Il Capo dello Stato, non potendo essere presente di persona in ragione del delicato momento politico, ha voluto fare sentire la propria voce in due concerti di abbonamento, quelli del 10 e del 17 marzo (replicati rispettivamente l’11 ed il 18 marco) e a uno straordinario fuori abbonamento (quello del 16 marzo) dell’Orchestra Sinfonica di Roma della Fondazione Roma, Arte-Musei. I primi due sono stati dedicati dall’Orchestra all’associazione che assiste i malati di Alzheimer e gli anziani fragili. Il terzo è stato un concerto di beneficienza a favore dell’Associazione Fate Bene Fratelli.



I primi due sono state concerti-lezione per gli abbonati di circa tre ore (senza intervallo ciascuno) in cui il Maestro Francesco La Vecchia e l’Orchestra hanno ricostruito la storia della musica sinfonica dal Cinquecento a oggi ponendo l’accento sulle lontane origini italiane e sulla riscoperta del sinfonismo italiano del Novecento, di cui l’orchestra sta incidendo l’integrale per due importanti case discografiche internazionali (la Sony e la Naxos) – un progetto di lungo periodo ma per il quale l’orchestra ha già preso 12 importanti premi internazionali. Il concerto straordinario ha coniugato tre sinfonie verdiane (Traviata, Nabucco, Luisa Miller con la settima sinfonia di Beethoven).



Molti dei nostri lettori non conoscono l’Orchestra Sinfonica di Roma perché è un complesso relativamente giovane che il 22 novembre 2012 ha celebrato il decennale dalla nascita. È soprattutto l’unica orchestra sinfonica interamente privata in Europa continentale e la sola in Italia a non avere un euro di contributo pubblico. È il frutto del lavoro di un accademico banchiere, Emmanuele Emmanuele, appassionato d’arte e di un gruppo di musicisti guidati da Francesco La Vecchia. Quando è iniziata la loro avventura, molti li hanno snobbati. Pensare di fare nascere un’orchestra sinfonica puramente privata, in grado di reggersi sulle proprie gambe, partendo con un gruppo di giovani appena usciti dai conservatori, era considerato poco “politically correct”. Anche perché i “ragazzi” (così li chiamavano) e il loro animatore, il direttore d’orchestra Francesco La Vecchia, non andavano a bussare alla porta di Pantalone, nelle sue varie vesti e guise (Stato, Regione, Provincia, Comune), ma pensavano di farcela con il contributo di privati e con gli incassi. Hanno trovato un mecenate, la Fondazione Roma Arte-Musei, che oggi, visti i risultati, stanzia quasi 4 milioni d’euro l’anno per l’intrapresa (a titolo di raffronto, il bilancio dell’Accademia di Santa Cecilia supera i 50 milioni d’euro l’anno, di cui due terzi pubblici). È anche una delle rare formazioni musicali che, di questi tempi, assume; sono in corso audizioni per dieci strumentisti (il termine per presentare candidature è scaduto il 18 febbraio scorso).



I “ragazzi” (di allora) hanno iniziato nel novembre 2002, realizzando le prime stagioni al Teatro Argentina e al Teatro Sistina. Hanno poi rimesso a nuovo l’Auditorium di Via della Conciliazione, inizialmente concepito per le udienze papali del Giubileo del 1950 e diventato, in seguito, per circa mezzo secolo, sede dei concerti sinfonici dell’Accademia di Santa Cecilia (ora trasferitasi al Parco della Musica). L’Auditorium di Via della Conciliazione (circa 2000 posti) è stato migliorato sia nell’aspetto sia nell’acustica. Da novembre a giugno, i “ragazzi” (ormai quarantenni o quasi) vi suonano la domenica pomeriggio alle 17.30 e il lunedì sera alle 20.30; la sala strabocca di giovani (e anche di anziani) a ragione in gran misura della politica di prezzi: per 30 concerti, l’abbonamento intero è 300 euro (poco più di un posto in platea o palco per una sola serata alla Scala), ma per gli studenti è 100 euro e per chi ha più di 65 anni 180 euro. Per i singoli concerti, il biglietto intero è di 20 euro, quello ridotto (per studenti e anziani) 15. Di recente ero a un concerto con un noto direttore di teatri d’opera americano: non conosceva l’orchestra – la sera prima eravamo stati ad un concerto alla sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia- ed è rimasto colpito dalla coesione degli orchestrali: da 11 anni suonano insieme almeno cinque giorni la settimana tra concerti della “stagione” di abbonamento, concerti straordinari di beneficienza e concerti in luoghi di sofferenza (come gli ospedali e gli istituti di detenzione e pena).

I programmi coniugano la grande musica tradizionale dell’Ottocento e del Settecento con il Novecento; importante la riscoperta di Martucci, compositore italiano grandissimo ma che nel nostro Paese era stato coperto da una coltre di oblio, nonché le integrali di Casella e Petrassi (tutte curate da grandi case discografiche come la Sony e la Naxos). Una ventata d’aria nuova che mancava nella capitale da quando è stata chiusa la formazione romana dell’Orchestra Sinfonica della Rai. Ha innescato competizione nel mercato della musica. I costi di produzione sono tenuti bassi da un organico amministrativo all’osso (una decina di dipendenti). L’orchestra ha acquisito tale autorevolezza da essere stata invitata ad esibirsi all’estero – a San Pietroburgo, a Bruxelles, a Madrid (in un concerto presso l’Auditorio Nacional de Música alla presenza della Regina), in Brasile, ad Atene, a Londra (nella sede della Royal Philharmonic Orchestra) e alla Großer Saal della Philharmonie a Berlino, a Vienna, a Washington e New York. Una bella storia per incoraggiarsi a uscire dal declino.

Alla fine del proprio mandato al Quirinale, Napolitano ha certamente inteso premiare tre aspetti di questo lavoro: a) la professionalità e la coesione con cui l’équipe è diventata competitiva su piano internazionale , pur con budget molto ristretti; b) la riscoperta di un repertorio italiano che, pur se suonato all’estero, in Italia è stato coperto per decenni da una coltre di oblio e c) le attività sociali a favore di chi soffre che svolge l’orchestrale. E’ un segnale politico importante che non riguarda solo il mondo delle arti.