A memoria d’uomo, non si ricorda il caso di un artista rock che, in mezzo a un tour dopo aver suonato per circa un mese sempre le stesse canzoni con pochissime varianti (un pezzo in tutto, come successo a Milano) improvvisamente cancelli totalmente quei brani e improvvisi interamente la scaletta con pezzi mai suonati prima in quel tour. E’ quello che è successo ieri sera a Roma, primo di due concerti di Bob Dylan nella capitale dopo la trionfale residenza a Milano agli Arcimboldi per tre sere consecutive. 



Possiamo immaginare lo shock che è serpeggiato nel pubblico ieri sera, e ci si domanda cosa sia passato nella testa del cantautore americano. Già a Milano rispetto alle serate precedenti (a Berlino ad esempio aveva suonato anche lì per tre sere consecutive, ma senza mai cambiare una sola canzone in scaletta) si era percepito l’inizio di un cambiamento: ogni sera infatti aveva inserito un pezzo mai suonato in precedenza. E che spezzi: Desolation Row, Visions of Johanna e Hard Rain. Un evidente omaggio al pubblico italiano, si era pensato, uno dei più affezionati a lui.



Sembra ovvio, a chi conosce un po’ Dylan, che sia stato non solo un caso di un legame affettivo con la città: nel 1984, dopo avervi suonato per la prima volta, Dylan comprò un appartamento in Piazza di Spagna che forse possiede ancora. Roma è l’unica città italiana citata in una sua canzone, anche se ieri sera non l’ha suonata, When I Paint My Masterpiece, ma è facile che la faccia stasera. Infine fu a Roma che si recò, nel 1962, giovinetto sconosciuto a tutti, a cercare la sua fidanzata Suzie Rotolo che era fuggita proprio in Italia e dove secondo le leggende si esibì nel Folkstudio trasteverino. Ieri sera poi ha eseguito Boots of Spanish Leather, scritta per Suzie proprio in quei giorni del 1962 quando si trovava in Italia. Abbastanza per eseguire un concerto così folle come quello di ieri? 



Non lo sappiamo: chi c’era dice che Dylan era insolitamente allegro, sorridente e scherzoso, come se fosse consapevole dello scherzo che aveva messo in atto ai suoi tanti fan e si trovasse un po’ a casa sua. I quali fan di stretta osservanza, sicuramente, sono stati omaggiati ieri sera da Dylan: si sa che in diversi lo seguono per tutte le date di un tour, non solo sperando in un cambiamento di scaletta, ma anche per vederlo in azione, ammirare le sue rughe, percepire nelle sue movenze sul palco qualche messaggio misterioso rivolto solo a loro. Ecco che ieri sera li ha ripagati di tanta strada fatta e di tanti soldi spesi con una scaletta del tutto inedita.

Va detto che i pezzi suonati ieri sera fanno parte da decenni del repertorio dell’artista: nessun brano inedito, nessuna rarità assoluta. La canzone che mancava da più tempo nella sua set list non veniva suonata da solo tre anni, le altre anche da meno. Certo, ascoltare Queen Jane Approximately (forse mai suonata prima in Italia) o la meravigliosa Every Grain of Sand deve essere stato uno shock emozionale non da poco. Va detto ancora che la sua band ha dimostrato ancora una volta di essere formati da musicisti di capacità superiore alla norma, straordinari ad adattarsi da una sera all’altra a canzoni che non suonavano da anni, certamente la miglior rock band oggi in circolazione. Ieri sera a Roma ha passat tutta la sua storia musicale, dal 1963 a oggi. Mica poco.

Che dobbiamo dire noi milanesi? Riprendere gli immortali versi di Alberto Fortis (“Io vi odio voi romani io vi odio tutti quanti”)? Certamente no (peraltro Fortis era presente ai concerti milanesi), anzi rispetto ai romani possiamo dire che a noi ha offerto molti brani veramente inediti, quelli del suo ultimo disco “Tempest” che invece a Roma non ha fatto, ma che probabilmente farà comunque stasera.

Il sottoscritto si dispera un po’, ma si tiene calda nel cuore la tripla esibizione più folgorante che Dylan abbia fatto da dieci anni a questa parte, quella Long and Wasted Years suonata per tre sere a Milano. E con un pizzico di invidia augura buona scaletta a tutti quelli che seguiranno Dylan nei prossimi concerti… Sperando non trovino conferma i rumors che già si aggirano sulla Rete: ecco, sta facendo queste scalette che riprendono tutta la sua carriera perché questo è l’ultimo tour, l’addio alle scene (chi scrive, ha sentito questa diceria sin dal 1981, e siamo ancora tutti qua, Bob Dylan compreso). Ma il mistero,come dicevamo in un precedente articolo, è tutt’ora in azione  e con Dylan, vecchio riverboat gambler, non si scommette. Ha sempre la mano vincente fra le sue dita.

(Paolo Vites) 

Ma a Roma ieri è stata l’apoteosi e il caos. Ecco la scaletta di ieri sera.

Atlantico, Rome, Italy: November 6, 2013

  • 1. Leopard-Skin Pill-Box Hat
  • 2. Don’t Think Twice, It’s All Right
  • 3. Watching The River Flow
  • 4. Blind Willie McTell *
  • 5. Honest With Me
  • 6. Make You Feel My Love
  • 7. Tweedle Dee & Tweedle Dum
  • 8. Queen Jane Approximately
  • 9. Highway 61 Revisited
  • (Intermission)
  • 10. Just Like Tom Thumb’s Blues
  • 11. Ain’t Talkin’
  • 12. Most Likely You Go Your Way (And I’ll Go Mine)
  • 13. Boots Of Spanish Leather
  • 14. The Levee’s Gonna Break
  • 15. Every Grain Of Sand
  • 16. Like A Rolling Stone
  • (encore)
  • 17. All Along The Watchtower *