I concerti di Bruce Springsteen non sono mai tutti uguali e chi lo segue abitualmente lo sa. Contrariamente a certi artisti rock che impostano il loro spettacolo con precisione e lo mantengono invariato di sera in sera, il rocker di Asbury Park ha sempre concepito i suoi come delle grandi feste. Sono anni che fa così: sale sul palco e non c’è nessun copione, lui e i musicisti attaccano la spina e iniziano a suonare, quel che succede, succede. Di conseguenza, a ogni data accade qualcosa di diverso. Certo, alcuni momenti sono un rito immancabile e non spariranno mai (vedi riflettori accesi a illuminare il pubblico durante “Born to run”), ma per il resto è spazio all’incognita più totale. Ecco perché, a ogni tour, la curiosità dei fan, soprattutto di quelli più accaniti, si concentra sulla scaletta. Non ci si chiede se sarà in forma (perché su quello raramente delude) bensì: “che cosa ci farà stasera?”. 



E allora ecco perché, avvicinandosi le date italiane e approfittando dei giorni di pausa tra l’ultimo concerto danese del 16 maggio e quello a Napoli del 23, ci pareva opportuno andare a spulciare le setlist di queste prime otto date europee, per provare a farci un’idea di quello che vedremo da noi. I die hard fan possono iniziare a incrociare le dita, mentre i più giovani sapranno che cosa andarsi a ripassare. 



Iniziamo col dire che il tour è lo stesso dell’anno scorso. “Wrecking Ball” rimane l’ultimo disco in studio pubblicato e i mesi passati a suonarlo non hanno diminuito il valore dei brani agli occhi del suo autore. Anche questa leg vede la presenza di diversi episodi dell’album ma il loro numero è comprensibilmente calato: libero da obblighi promozionali, Springsteen appare intenzionato a concentrarsi sugli episodi che hanno ormai dimostrato di funzionare di più. C’è ovviamente “We take care of our own” (a cui spesso viene affidato il compito di dare il via alle danze), c’è la title track (una delle migliori, in sede live) e ci sono le folkeggianti “Shackled and drawn” e “Death to my hometown”. 



Non mancano ovviamente i grandi classici: “Badlands”, “Born to run” e “Dancing in the dark” sono però gli unici ad essere suonati tutte le sere. Le altre vengono alternate: una sera c’è “The rising”, la sera dopo “Lonesome day”, qualche volta fa “Thunder road”, altre volte preferisce “Born in the U.S.A” oppure  “The river” (due hit, le ultime due, che lo scorso anno erano presenze fisse). A Solna, in Svezia, è arrivata anche “Rosalita”, che data l’età viene spesso e volentieri lasciata a riposare nel backstage ma che ogni tanto si diverte a ritirare fuori, sempre rigorosamente durante i bis. 

Una novità di queste tappe europee è stata l’esecuzione integrale degli album storici. Lo aveva fatto solo nel 2009 e solo in America. Questa volta i più fortunati sono stati i fan svedesi (e gli stranieri che hanno viaggiato fin lì), che nel corso delle tre date alla Friends Arena di Stoccolma hanno avuto modo di ascoltare tutto “Born to run” (3 maggio), “Darkness on the edge of town” (4 maggio) e “Born in the U.S.A.” (11 maggio). Succederà anche da noi? Non si sa mai, dopotutto in una città come Napoli, dove non suona da 17 anni, qualche regalo potrebbe anche arrivare. Addirittura, sui vari forum che impazzano in rete, qualche fan più visionario si è spinto a pronosticare un’esecuzione del doppio “The river” (è accaduto una volta sola, al Madison Square Garden di New York, l’8 novembre 2008) ma se accadesse saremmo nel campo del paranormale… 

E sul fronte del “fammi questa, ti prego?” Le richieste vengono ancora accettate anche se, diversamente dal tour del 2009, non vengono più sistemate in un punto preciso a metà show ma sono raccolte a caso, ogni qual volta Bruce ne abbia voglia. Sono ormai queste le occasioni per ascoltare qualcosa di veramente raro e irripetibile. Clamoroso in particolare quanto accaduto l’8 maggio a Turku, in Finlandia, quando è stata proposta nientemeno che “Wages of sin”, outtake del periodo 1984-85 mai suonata dal vivo prima d’ora. Nella stessa sera si è vista anche “Ain’t good enough for you”, altra outtake, questa volta del periodo “Darkness”, pubblicata nel cofanetto celebrativo di due anni fa. Altre improbabili richieste accontentate in questi giorni sono state “From small things” (altra outtake proveniente dai seventies), “Blinded by the light” (il primo brano del primo disco del Boss, ormai la sentiamo sempre meno), “I’m a rocker” (tra gli episodi più bistrattati di “The river”) e addirittura la cover di “Mountain of love” di Johnny Rivers, che Bruce e i suoi compari erano soliti suonare da ragazzini, quando bazzicavano nei locali di Asbury e dintorni. La palma per la formulazione più stravagante è andata però alla ragazza incinta che, il 16 maggio in Danimarca, si è scritta il titolo “Tougher than the rest” sul pancione. Inutile dire che è stata accontentata! 

 

Infine, queste prime tappe europee hanno visto l’apparizione fugace di alcune gemme minori del catalogo springsteeniano che purtroppo non sono per ora durate più di una sera: è stato il caso di graditissime incursioni nel territorio “Human Touch/Lucky Town” (“Better Days” a Fornebu, in Norvegia, “Leap of faith” a Solna, una versione acustica di “I wish I were blind” in Danimarca) o della riproposizione di splendide e sottovalutate tracks di “Magic”: suggestiva, da questo punto di vista, la partenza della seconda data a Turku, con un’acustica “I’ll work for your love” seguita a ruota da “Long walk home”. 

 

In definitiva, consentitemi però di dire che tutta questa analisi è buona solo a far passare l’attesa. Chi segue Springsteen da anni sa benissimo che, scaletta o non scaletta, quando sale sul palco dà sempre il meglio per trasformare ogni singolo concerto in qualcosa che i presenti ricorderanno per lungo tempo. “Durante il tour di the rising nel 2003 – ebbe modo di dichiarare – ho incontrato gente che mi ha detto: ‘ehi, ti ho visto nel 75, a un concerto che hai tenuto al college!’. È allora che ti chiedi come sia possibile che qualcuno si ricordi di uno show di ventotto anni fa. La risposta è la più gratificante: il fatto è che evidentemente il tuo sforzo di rendere memorabile ogni serata ha reso memorabile anche quella.” 

Siamo sicuri che i quattro concerti che ci apprestiamo a vivere non faranno eccezione.