In una recente serie di conferenze-concerti dell’Orchestra Sinfonica di Roma, della Fondazione Roma Arte-Musei, Francesco La Vecchia ha ricordato che in tutto il mondo edin tutte le epoche la musica nasce come connessa a servizi religiosi o soprattutto a preghiere. Specialmente quella della tradizione cristiana, che ha due momenti particolarmente alti: il Natale e la Pasqua.
Quindi, in questo periodo, in tutto il mondo cristiano, non solo in Italia o in Europa, fervono i festival di musica pasquale. Per restare nella Penisola, senza la pretesa di essere esaustivi, segnaliamo alcuni appuntamenti
Giovedì Santo. Lo Stabat Mater nelle sue varie declinazioni musicali, è la commozione che più compare nelle locandine. In particolare la versione datata 1876 di Antonin Dvorák. Nel giorno in cui si ricorda l’istituzione dell’Eucarestia la si ascolterà questa sera alle 20.30 nella chiesa di Santo Stefano al Ponte Vecchio a Firenze: il coro del Maggio musicale fiorentino e i solisti Sarina Rausa, Nadia Sturlese, Carlo Messeri e Pietro Simone saranno diretti da Lorenzo Fratini e accompagnati al pianoforte da Andrea Secchi. Il capolavoro di Dvorák, ma questa volta nella versione per orchestra e coro, risuonerà al Carlo Felice di Genova con i complessi musicali del teatro ligure diretti da Johannes Wildner. Le voci saranno quelle di Serena Gamberoni, Annunziata Vestri, Francesco Meli e Andrea Mastroni.
Venerdì Santo. Lo Stabat Mater del compositore boemo risuona anche nel giorno nel quale si fa memoria della morte in croce di Cristo. A proporla orchestra e coro del Teatro Lirico di Cagliari diretti da Hansjorg Schellenberger. Un altro capolavoro sul significato della morte è la Messa da requiem di Giuseppe Verdi: la si ascolterà alle 20.30 al Teatro Manzoni di Bologna proposta da orchestra e coro del Teatro Comunale agli ordini di Michele Mariotti. Radostina Nikolaeva, Veronica Simeoni, Aquiles Machado e Sergey Artamonov le voci soliste. Verdi, di cui nel 2013 si celebrano i duecento anni della nascita, anche nel cartellone del Massimo Bellini di Catania: i Quattro pezzi sacri del maestro risuonano alle 21 (replica sabato alle 17.30) diretti da Fabrizio Maria Carminati. I duecento anni di Verdi, ma anche di Richard Wagner. Il Teatro Regio di Parma propone il terzo atto del Parsifal , quello che culmina nell’Incantesimo del Venerdì Santo, in forma di concerto: la bacchetta di Juraj Valchua guiderà la Filarmonica Toscanini, il coro del Regio e le voci di Robert Dean Smith (Parsifal), Gerd Grochowski (Amfortas), Stephen Milling (Gurnemanz) e Alisa Zjnovieva (Kundry).
Parsifal è il dramma in musica per eccellenza per accompagnare la Pasqua. E’ in scena in quasi tutti i teatri del mondo germanico ed anche al Metropolitan di New York. La sera del 26 marzo, è stata presentata, nel canale televisivo ‘classica’, una ‘diretta’ dal Festival di Pasqua di Salisburgo: ottima l’esecuzione musicale, affidata a Christian Thielemann, ma quanto mai discutibile il fantascientifica allestimento scenico.
