In Italia si parla molto poco di grande musica sinfonica. Ma è proprio dal versante della musica sinfonica che arrivano buone notizie. Sul numero del mensile Classic Voice, in edicola dal 9 settembre, un’inchiesta mette a confronto le realtà italiane con le grandi omologhe straniere. A sorpresa le orchestre sinfoniche italiane sono ai vertici per produttività e per spettatori. Santa Cecilia e l’Orchestra Verdi battono i loro corrispettivi di Berlino o Amsterdam. Mentre come sappiamo, i teatri lirici sono negli ultimi gradini della classifica come Classic Voice ha dimostrato alcuni mesi fa.
Le principali orchestre sinfoniche italiane competono in produttività con quelle europee e le superano per numero di concerti e spettatori. Dall’inchiesta emerge, soprattutto, una controtendenza rispetto al passato: oggi l’Italia non è più il paese del melodramma (non solo la produttività è bassa, ma molte fondazioni sono commissariate e altre verranno liquidate se il Parlamento non converte in tempo il decreto legge varato dal Governo all’inizio dell’estate) ma è molto competitiva sul versante orchestrale e sinfonico, cioè in un ambito in cui per un paio di secoli siamo stati deboli.
Il confronto proposto da Classic Voice è basato sul numero di concerti prodotti ogni anno, numero di spettatori, incassi, finanziamenti pubblici e privati. Riguarda, dunque, solo alcuni aspetti quantitativi legati alla produttività (efficaci da questo punto di vista le diverse tabelle riassuntive pubblicate a corredo del servizio). Il metodo farebbe arricciare il naso sia a uno statistico sia a un musicologo, ma è oggettivamente difficile reperire i dati (specialmente delle orchestre straniere). Si tratta comunque di un primo importante passo che dovrebbe essere fatto dalle istituzioni (Mibac, Consulta per la Musica) o dall’Associazione per l’Economia della Cultura. Occorre , quindi, lodare Classic Voice perché, ci si augura, ha stimolato le istituzione a svolgere quello che è uno precipuo compito istituzionale: la valutazione comparativa del settore.
Andrea Estero, direttore di Classic Voice, afferma: “L’indagine non può e non vuole fare riferimento alle qualità artistiche dei complessi di cui si parla: la valutazione critica la lasciamo ad altre occasioni. Ma è importante sottolineare che questo boom di produttività avviene certamente grazie anche a contributi pubblici significativi, ma non sempre: Santa Cecilia è l’orchestra più finanziata d’Europa, con 15,6 milioni di euro, ma la Verdi prende da stato ed enti locali appena 2,3 milioni. In generale la nostra indagine vuole anche essere di buon auspicio oggi che le stagioni sinfoniche e musicali sono al nastro di partenza (tra settembre e ottobre), mentre l’Orchestra Verdi – a partire dal concerto straordinario del 15 settembre alla Scala – si prepara a celebrare il suo ventennale”.
Dall’inchiesta, si evince in particolare che alcune delle principali orchestre sinfoniche italiane (l’Accademia di Santa Cecilia di Roma e l’Orchestra Verdi di Milano) sono ai vertici della classifica, primeggiando per numero di concerti annuali e spettatori, e superando compagini come Berliner Philharmoniker e London Symphony Orchestra. In particolare l’Orchestra Verdi di Milano è prima per numero di concerti all’anno (154). Seconda la Philharmonia di Londra (146), terza Santa Cecilia (143); per spettatori, la prima d’Europa è Santa Cecilia (340mila), secondi i Berliner Philharmoniker (280mila) e terza di nuovo La Verdi (215mila). Anche tra le radiofoniche la situazione è positiva per i nostri colori: la Sinfonica Nazionale della Rai con 74 concerti l’anno è seconda solo all’Orchestra della Radio Bavarese di Monaco (88), ma supera le celebri orchestre della Bbc e di Radio France.
L’inchiesta non tocca (e non intendeva toccare) un punto nevralgico che invitiamo le riviste di musica a trattare. Da fine Ottocento a metà Novecento l’Italia ha avuto un grande stagione di musica sinfonica , ancora eseguita frequentemente all’estero ma coperta da una corte di oblio in Patria. Per quale motivo? Montemezzi. Casella, Malipiero, Pizzetti, Dallapiccola, Russolo, Pratella, Sgambati, Ghedini, Mancinelli, Catalani, Martucci. vengono considerati, a torto più che a ragione, come espressione di un periodo che si vuole dimenticare. Uniche eccezioni: Petrassi e Respighi. Si tratta di compositori accusati, senza ragione, di essere stati fascisti mentre ad esempio Dallapicolla è stato uno dei 35 professori universitari che rinunciò alla cattedra all’avvento delle leggi razziali. L’unico certamente attivo nel PNF è stato, Puccini (tessera n.2 del partito a Viareggio) ma solo per pochi anni perché lo porto via la morte.
Si giunge al paradosso che mentre è stata riabilitata anche in Italia non solo la “Entartete Musik”(musica considerata “degenerata” dai nazisti) tedesca ma pura quella dello stesso compositore di corte di Hitler (Carl Orff), la cui opera più nota Carmina Burana viene suonata alle feste del Primo Maggio e dell’Unità, la musica italiana dello stesso periodo colpita dalla damnatio memoriae viene eseguita e rappresentata più all’estero che in Italia.
Grazie agli sforzi dell’Orchestra Sinfonica di Roma e del suo creatore e direttore, Francesco La Vecchia, “la sinfonica obliata” italiana sta uscendo dal silenzio. L’Orchestra Sinfonica di Roma è l’unico complesso musicale italiano che non riceve alcuna sovvenzione pubblica. Vive con un contributo della Fondazione Romana e l’apporto di un’associazione di appassionati. Pratica prezzi bassi: per 30 concerti, l’abbonamento è 300 euro che diventano 180 per gli anziani e 100 per gli studenti. Ha un organico stabile di 80 professori d’orchestra , in gran misura attorno ai 35 anni di età. Ha svolto tournée in tutto il mondo. Nei dieci anni di attività ha s volto anche un’attività sociale: oltre 200 concerti in istituti di detenzione e pena, centri di recupero di tossicodipendenti, scuole di periferia.
Ha appena inaugurato una sede nuova a Via dei Cerchi. Da alcuni anni si è data la missione di fare uscire dall’oblio la grande sinfonica italiana della prima metà del Novecento. La offre nella stagione dell’Auditorium di Via della Conciliazione e la registra con due case discografiche. Non ha i mezzi per affrontare la lirica “obliata”, speriamo che lo facciano La Scala, La Fenice ed il Teatro dell’Opera di Roma. E’ un tema che invitoClassic Voice e le altre riviste del settore ad analizzare.