In una sera dominata da una splendida (quasi) luna piena, un caldo afoso e milioni di zanzare, alcuni coraggiosi si danno appuntamento all’Ippodromo di Milano, sede per tutto il mese di luglio del festival City Sound, una delle più ricche rassegne musicali dell’estate milanese orami da qualche anno. Solo per fare qualche nome, di qui quest’anno sono passati e passeranno National, Deep Purple, Blur, Earth Wind & Fire e Santana. Questa sera però c’è lo sciamano del lago di Como: il pubblico non è quello delle grandi occasioni. I milanesi si sa il sabato di luglio se possono lo passano fuori porta, al fresco.



Ma forse anche la poco oculata gestione di una estate musicale fatta di dozzine di eventi che si sovrappongono pure uno all’altro (chi scrive deve rinunciare a Patti Smith a pochi metri da casa sua per correre fino a Lucca per non perdersi Neil Young) con la crisi economica che incombe, gioca sui numeri di spettatori. Sarebbe l’ora che gli enti pubblici spendessero due lire per sovvenzionare i concerti: meglio la musica che l’abbruttimento delle movide spacca fegato e spacca cervello, no? Davide Van De Sfroos non bada comunque al numero dei paganti e regala un concerto di formidabile intensità, due ore esatte di grande folk-rock che riesce anche quasi a scacciare le zanzare e a far sorridere la luna maestosa che ci osserva dall’alto. In un contesto così, diversamente dalle esibizioni nei teatri più studiate e meno dirette, il cantautore sfodera tutta la sua originale carica emotiva, ricordandosi anche delle sue radici punk (Nona Lucia è dedicata ai Ramones che vengono pure citati a metà con il leggendario “hey ho let’s go!”) mentre la conclusiva La curiera termina in medley con London Calling dei Clash.



In mezzo il meglio del suo repertorio (soprattutto dal suo disco migliore, “Pica!” di cui esegue fra le altre le sempre bellissime Il costruttore di motoscafi, Il Cimino e la title track) e anche il privilegio di assistere in anteprima a due brani inediti che faranno parte del suo prossimo disco, in uscita in autunno (pare sarà addirittura un doppio cd), Ki e Goga Magoga. Due brani splendidi, che riportano Van De Sfroos ai suoi livelli migliori dopo le incertezze dell’ultimo disco (di cui eseguirà comunque la bella e divertente Yanez, con il pubblico scatenato in danze e balli). Il primo pezzo è una ballata tipica delle sue, caratterizzata da una interpretazione sì rabbiosa, visto il testo (una dedica a tutti quelli che sono sovraffatti da crisi economiche e crisi personali: “chi ha consumato il suo Dio a furia di pregarlo e ripregarlo”), ma anche piena di tenerezza, come nei suoi momenti migliori Van De Sfroos ha sempre saputo infondere. Impreziosita da un lungo solo di violino, è già destinata a entrare nei classici del suo repertorio.



Il secondo pezzo è invece una lunga cavalcata rock (quasi otto minuti) su base folk medio orientale che si allarga ad aperture psichedeliche e cosmiche, qualcosa di inedito per Van De Sfroos. Anche qui il testo riprende l’amarezza e la sconfitta che sembrano esserci entrate nel cuore in questi tempi cialtroni e ladri di speranze, ma anche qui lo sguardo è aperto verso una possibilità. Che la speranza in Van De Sfroos sia comunque una certezza, lo dimostra nel corso del concerto la ripresa di vecchi brani come Ninna nanna del contrabbandiere (“Prega el Signuur a bassa vuus cun la sua bricòla a furma de cruus”) così come la sua voglia di divertirsi in fronte a tutto.

 

Mai visto un Van De Sfroos così dentro alle sue canzoni, così rabbioso anche: il concerto si era aperto con una invocazione alla speranza, una bella ripresa di This Land is Your Land di Woody Guthrie, un esplicito invito a riprendersi la nostra terra e le nostre vite, lo stesso invito che ci aveva fatto Bruce Springsteen un mese fa eseguendo lo stesso brano a San Siro. Un concerto da riporre tra i migliori di questa estate 2013, la conferma che lo sciamano è tornato (l’ha anche cantata, Lo sciamano) a riprendersi la luna piena, a scacciare le zanzare, le tristezze e le sconfitte della nostra piccola miseria quotidiana. Ci ha regalato ancora una volta il suo sorriso e la sua fiducia nella vita e noi ce li teniamo ben stretti: la movida la lasciamo a chi di sorrisi non ne ha più.