I Retribution Gospel Choir non sono conosciuti al grande pubblico, ma sono ben noti tra i fan di stretta osservanza della band slowcore del Minnesota, i Low. Del resto i Retribution Gospel Choir, anche loro di Duluth, sono per 2/3 i Low stessi: Alan Sparhawk alla voce e alla chitarra, Steve Garrinton al basso a cui si aggiunge Eric Pollard alla batteria (già presente nei set live dei Low) al posto della moglie di Alan, Mimi Parker. I coniugi Sparhawk sono mormoni dichiarati, ma i RGC non sono un coro gospel di chiesa sebbene talvolta alcuni loro concerti si tengano in luoghi dedicati al culto religioso. I Retribution Gospel Choir sono quindi un side project dei Low in cui Alan si diverte ad alzare il volume degli strumenti e a fare un po’ di casino senza che i vicini di casa della famiglia Sparhawk siano costretti a chiamare la polizia per il rumore molesto. 
Pertanto le due anime musicali di Alan si dividono tra la musica “domestica” con la moglie Mimi, il cui suono è tradizionalmente quieto e misurato, e il sound più rock e fracassone riservato agli amici. Mentre i Low festeggiano quest’anno il ventennale di sodalizio musicale, i RGC sono sulla scena da circa un quinquennio. E proprio nel 2013 le due band hanno pubblicato, a distanza di pochi mesi, un nuovo album dove in entrambe spicca la collaborazione di membri dei Wilco: Jeff Tweedy ha prodotto “The Invisible Way” dei Low e Nels Cline ha suonato con i RGC. Con il passare del tempo la miscela dei componenti delle due band ha inevitabilmente contaminato la rispettiva musica.
Non è un caso che proprio l’ultimo dei RGC sia l’album in cui i suoni si mescolano di più con le melodie classiche dei Low. Pubblicato in sordina e parzialmente oscurato dalla concomitante uscita dei Low, “3” è il nome del nuovo album dei RGC. Dopo il primo album omonimo del 2008, e “2”, secondo lavoro del 2010, sarebbe stato troppo chiedere un titolo più fantasioso per il terzo album. Ma a parte il nome, tutto il resto ha dell’originale. Un tempo con solo due pezzi si confezionava un EP. I RGC sono riusciti farci addirittura un LP. Pensato principalmente per il mercato dei Long Playing, l’unico supporto fisico con le vendite in crescita (anche in Italia + 46% rispetto al 2011), è forse uno dei pochi casi in cui l’ascolto tramite vinile, oltre ad avere un suono migliore, consente un utilizzo più funzionale rispetto alla modalità sequenziale degli altri formati. Se si ha voglia di iniziare l’ascolto da metà traccia con un elegante gesto della mano si può portare rapidamente la puntina sul solco desiderato.



Come si è detto nell’album sono presenti due sole tracce, ma di circa venti minuti l’una: Can’t Walk Out sul lato A e Seven sul lato B. Parecchio bizzarro. Registrati in presa diretta come se fossero un live in studio, difficilmente troveranno una loro collocazione in una programmazione radiofonica e televisiva, però hanno trovato la loro massima espressione nelle esecuzioni in concerto dove già occupano uno spazio importante nella scaletta della band del Midwest. Can’t Walk out, sprigiona tutta l’energia che solitamente i Low tengono magistralmente repressa. Sconnessa, ripetitiva, potente. Il cantato sofferto di Alan si limita a poche frasi nei primi minuti. Il dopo è una lunga jam di chitarre distorte che rievoca il Neil Young (e i suoi Crazy Horse) arrabbiato degli anni novanta (da ascoltare il live Weld in particolare). Il suono è sporco e nervoso ma il tutto è trascinato all’eccesso: venti minuti risultano ripetitivi e sono francamente davvero troppi. Seven, a mio avviso il pezzo migliore dell’album, è più orecchiabile ed è arricchito e impreziosito dalla chitarra di Nels Cline.
Risulta facile nuovamente accostare anche questo brano sempre a Neil Young (di cui Alan con i Low e i Dirty Three hanno pagato tributo con la cover di Down by the River) dell’ultimo Psychedelic Pill. Il canto è quasi folk “Look at your shadow you feel like an animal… Seven haunts you still” e intervallato da ripetuti assoli di chitarra. Di Seven è stato prodotto anche un video ufficiale e il budget per realizzarlo deve essere stato tra i più risicati della storia della musica. Una stanza vuota illuminata dalla luce del sole che penetra da due grandi finestroni, tre uomini incappucciati con delle maschere da Panda (modello rapina a mano armata)e una telecamera fissa che ne riprende le gesta. Questa è l’immagine che si presenta agli spettatori che si imbattono nella clip.
I tre soggetti, che potrebbero essere delle star di Hollywood, ma più verosimilmente i tre Retribution Gospel Choir in persona, si muovono in maniera scoordinata e fuori tempo come in un rituale sciamanico. 21minuti e 29 secondi di video assolutamente folle in cui pervade un senso di ansietà nella visione. Non per tutti, ma non solo per gli amanti dei Low.

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