Parsifal siamo del cuore del mondo del Graal, il Calice in cui Giuseppe d’Arimatea ha raccolto il sangue di Cristo ma il peccato è più che mai in agguato – Kundry, la protagonista femminile, ha riso sul volto di Cristo sul Golgota ed è stata “condannata a non morire” sino a quanto non verrà “redenta”, Klingsor, un cavaliere del Graal diventato arma del demonio si è auto castrato perché non poteva resistere alla tentazione carnale (un requisito per essere cavaliere del Graal) ed ora, minaccia il Tempio, ha ferito l’erede al Regno del Graal, Amfortas, con piaghe che progressivamente impediscono a quest’ultimo di celebrare l’Eucarestia; può essere vinto unicamente da un “puro folle”, per l’appunto l’innocente selvatico Parsifal che necessità una lunga iniziazione per comprendere il mistero dell’Eucarestia, distruggere il Castello di Klingsor, purificare Kundry (e consentirle di morire serenamente) e Amfortas e prendere il suo posto e nella celebrazione dell’Eucarestia e nella guida del Regno del Graal. La conclusione è, però, “aperta”, forte segno di appartenere alla cultura occidentale (nonostante il lavoro abbia venature buddiste): i Cavalieri del Graal, i loro paggi, i protagonisti ed una voce dell’alto invocano Erlösung dem Erlôser! (Redenzione al Redentore!), una visione quasi più buddista che cristiana secondo cui il Redentore deve essere continuamente lui stesso “redento” dall’umanità. In Parsifal, infine, il contrasto tra il mondo pagano del peccato e quello cristiano della purificazione e della redenzione è accentuato in quando il mondo del Graal è diatonico come quello dei Die Meistersinger, mentre quello di Klingsor e di Kundry (nei primi due atti) è cromatico come in Tristan und Isolde.
Quando ero adolescente, in Italia, e in particolare a Roma, Parsifal si ascoltava prevalentemente nell’edizione in versione ritmica italiana (tagliata ma disponibile anche in dischi) diretta da Tullio Serafin e con Maria Callas nel ruolo di Kundry. Il Maestro Lovro von Matatic cominciò negli Anni Sessanta ad eseguirlo in versione integrale ed in lingua originale. Diventò compagno abituale delle mie Settimane Sante da quando, all’inizio degli Anni Settanta, – allora vivevo a Washington – uscì l’edizione stereofonica diretta da Georg Solti, un vero prodigio (anche tecnologico) per l’epoca, seguita a ruota da quelle di von Karajan e Boulez. Il terzo atto diParsifal si svolge il Venerdì Santo: celebra, con la purificazione, anche la rigenerazione primaverile della natura.
In Italia, ci sono state une esecuzioni memorabili degli ultimi anni. Andando a ritroso restano impresse quella (in versioni da concerto) nel novembre 2008 e quella a Venezia nel marzo 2005. Occorre prendere l’avvio da un aspetto che può sembrare pedante: esistono diari burocratici delle rappresentazioni del 1882 a Bayreuth sotto gli occhi vigili di Wagner e la bacchetta di Levi; tali diari determinano i tempi (un’ora e 45 minuti il primo atto, un’ora e 5 minuti il secondo, un’ora e 10 il terzo). Oggidì sono rarissimi i direttori musicali che seguono queste indicazioni: Levine, Kuhn, Thiellman e pochi altri. Con Toscanini – come è noto – il primo atto di Parsifaldurava due ore e venti minuti. Con Boulez poco più di un’ora e mezzo.
A Venezia, una bella regia di Dennis Krief legge Parsifal come un testamento. E’ indubbiamente un testamento musicale che Wagner fu in grado di affrontare solamente dopo avere rivoluzionato il pentagramma. E’ anche un testamento religioso in cui – ha scritto Giuseppe Sinopoli – “il tema della purificazione si ripete circolarmente: dai flauti agli oboi, agli archi”. E’ soprattutto un testamento politico: il Castello del Graal, e la vittoria di Parsifal su Klingsor, sono l’avamposto dell’Europa della trascendenza (ancora una volta la preistoria dello spirito) in un mondo dominato dall’immanenza (allora dal positivismo avanzante) – un avamposto dove si combatte, e si vince, unicamente con la rinunzia individuale, nonché con la perdita dell’innocenza prendendo conoscenza del peccato ed infine con l’acquisizione della “saggezza” tramite la “pietà”. Se c’è un lavoro in musica che meglio di altri rappresenta le radici cristiane dell’Europa, questo è, nell’edizione veneziana, Parsifal
Purtroppo quest’anno, nonostante le celebrazioni per il bicentenario di Wagner, nessun teatro mette in scenaParsifal; è programmato a Bologna all’inizio nel 2014 in un allestimento nato a Bruxelles. Da non mancare.
Ma ascoltatelo anche per questa Pasqua.