Certe zingarate sorprendono in primo luogo chi le fa. Per fortuna dopo, ripensandoci, se ne scopre la vera essenza. L’ultima volta era stato sempre a Londra, per Ryan Adams, ormai lontano dal nostro paese dal 2002, in occasione del tour acustico solo. Quella volta , ormai quasi un anno fa, era stata una toccata e fuga con una notte in uno spartano ostello; questa volta, spinto da due amici, sono riuscito a confezionare una 23 ore andata/concerto/ritorno che difficilmente dimenticherò.



Arrivare al Forum (a nord di Londra) da Gatwick (a sud) è lunga, ci vogliono quasi due ore. Tra autobus che non arrivano, cambi di ‘tube’ con interruzione ad una stazione dall’arrivo e scarpinata finale sotto il vento sferzante quello che doveva essere un agile viaggio si è trasformato in un’avventura. Si sa che il rock è duro a morire e il fuoco è sempre vivo quindi un pub, un paio di birre e un hamburger veloci fanno dimenticare le peripezie con i mezzi ‘italian style’. 



Il Forum tiene circa 2000 persone, ha un grande parterre e una balconata di pari dimensioni, delle enormi statue che fanno tanto impero romano sui lati ed è tutto rigorosamente in legno. La leggerissima pendenza del parterre rende la visuale sempre ottima al netto degli spilungoni che mi ritrovo ad un metro a pochi minuti dall’inizio, ma non importa, dopo un paio di brani la naturale marea del parterre risolverà anche questo problema.

Il palco, al solito, è addobbato con ogni sorta di chincaglieria che va dall’amuleto freak (penso di Chris) al fantoccio/feticcio del batterista. Il tour, siamo alla quarta data, presenta una grossa novità, Luther Dickinson, seconda (se così si può dire) chitarra dal 2007 è stato sostituito da Jackie Greene, cantautore di ultima generazione (è del 1980) ed è lui che aspettiamo al varco. Inutile dire che Luther (la metà e prima un terzo dei North Mississippi Allstars) aveva una classe cristallina ed era un maestro del ‘bottleneck’ e ormai il suo sound era un marchio riconoscibile nell’economia live della band.



Si presentano sul palco i sei che tutti aspettavamo. Parte ‘Jealous Again’ penalizzata da suoni non ancora perfetti e ci dà un primo assaggio di quello che sentiremo in seguito. La seguente ‘Thick n Thin’ soffre ancora del pessimo tuning ma già con ‘Good morning captain’ la faccenda sembra risolta portando il livello sonoro verso la melodia, calda, priva delle asperità e delle sbavature roboanti dei primi brani. La spettacolare e sempre coinvolgente ‘Hotel Illness’ vede Chris Robinson esibirsi in un bel solo di armonica. 

Una chicca di questo tour sono le cover , la prima della serata è dei Traffic: “Medicated Goo” che grazie alla voce di Chris rende molto bene e finalmente vede anche Jackie Green esibirsi con ottimo gusto in un pregevole assolo. 

Si inizia a capire perché sia stato scelto per il ruolo che fu di Marc Ford. Jackie sarà curato a vista per tutto il concerto dall’altro fratello, Rich che con qualche cenno e qualche occhiata fulminea dirigerà il novizio attraverso i brani più famosi della band di Atlanta. Scorrono la melliflua ‘Wiser Time’ con un bel duellin’ guitar tra Rich e Jackie poi  “She talks to angels”, l’ottima (che il sottoscritto aspetta ad ogni concerto) “High head blues” e “My morning song” che rimangono la punta dell’esibizione che prosegue saccheggiando a piene mani il loro primo repertorio. 

La sola “Soul singing” proviene da un album degli anni 2000 ma non importa ho ancora il fiato corto solo ad elencarle: “Sister Luck” (7 minuti!), “Thorn In My Pride”,”Remedy”, “Hard To Handle”  e quest’ultima con la coda dedicata al pezzo di Joe South “Hush”, ottimo il sing-along che chiude la prima parte del set.

Per gli encore vengono eseguiti tre pezzi dilatati e senza sosta: tra l’evocativa “Seeing Things”, la terza cover (scritta da Dave Mason sempre dei Traffic) “Feelin‘ Alright” e infine la corale “ Willin’ ” dei Little Feat. Sono passate due ore e venti e la band di Atlanta si congeda. Il giorno dopo si replica, in scaletta, con un pizzico di rimpianto, ci sarà anche la grandiosa “Appaloosa” ma che la facessero era pretendere troppo.

Ad ogni loro serata sorprende vedere i fratelli Robinson così distaccati e diversi compensarsi tra loro: l’uno con un carisma naturale (Chris) e l’altro fin troppo serio(Rich) con un piglio da direttore d’orchestra emanare vibrazioni positive da ogni nota. Certo rivedere i ‘corvi’ dopo un paio d’anni in forma invidiabile e ancora divertiti a proporre i loro brani senza forzature è contagioso e fa ben sperare per i concerti che a luglio li vedranno prima a Vigevano poi a Pistoia portare il loro mood ai fan italiani. Avete già i biglietti?

 

(Raffaele Concollato)