente libera di Massimo: “Io sono là, e la mia guerra non e’ mai finita. Io sono la e la mia storia non si e’ mai venduta. La dove vive ancora la mia gente. La dove il mondo e’ nella sua follia. La dove un popolo respira ancora. La dove dicono c’e democrazia”. Chitarre, tastiere, fisarmonica, incedere lento, batteria in stile marcia militare, un grido di dignità profondo e vibrante: ecco una canzone-identikit, perfetta per questo disco e per il Massimo-cantautore. Priviero dice sempre che il suo tentativo e’ di far convivere rock e poesia.
Quando parla di “poesia” questo atipico cantautore veneto trapiantato a Milano si riferisce probabilmente a qualcosa che e’ un insieme di storia e di storie, di personaggi (da padre Turoldo a Rigoni Stern, dalle vicende della sua famiglia a quelle del nostro tempo, dai soldati italiani della ritirata di Russia a Madre Teresa) e di valori, di nostalgie e di propositi, di integrità e di valori che non hanno più molto spazio nella canzone italiana. Istintivamente indifeso, tremendamente diretto, Priviero ha con questo album aggiunto un tassello a quella biblioteca musicale che potremmo immaginare composta di dischi “duri e puri”, figli della necessità di comunicare e condividere coraggio e speranza, sapendo che non saremo mai né i primi né gli ultimi sulla strada tortuosa della vita e che nessuno si sostituirà alla libertà di costruire o distruggere. Il suo primo comandamento rimane quello di uno dei suoi dischi più belli, Nessuna resa mai. Anche questo nuovo disco ne conferma il coraggio, l’energia e l’umanità.