Nel 2008, quando la crisi delle fondazioni liriche era grave ma non aveva ancora raggiunto la fase acuta di questi ultimi mesi (con quattro fondazioni su 13 commissariate, altre due sul punto di esserlo, una alle soglie della liquidazione e un’altra ancora a corto di liquidità anche per le operazioni correnti, “Il Foglio” diretto da Giuliano Ferrara lanciò un’idea: esportar cantando. Non pare che venne molto ascoltato , ma – come sottolineato nell’estate 2011 da questa testata – l’appello venne recepito dal Festival Puccini di Torre del Lago: quell’estate, la manifestazione si poté tenere grazie a un abile intreccio di co-produzioni con teatri dell’Estremo Oriente. L’invito – è doveroso ricordarlo – venne raccolto da Carlo Fontana, quando era Senatore: si apri un “tavolo” al Ministero degli Esteri (i Ministeri dei Beni e delle Attività Culturali e dello Sviluppo Economico non parteciparono a nessuna riunione), ma non se ne fece nulla.



Nel silenzio delle istituzioni la Fondazione Roma- Mediterraneo ha lanciato, tramite l’Orchestra Sinfonica di Roma, creata e diretta da Francesco La Vecchia ma promossa dalla Fondazione medesima, un progetto concreto, di cui pochi parlano ma che potrebbe venir chiamato esportar suonando. Anche quest’anno l’Orchestra partecipa in veste da protagonista ad un festival di musica sinfonica poco noto in Italia ma così importante da ottenere il patrocinio non solo delle autorità di varie Paesi ma soprattutto della Santa Sede e del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace: il festival di El Jem in Tunisia – unica manifestazione sinfonica nelle sponde inferiore ed orientale del Mediterraneo. Quest’anno è iniziato il 29 giugno e si estende sino al 31 agosto; è diviso in due parti a ragione della festività religiosa del Ramadan. Lo ha inaugurato l’Orchestra Sinfonica di Roma che il 6 luglio chiuderà anche la prima parte. Vi partecipano orchestre dell’Austria , del Belgio, della Cina, dell’Egitto, della Polonia e della Russia. Tradizionalmente è un’orchestra viennese a concludere il festival con una serata di valzer. Giungerà al festival anche la crociera musicale Queen Elisabeth. Un evento, quindi, di grande spessore culturale per il quale si è prodigato l’istituto italiano di cultura a Tunisi.



Oggi El Jem è una ridente cittadina (di circa ventimila abitanti), capoluogo di un Governato tunisino, a circa 160 km da Tunisi e a una sessantina da una delle coste con maggiore affluenza turistica nel Paese. In epoca romana era una delle più importanti città del Mediterraneo:. Thysdrus -così si chiamava – prosperò nel secondo secolo quando divenne un centro per la coltivazione e l’esportazione di olio d’oliva. Fu sede di una delle più antiche Diocesi cristiane dell’area. Dai primi anni del terzo secolo, quando venne costruito l’anfiteatro, Thysdrus rivaleggiò con Hadumentum (la moderna Susa) per il ruolo di seconda città romana del Nord Africa, dopo Cartagine. Era così importante che il proconsole di Roma, nel 238 si autoproclamò Imperatore nell’anfiteatro che aveva fatto costruire con dimensioni da rivaleggiare con il Colosseo. Le truppe romane leali all’Imperatore Massimino Trace distrussero la città, che non venne mai ricostruita, ma non l’anfiteatro che , all’epoca poteva ospitare 35.000 spettatori seduti era , per capienza , il terzo dell’Impero, dopo il Colosseo di Roma ed il teatro di Capua. Rimase, fino al diciassettesimo secolo, più o meno intatto. Successivamente , le sue pietre vennero usate per la costruzione del villaggio limitrofo di El Jem e della Grande Moschea di  Qayrawan. Durante la guerra con gli Ottomani i Turchi utilizzarono i cannoni per stanare i ribelli nascosti al suo interno.



Le rovine vennero dichiarate dall’Unesco patrimonio dell’umanità nel 1979. Pochi anni più tardi, diventarono la sede del festival. Nell’anfiteatro (che oggi contiene sino a 6000 spettatori) è stato girato il film Il Gladiatore in quanto le sue rovine sono particolarmente ben conservato: bello vederle stagliarsi al tramonto od in una notte stellate , emergendo dalle stradine e dai vicoli di una città tunisina.

Alla prima (musiche di Verdi e Beethoven) l’anfiteatro era stracolmo : al pubblico locale, si erano aggiunti gruppi provenienti da Tunisi con un treno speciale, villeggianti nella vicina costiera, nonché numerose autorità (due Ministri, esponenti del corpo diplomatico e via discorrendo). Nonostante la sinfonica occidentale non sia eseguita con frequenza, al termine del concerto, alla mezzanotte il pubblico è rimasto a lungo nell’anfiteatro in attesa che l’orchestra, applauditissima, riprendesse a suonare.

In effetti, sta emergendo un’iniziativa più vasta. La Tunisia ha quattro conservatori e nella capitale, un elegante Teatro Municipale in puro stile liberty che, costruito all’inizio del Novecento, può ospitare circa 1200 persone. Oltre a spettacoli di prosa, i meno giovani ricordano ancora quando di tanto in tanto compagnie viaggianti vi portavano la lirica. Si sta delineando un programma di collaborazione tra l’Orchestra Sinfonica di Roma e la Tunisia per irrobustire la locale Filarmonica e forse un giorno anche riportare la lirica. La Fondazione Roma ha finalità culturali e sociali: un programma del genere potrebbe essere un esempio importante di cooperazione privata allo sviluppo in un’area, prossima all’Italia e molto travagliata sotto il profilo economico e sociale. Un segnale tanto più chiaro di solidarietà poiché l’aiuto italiano allo sviluppo ha, in pratica, chiuso i battenti.

L’Orchestra Sinfonica di Roma è l’unica in Italia (e in Europa) a non ricevere sovvenzioni pubbliche. I suoi orchestrali sono giovani (età media 35 anni). Non dovrebbe il Dipartimento Internazionalizzazione del Ministero dello Sviluppo Economico condurre analisi specifiche dell’indotto, in termini d’export e di immagine dell’Italia, di attività di questa natura? E se le analisi confermano valutazioni qualitative che tale indotto è positivo e significativo (come dicono studi di altri Paesi europei), non dovrebbe il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali prevedere una “premialità”, nella ripartizione del Fondo Unico dello Spettacolo (Fus), a favore delle orchestre che più e meglio sanno contribuire all’”esportar suonando “, invece di sostenere enti decotti spesso solamente a ragione di cattiva gestione? Non sta a noi rispondere. Ma – come si dice in burocratese – al “Superiore Ministero”.