Su questa testata abbiamo già parlato della Sagra Musicale Umbra, soffermandoci sulle sue caratteristiche e soprattutto sul concerto per gli ottanta anni di Krysztof Penderecki. Su altre ho recensito lo spettacolo che ha attratto più pubblico e suscitato maggiori emozioni (Curlew River di Benjamin Britten eseguito in forma scenica, ma seguendo pedissequamente le istruzioni dell’autore nella Chiesa Templare di San Bevignate ai piedi di Perugia). La Sagra si è estesa dal 15 al 25 settembre, con circa venti appuntamenti in dieci giorni in quasi tutte le città della “verde Umbria” (tranne Spoleto che si è sempre considerata un Ducato indipendente). Nonostante sia stata realizzata con mezzi finanziari molto esegui, ha mantenuto la propria tradizione di innovazione e rigore nell’aderenza ad un programma “di musica dello spirito” con scelte accurate di concerti e di esecutori- non prendendo la prima orchestra straniera di passaggio nei dintorni perché replichi il proprio repertorio (come avvenuto anche quest’anno, ad esempio) al MiTo. Innovazione vuol dire anche proporre novità.



Se si legge la storia della Sagra scritta da Andrew Starling, ci si accorge che moltissimi lavori sinfonico-corali, oggi ben conosciuti, non erano mai stati eseguiti in Italia e l’elenco delle prime esecuzioni italiane alla Sagra Musicale Umbra è davvero impressionante: comprende composizioni di Bach (la Passione secondo Giovanni, gli Oratori di Natale e di Pasqua e la ricostruzione della Passione secondo Marco), Berlioz (L’enfance du Christ), Biber (la monumentale Missa salisburgensis a 53 parti, attribuita all’epoca ad Orazio Benevoli), Britten (il War Requiem, con la partecipazione dello stesso autore, insieme alle tre Church Parables), Bruckner (la Messa n. 3), Dvorák (il Requiem, il Te Deum e l’oratorio Santa Ludmilla), Elgar (The Dream of Gerontius), Françaix (L’apocalypse selon St-Jean), Fauré (l’opera Prométhée), Górecki (Beatus Vir), Haendel (la pressochè totalità dei suoi oratori e forsanche la Brockes-Passion), Haydn (Nelson-Messe e Pauken-Messe), Honegger (La danse des morts), Janácek (la Messa Glagolitica e l’opera Da una casa di morti), Mahler (la ricostruita Sinfonia n. 10), Martinu (I miracoli di Maria), Mendelssohn (la Sinfonia n. 2, Lobgesang), Menotti (l’opera da camera Martin’s Lie), Milhaud (Opus americanum e Pacem in terris), Mozart (la Messa in do minore), Pfitzner (l’opera Palestrina), Schoenberg (Gurrelieder), Schubert (l’opera Fierabras), Stockhausen (Stimmung), Szymanowski (Stabat Mater) e Tchaikovsky (l’opera La pulzella d’Orléans). Tra i compositori con lavori in prima esecuzione assoluta durante i primi 40 anni, troviamo Luciano Berio, Pablo Casals (una prima europea), Mario Castelnuovo-Tedesco, Niccolò Castiglioni, Peter Maxwell Davies, Giorgio Federico Ghedini (il Credo di Perugia, diretto da Celibidache), Paul Hindemith (una prima europea), Frank Martin, Darius Milhaud, Krzysztof Penderecki, Goffredo Petrassi, Ildebrando Pizzetti, Nino Rota e Karlheinz Stockhausen.

Quest’anno possono considerarsi “prime esecuzioni” le trascrizioni di lavori wagneriani proposte il 20 settembre (dopo un concerto wagneriano piuttosto tradizionale presentato ad inaugurazione della manifestazione al Teatro Morlacchi di Perugia il 15 settembre). Dedicata alla musica dello spirito, la Sagra non poteva ignorare Wagner nell’anno del bicentenario dalla nascita. Non avendo i mezzi per mettere in scena una delle sue opere – ad esempio la più “spirituale” Parsifal – ha risolto il problema in modo elegante e raffinato.

Nel recente Teatro Cuccinelli di Solomeo (costruito da un imprenditore filantropo in un piccolo borgo nei pressi di Perugia ed inaugurato nel 2008), la Sagra ha offerto un concerto di trascrizioni per pianoforte da Parsifal, Valchiria e, nel bis, da Tristano ed Isotta. La prima a quattro mani; la seconda per due piani. Molto interessante la trascrizione da Parsifal: lavoro di Engelbert Humperdink che collaborò strettamente con il compositore per il primo allestimento della “sacra rappresentazione in musica” e fece la trascrizione subito dopo la sua morte, dedicandola alla famiglia Wagner. Di livello anche i brani tratti dalla trascrizione di Valchiria, opera di Hermann Behn, avvocato di successo e pianista (dicono i testi che lo ricordano) di qualità. Buona, ma senza particolare caratteristica, la “morte di Isotta”. Al pianoforte (ed ai pianoforti per Valchiria) Alessandra Gentile (giovane perugina titolare di cattedra al conservatorio di Parma) e Cord Garben (pianista tedesco con una lunga carriera ed una vasta discografia con la Deutsche Grammophone. Durante il concerto, sullo sfondo del palcoscenico sono state proiettati dipinti, attinenti alle opere, di Arthur Rackman e Willy Pogany.

Altra novità, almeno per l’Italia, il concerto del 21 settembre nell’Abbazia di San Gemini del complesso Amarcord: nulla di felliniano, ma un complesso vocale a cappella di Amburgo con due tenori, un baritono e due bassi (Wolfram and Martin Lattke, Frank Ozimek, Daniel Knaut and Holker Kraus). Hanno presentato un programma di un millennio di musica religiosa (dalla medioevale Ildegarda von Binger, ai rinascimentali Thomas Tallis, Sixt Dietrich, Pierre de la Rue sino a John Taverner e Marcus Botho Ludwig) seguendo non una sequenza temporale ma giustapposizioni tematiche. Infine, una vera chicca è la Liturgia dell’Antica Festa della Trasfigurazione presentata il 22 settembre dal coro La Stagione Armonica diretto da Sergio Balestracci nel Santuario della Madonna dei Miracoli: la Messa della Trasfigurazione di Palestrina, intercalata con mottetti di Tomas Luis de Victoria, Luca Marenzo e Cristobal de Morales.