“Due come noi che…” prima di tutto è un’emozione doppia. Sono le storie di Gino Paoli cantante ed autore monumento della musica italiana e Danilo Rea pianista virtuoso e creativo apprezzato a livello internazionale. Un intreccio e una sovrapposizione frutto della totale reciproca fiducia. Un cercarsi e d’improvviso trovarsi, creando una forza che tende a un’unica meta, la musica. Questo è “Due come noi che”… lo spettacolo che al Vittoriale di Gardone Riviera ha visto come protagonisti Gino Paoli e Danilo Rea.
“Per me il jazz vuol dire essere se stessi. Ognuno a modo suo fa jazz. Noi siamo due musicisti. Io amo cantare lui ama suonare. Noi ci emozioniamo sempre ogni sera e spero che questo arrivi anche a voi” l’incipit con il quale Gino Paoli entrando in scena, spiega quei puntini di sospensione nel titolo dello spettacolo al pubblico intervenuto per l’occasione. Giusto il tempo di entrare nel salotto di un amico che ci accoglie e si comincia con un trittico che colpisce subito: Una furtiva lacrima di Donizzetti, Time after time d uno dei più classici brani della tradizione napoletana, O sole mio.
Il pubblico affascinato partecipa e canta questi classici senza tempo che Gino e Danilo riportano saggiamente a nuova vita. Arriva il primo dei grandi successi di Gino Paoli Sapore di sale
Paoli racconta e intrattiene il suo pubblico con garbo “Voglio ricordare alcuni amici e il modo migliore è cantando le loro canzoni. Degli uomini rimane quello che hanno dato non quello che hanno preso, e loro hanno dato molto”.
Parte uno strumentale magnificamente interpretata da Danilo Rea che rivisita a suo modo Ritornerai di Bruno Lauzi che si fonde con Bocca di rosa di De André. Poi Gino canta Amore che viene amore che vai, proprio dell’amico De Andrè e Vedrai vedrai di Tenco, Luigi come lo chiama affettuosamente Paoli. Un sorso di whisky, una sigaretta. Gesti che rendono l’atmosfera familiare. Non mancano gli intramontabili successi di Paoli come Ovunque sei mi sentirai, Il cielo in una stanza, Che cosa c’è, Fingere di te “la canzone che amo di più” dice Paoli. E poi Una Lunga storia d’amore scritta per Stefania Sandrelli e La gatta nella quale si ride perché la musica cambia e Paoli è divertito e lo dice.
Ha voglia di parlare Paoli, vuole raccontare al suo pubblico le emozioni che prova cantando “La poesia è una strana signora. Non appare mai quando te lo aspetti e non sai mai quando apparirà. In una brutta strada di periferia, di quelle che sembrano sporche anche quando non lo sono, che sembrano bagnate anche quando sono asciutte… c’è un albergo con un omino con gli occhiali spessi, che non vede niente perché ha già visto tutto…”. E allora ecco Albergo ad ore (Les amants d’un jour) brano portata al successo da Edith Piaf nel 1956 e tradotto in italiano da Herbert Pagani. Il viaggio di Gino Paoli e Danilo Rea continua attraverso la canzone napoletana con Reginella e Come ti amo di Libero Bovio, scrittore poeta e drammaturgo napoletano. “Io amo molto le canzoni napoletane e in particolare quelle di Libero Bovio” afferma Paoli. Non manca nemmeno un classico della musica francese come Ne me quitte pas, tradotta da Gino Paoli su richiesta dell’autore Jacques Brel in Non andare via ed interpretata a suo tempo da una giovane Patty Pravo.
La voce di Gino Paoli è emozionante, soave e determinata e i segni del tempo non si sentono, nonostante il prossimo settembre compia 79 anni. Paoli non ha perso il suo smalto, la sua freschezza, la sua leggerezza. Quella che ha caratterizzato una generazione e una grande carriera che ha ancora grandi pagine da scrivere. Danilo Rea é inesauribile. Vola sui tasti a cui sembra impossibile stare dietro, la musica é emozione. Le note, la musica di Rea e la voce di Paoli regalano una serata che incanta.
Il pubblico del Vittoriale applaude con entusiasmo e chiede il bis. Gino e Danilo rientrano in scena per una chiusura speciale. Senza Fine arricchito da un Rea e così imprevedibile da sorprende lo stesso Paoli che non si risparmia un applauso fino alle note di Ti lascio una canzone. Un augurio al suo pubblico. Un regalo per una serata che conferma quanto, a dispetto dell’età, Gino Paoli sia ancora un grande artista italiano.
