Il Festival Enescu, che dal 1958 si svolge ogni due anni a Bucarest e in altre città della Romania, viene considerato come il solo competitore serio del Festival di Salisburgo (in materia di sinfonica e cameristica, non di lirica) sia per numero di appuntamenti (circa 200), sia per ampiezza di scelte (orchestre e complessi di tutto il mondo non soltanto o prevalentemente dell’Europa occidentale) sia per l’afflusso di giovani (a ragione sia dei contenuti della programmazione sia della politica di prezzo). Il nostro MiTo ha ambizioni analoghe. Il tempo è la principale risorsa necessaria.



In altra occasione, vedremo come il Festival ha avuto e ha un ruolo importante nella costruzione del senso di unità e di orgoglio nazionale di uno Stato, la Romania che ha avuto un passato, anche recente, molto tormentato. Il Festival – ci dice il direttore organizzativo, il pianista Mihai Constantinescu, è nato nel 1958 proprio quando il regime, chiamando artisti di grande livello da tutto il mondo, voleva prendere le distanze dalla URSS governata da Stalin. Dopo alcuni anni di successo, diventò un festival “regionale” dei Paesi del blocco del “socialismo reale”. Si è gradualmente riaperto nel 1991, quando Constantinescu ne assunse la guida manageriale (Ian Holender è il direttore artistico) ma ebbe una vera svolta nel 1995 quando le maggiori orchestre corsero a Bucarest da tutto il mondo.



C’è un aspetto particolare del festival che lo distingue da altri: l’interesse per la musica contemporanea e per i giovani compositori. La sezione dedicata alla musica contemporaneo comprende una trentina di concerti nell’arco di un mese. Ai concerti, si aggiungono workshop dove, dopo avere ascoltato prime mondiali di musicisti giovani, compositori maturi ed affermati, discutono con le nuove leve i loro lavori. In tre giorni, oltre ad assistere a due opere ed ad ascoltare il monumentale Gurre Lieder di Schoenberg, sono riuscito ad assistere al concerto di opere prime della European Contemporary Orchestra, a quello di musica contemporanea del Minguet Quartet ed a due worksops, oltre che ad un concerto di musica del Novecento “storico” del “Tammuz Quartet”.



La European Contemporary Orchestra è un progetto europeo che mette insieme due formazioni note di musica contemporanea note ed affermate (la Telémaque di Marsiglia e Musique Nouvelle di Bruxelles ) con alcuni strumentisti e cantanti italiani. Due maestri concertatori si sono alternati, Jean –Paul Dessy e Raoul Lay. Sono state presentate sei prime mondiali, esito di una serrata selezioni, di compositori di vari Paesi (Pierre- André Charpi, Liviu Danceanu, François Narboni, Ted Heame, Martjin Padding, A-Iorgulescu). Ai nostri lettori possono interessare alcune caratteristiche generali, piuttosto che note tecnico-musicologiche. Sono essenzialmente tre:

A)   La dodecafonia sembra ormai qualcosa del passato, mentre l’orientamento generale pare in favore del minimalismo.

B)  L’elettroacustica e l’elettronica sono funzionale alla parte strumentale ed a quella vocale dal vivo (ad esempio gli echi corali nel lavoro di Charpy).

C)   Grande attenzione al descrittivismo (il suono delle onde nella composizione dell’imbarcarsi verso ‘l’al di là’ di Narboni, i ritmi concitati della vita urbana in quella di Iorgulescu)

Lo si è avvertito anche nel concerto del Minguet Quartet (dedicato a musiche di Iranyi, Ruzicka e Rhim) e nei workshops tenuti da Jörg Widmann. E’ una stagione per molti aspetti nuova e che merita di essere seguita. Il concerto del Tammuz Quartet ci riporta invece alla musica degli Anni Trenta e Cinquanta, ossia di Enescu e dei suoi contemporanei; atmosfere vellutate, intelaiature preziose, senso di melanconia per un mondo che se ne va.