Parlare dei colori del nostro quotidiano è uno di quei temi che contengono moltitudini e qualsiasi possibile contraddizione. Tutto e il contrario di tutto, il fascino della scoperta di una vita o l’esercizio di stile, il colpo al cuore o la limitazione gestionale di quella irriducibile fortezza dell’anima. Ma i colori nella nostra vita di tutti i giorni come persone e centri inesauribili d’affetti sono innanzitutto il risultato prezioso e insostituibile di un grande confronto giocato sul piano della ricerca dell’altro come tesoro. E allora un’occhiata diventa un ricambio di sguardi, un concentrato di profumi, d’atmosfera, di odori e per l’appunto di colori, contorni, sfumature rimaste attaccate nel profondo di quello scambio sconvolgente di vite.
Niente può esser più come prima e da quel momento lo sguardo è trapassato da un altro sguardo. Tutto questo forse è amore o forse è musica, o forse ancora – come qualcuno ha detto – musica come suprema forma di amore, bacino inesauribile di senso. Se così è allora magari è persino possibile cominciare a raccogliere quei frammenti di senso nelle note dell’esordiente Luca Poletti, talentuoso pianista trentino allevato nell’elegante scuderia di Roberto Cipelli e Paolo Fresu e catapultato nel vasto mondo dei suoni insieme a compagni di viaggio (gli ottimi Stefano Senni al contrabbasso e Matteo Giordani alla batteria) per dar vita a un trio dall’affiatamento non comune e dalle elevate potenzialità.
Una introduzione che ripercorre i tempi d’oro della musica con un veloce saliscendi tra stazioni di una vecchia radio tipo Phonola, poi alcuni brevi preludi in funzione perlopiù di semplici flash introducono i temi maggiori. E’ sufficiente lasciare entrare quel concentrato sonoro con la dovuta attenzione per accorgersi che in questo artista si attua quel rimando continuo che è tipico di chi dona agli altri il proprio mondo che è già un altro mondo, un acconto del grande mistero sotto mentite e quasi ironiche spoglie. Colors è il bel debutto che racchiude questa intenzione.
Si ascolti l’inizio di Strolling Around con quel moto costante che sotto il segno del brillante playing del nostro e di una band registrata al millimetro, si disimpegna con agio tra classic jazz e canoni swing. A seguire una Raining Grey dal forte taglio cinematografico che fluisce come una jazz serenade tra veloci break pianistici e un maiuscolo Fresu a tromba e flicorno, quasi un ritratto delle grandi metropoli americane immortalate da una cinepresa curiosa e clandestina. O ancora una Bastian oirartnoc che offre una variazione ancora più vivace e sciolta del citato brano d’apertura grazie a un sax che pesca suggerimenti egualmente ripartiti tra Brasile e free-jazz con lo sfondo di un piano inizialmente misurato poi via via sempre più frenetico.
This is for You è l’inattesa sortita del canto puro all’interno di un disco concepito in forma strumentale quasi a formare il paio con l’impronta filmica di Raining Grey. Ecco allora una canzone che si snoda con la potenza evocativa di uno standard tra ampie melodie che rincorrono scena newyorchese, epopea musical ed echi di Manhattan Transfer. A incorniciare il tutto una grande performance vocale di Annika Borsetto che brucia e consuma come una confessione a cuore aperto.
E’ un lavoro eterogeneo nell’accezione positiva del termine dove il cambio d’abito e di scenografia sembra andare di pari passo con il variare di situazioni e fasi di vita. In questo senso Preludio a Leo/Leoè un inno alla vita che nasce e sboccia davanti a uno sguardo – come potrebbe essere il nostro – stupefatto e quasi incredulo. Una melodia che da giocosa e fanciullesca si apre nel finale ad un susseguirsi di accordi impetuosi e incontenibili chiudendo con un diminuendo simile ad un lullaby-carillion.
Nella parte finale del disco c’è spazio per una Sold 20% che, nell’economia di un lavoro teso e multiforme, si lancia in un tour de force il cui groove spazia dalla fusion al funky alla big-band. L’effetto è quello di una fantasia di colori ed umori dove fa capolino l’anima festosa di certi Weather Report favorita dalla pronuncia marcata del Rhodes di un Poletti che insegue visioni seventies.
L’epilogo vede lo spegnimento dell’apparecchio radio ascoltato nell’introduzione ma in realtà il disco si concede una coda di quattro minuti con l’atipica title track Colors dove il solo Poletti riassume al pianoforte alcuni momenti salienti di quello che fornisce la primaria sostanza cromatica al lavoro. Alcuni dei temi distintivi vengono accennati in rapida sequenza ricordando quell’esercizio naturale che il nostro cuore e la nostra mente fanno sotto forma di rapido richiamo in quello spazio segreto tra l’ultimo stato di coscienza e il sonno quotidiano. Quello spazio segreto come una semplice preghiera del cuore dove ognuno di noi porta il suo inesauribile serbatoio di colori e desideri.