L’INTERVISTA A GINO PAOLI
E’ da poco finito il concerto di Gino Paoli e Danilo Rea al Vittoriale di Gabriele D’Annunzio e troviamo i due artisti fuori dai camerini, all’aperto a godersi il fresco offerto da questa magnifica notte chiacchierando con sigaretta e bicchiere alla mano. Con grande cortesia ci concedono due battute che scambiamo a nostra volta seduti in mezzo a loro.
Maestro, complimenti la serata è stata veramente molto bella e lei ci ha emozionato. Ma come fa a trovare ancora tutta quella energia dopo tutti questi anni?
Non lo so. A volte me lo chiedo anche io. E’ la musica, la magia della musica, anche se in questo momento un po’ di quella energia è andata sul palco.
Da dove nasce questa voglia di re-interpretare grandi brani della tradizione italiana e non passando per il jazz?
Il jazz e qualsiasi tema musicale di qualsiasi tipo senza canoni senza dogmi senza obblighi ma secondo se stessi punto e basta. Quindi per me jazz significa semplicemente libertà, libertà e immaginazione. Questo è il jazz. Quindi io e Danilo facciamo questo. Il mio ritorno al jazz? Perché si può parlare solo di ritorno, perché era la nostra passione di quando eravamo ragazzini, tanto mia che di Luigi e di Bruno (Luigi Tenco e Bruno Lauzi). Insomma tutta la ghenga di Genova. Son tornato a quello semplicemente perché è arrivato, o tornato.
La scelta, l’idea dei brani per questo concerto com’è nata?
Ho scelto questi pezzi perché sono canzoni che avrei potuto scrivere io pezzi che amo, che sento miei.
Cosa ne pensa della musica di oggi? Esiste ancora la voglia di fare musica?
Non voglio dare giudizi. Una volta il rullo, il vinile era il documento di quello che avveniva, di un avvenimento. Oggi prima si realizza il documento e poi lo si riproduce in maniera identica. Ogni volta. Questo ti lega. Questa é la morte dell’arte. Ho sempre preteso di fare uno spettacolo diverso dall’altro. Con Danilo esiste una magia particolare, una sincronia, una simmetria, un filo emozionale tra me e lui esclusivamente musicale che stabilisce tutto. Ho avuto altri pianisti ma con Danilo è una cosa particolare. La cosa importante in questa coppia è solo fantasia, immaginazione, invenzione. Io mi diverto come un disgraziato, lui anche e credo che questa cosa passi perché in fondo è quello che dovrebbe essere l’arte e la musica: inseguire un’emozione.
Lei ha lavorato con tanti artisti e musicisti. Che differenza c’è con Danilo Rea?
Quella fra me e Danilo è un’intesa difficile da spiegare a chi non è un musicista. Io faccio delle cose, cambiando delle regole e lui nello stesso momento mi segue come se mi leggesse nella testa. Di questa cosa si è accorto anche Aldo Mercurio, mio manager e amico, che ci ha spinto a fare concerti insieme ed a registrare anche un album.
L’INTERVISTA A DANILO REA
Ma ogni sera improvvisate sul palco?
Certo. Abbiamo una traccia di base ma poi s’improvvisa e si libera la fantasia. Ci si capisce con gli sguardi, non serve altro.
Quindi ogni sera è un concerto nuovo, diverso?
Certo, direi unico. Ogni sera ci si re-inventa con leggerezza e tanto divertimento.
Com’è suonare con un grande come Gino Paoli?
Bello e divertente! C’è una completa fiducia l’uno dell’altro. Posso dire nella mia vita di aver accompagnato e di aver suonato con grandi interpreti. Gino è qualcosa di speciale. Ormai ci conosciamo da molto e c’è una sana amicizia. E’ come essere tra amici, ogni sera.
Forse questa collaborazione sarebbe dovuta nascere prima, qualche anno fa?
Certo perché no, sarebbe stato bello – sorride – Il sogno della mia vita è sempre stato improvvisare in musica, raccontare cioè tutte le emozioni che per me, con le parole, è sempre stato difficile esprimere. Ho cercato queste emozioni nelle note, nei silenzi, nel pianissimo e nel fortissimo, nella bellezza del suono e nella solitudine di uno strumento unico come il pianoforte”. Comunque c’è sempre tempo per tutto, non credi?
(Angelo Oliva)