«Un giorno ho capito che dovevo uscire dal polverone e cambiare approccio con la musica, anche se si trattava di quella classica. Stavo ascoltando a Milano la Nona Sinfonia di Beethoven. Accanto a me un bimbo annoiato che chiedeva insistentemente al padre quando finisse»: lo ha detto Giovanni Allevi di fronte ai giurati del Giffoni Film Festival. Poi, ha aggiunto che secondo lui nel grande compositore mancava il ritmo. Cosa che, invece, a Jovanotti non manca. «Con lui ho capito cos’è il ritmo, elemento che manca nella tradizione classica. Nei giovani manca l’innamoramento nei confronti della musica classica proprio perché manca di ritmo». Il giovane e controverso musicista si è detto consapevole della portata delle sue affermazioni, tanto da dirsi dispiaciuto perché, in sostanza, buona parte dei conservatori gli sono preclusi. Spesso, quando ne varca le soglie, viene sommerso dalle contestazioni degli studenti che li frequentano. Ma questo, per Allevi, ha poca importanza. Ciò che conta realmente è entrare nel cuore della gente e questo la sua musica può continuare a farlo. «Bisogna essere dei dannati – ha concluso – per scrivere una musica come quella che compongo io. Per me la musica è una questione di vita e di morte, è qualcosa che mi sconvolge e mi fa dannare».