Mentre la produzione de ‘L’Anello del Nibelungo’ a Palermo – si è sino ad ora visto il ‘Prologo’ e ‘La Prima Giornata’, ossia le due prime opere della tetralogia – suscita alcune perplessità sotto il profilo sia drammaturgico sia musicale, ‘L’Oro del Reno’ in scena a Roma per tre sere (sino al 27 febbraio) nella stagione concertistica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, è da raccomandare senza esitazione per varie ragioni.
In primo luogo, la produzione (anche se in forma di concerto) è un anticipo di quanto si vedrà al Festival di Bayreuth questa estate per celebrare il bicentario della nascita di Wagner. Concerta il giovane siberiano Kirill Petrenko, che nel 2010 entusiasmò il pubblico romano con la sua concertazione di Stravinski e Šostakovi . A soli 27 anni Petrenko è balzato agli onori della cronaca musicale per aver eseguito l’intera Tetralogia in quattro serate consecutive con quattro differenti orchestre (una vera esibizione di virtuosismo). Interpreti di rango sono impegnati in questa produzione dell’Accademia come Wolfgang Koch (Wotan) Martin Tzonev (Donner) Endrik Wottrich (Froh) Peter Galliard (Loge) Andreas Scheibner (Alberich) Kurt Azesberger (Mime) Roman Astakhov (Fasolt) Dirk Aleschus (Fafner) Ulrike Helzel (Fricka) Nina Bernsteiner (Freia) Andrea Bönig (Erda) Talia Or (Woglinde) Dagmar Peckova (Wellgunde) Hermine Haselböck (Flosshilde). A Bayreuth, l’allestimento scenico (sui cui contenuti vige il top secret) verrà firmato da Frank Castorf, uno dei più apprezzati registi della Germania federale. In questa settimane, i wagneriani italiani che hanno avuto un riscontro negativo dalla biglietteria del Festival (la lista d’attesa per i normali canali commerciali è di circa sette anni), si rivolgono o ad agenzie specializzate (come ‘Sipario’ ed ‘Euridice’) per l’acquisto di un biglietto o alle due associazioni in memoria del compositore che operano rispettivamente a Milano ed a Venezia nella speranza che qualcuno rinunci al proprio posto. La produzione romana del ‘Prologo’ della ‘tetralogia’ indica che ne vale la pena. Se l’allestimento scenico non tradisce gli intenti dell’autori (ma Castorf non ha mai presentato regie stravaganti o troppo trasgressive), quello del bicentenario dalla nascita di Wagner segnerà un punto fermo nell’esecuzione del lavoro.
Così come l’edizione del 1976 (centenario della prima rappresentazione della tetralogia nella piccola città della Baviera settentrionale), ancora ammirabile in DvD, rappresentò una svolta , imitata da molti registi e direttori d’orchestra per un trentennio, ma mai eguagliata.
In secondo luogo, l’esecuzione in forma di concerto, da un lato, evita i numerosi trabocchetti di un’opera di due ore e mezzo in cui si spazia dalle acque più profonde del Reno, alla Reggia degli Dei germanici, alle viscere infernali della terra e, da un altro, permette di apprezzare a pieno il valore ancor oggi innovativo della partitura. La formazione dell’orchestra è come voluto da Wagner non ridotta, come ne ‘L’Anello Palermitano’. I tempi sono quelli prescritti dal compositore non dilatati come nell’edizione in corso alla Scala. Sin dalle 16 battute iniziali, si avverte che Kirill Petrenko (prescelto per dirigere ‘L’Anello’ a Bayreuth per i prossimi quattro anni ed in procinto di diventare, a 41 anni, Generalmusikdirektor della Staatsoper di Monaco di Baviera – uno degli incarichi di maggior prestigio nel mondo della musica) dà una lettura di grande spessore alla partiture. Altrove, in una testata tecnica, ho scritto che eguaglia quella di Georg Solti per equilibrio tra vastità spaziale e ricamo quasi cameristico dei momenti più lirici. L’orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha fornito una prova superlativa. Circa vent’anni fa, la avevo ascoltata ne ‘L’Oro del Reno’ diretto da Giuseppe Sinopoli- un’interpretazione filosofica molto differente da quella solare e trascendente di Petrenko.
In terzo luogo, in questi ultimi anni ‘L’Anello ‘ è stato presentato in versioni da ‘Guerre Stellari’ (Firenze-Valencia) , da ‘lotta di classe’ (Scala-Berlino) , pura fiaba (Metropolitan). Al pari dell’edizione presentata nel 2006-2010 a Aix en Provence e Salisburgo, con la regia di di Stéphane Braunschweig e Sir Simon Rattle alla guida dei Berliner Philarmoniker nella buca d’orchestra, questo ‘Oro del Reno’ ha una visione trascendente. Ci ricorda che Wagner (nonostante i suoi peccatucci di soldi e di donne) era un fervente luterano con venature buddiste negli ultimi anni, da giovane aveva scritto e composto una cantata scenica sull’Ultima Cena e scritto un libretto per un’opera su ‘Gesù di Nazareth’ mai messa in musica.
Ottimo il cast di questo splendente ‘Oro del Reno’.