Anche quest’anno la solerte operosità del giornalista musicale/compositore Alex Simone ha portato in rete quella riedizione “carbonara” del Festivalbar denominata Blue Song Online Festival.  Mentre il sottoscritto cronista sta scrivendo questo pezzo è in corso l’ultima fase della competizione che vede scontrarsi tra loro dodici canzoni italiane e non, come nella migliore tradizione della storica manifestazione ideata da Vittorio Salvetti.



La sparizione della mai abbastanza rimpianta kermesse ha comportato peraltro qualche nota lieta come lo scioglimento del requisito di necessarietà legato alla proposizione di successi o candidati tali dell’anno in corso.  Ciò ha permesso, grazie alla conseguente maggiore libertà di forme, l’inclusione persino di brani pubblicati nei tre anni precedenti.



Queste le dodici canzoni che si sono fronteggiate nella fase finale del festival: Sarah – Senso d’infinito; Matteo Becucci – Fammi dormire; Corinne Vigo – In amore; Fabrizio Moro – L’inizio; Melania Rota – 4 giorni insieme; Zara Larsson – Uncover; Lindsey Stirling feat. Peter Hollens – Skyrim; Kika – Alive; Jenni Vartiainen – Missa muruseni on; Lorde – Royals; Kim Cesarion – Undressed; Mdela – Little Blue.

Queste le proposte più interessanti per differenti motivi e caratteristiche musicali.

Melania Rota – 4 giorni insieme

Caso singolare e sorprendente che fa risaltare la metamorfosi di un brano ripreso e rielaborato fuori dal contesto che l’ha generato.  E’ una cover di una canzone di Loy e Altomare che nel 1974 fruttò una certa  notorietà al duo, e che riflette i mutamenti sociali prodottisi nel periodo che abbraccia i sixties digradanti verso Woodstock e gli impeti di libertà e anticonformismo derivanti da quella esperienza.  Con un certo piglio naif che oggi sfiorerebbe il grossolano l’ensemble metteva a tema i sogni e gli slanci fragili della lunga stagione del free love (basti ascoltare l’incipit “quattro giorni insieme a far l’amore come pazzi, a cucinarci gli spaghetti…”) coniugandolo a quella ingenuità espressiva legata a talune flessioni beat anni ’60.



Nella sua fresca ripresa, la maliziosa verve della ventiseienne lombarda Melania Rota (la cui postura vocale ricorda la prima Cinquetti) cala la canzone nell’ambito di certa leggerezza un po’svagata di questi anni duemila rivestendola tuttavia di un bell’intermezzo vocale dove la stessa disegna una melodia che ammicca suadente tra easy listening di scuola francese e arioso lessico europop Abba-style.

https://www.youtube.com/watch?v=ix_JmCea2WQ

Zara Larsson – Uncover

Vicenda per certi versi esemplare di svedese quasi sedicenne che – pur nella affusolata linea vocale che caratterizza la sua età – racchiude in embrione una evidente corposità espressiva che denota un lavoro di base non indifferente nella formazione di una voce degna di tal nome.  Il tutto servito da una canzone che esibisce una melodia larga e ammiccante come nella miglior tradizione delle arie pop di taglio planetario.  Una bella lezione di stile per le varie Emma, Amoroso e compagnia urlante infervorata di casa nostra.

https://www.youtube.com/watch?v=gdzJ9wyV3QU

Kika – Alive

Sulla falsariga dell’artista che precede, ecco la portoghese quindicenne Kika che intona con personalità e solida tempra vocale una canzone che edita l’abc del motivo vincente da Festivalbar.  Melodia a planare che ammicca sorridente con garbo e dolcezza su un irresistibile battente ritmico rettilineo e una cadenza pianistica semplice e giocosa.  

https://www.youtube.com/watch?v=J-Gw7gKavSQ

Jenni Vartiainen – Missa muruseni on

 

Finlandese trentenne dal fascino discreto e sottile, viene presentata con una canzone risalente alla fine del 2010 che riprende atmosfere che richiamano scampoli di antico e nostalgie assortite giocate su una sottile e velata malinconia.  Tutto questo passa e fa breccia a dispetto di una lingua che suona dura e arrotata fino al parossismo grazie alla classe e alle movenze raffinate della cantante scandinava.

https://www.youtube.com/watch?v=EO0p_U1w89A

 

Lorde – Royals

E’ forse l’ennesimo esponente della lunga stagione delle nuove eroine di certa canzone d’autore nate sulla scorta di un rimpasto del grande mare noir/psichedelico sviluppatosi tra i tardi anni’60 e i primi anni ’70.  La proposta, gradevole e graffiante quanto basta, finisce per ricalcare furbescamente e senza scossoni la verve velatamente maudit di una Lana Del Rey e quella maliziosa, scorbutica e ambigua di Duffy.  All’interno della manifestazione tuttavia introduce quella interessante variante che – come talvolta accadeva al Festivalbar stesso – sposa una qualche visione d’autore al taglio pop/hit single della competizione.  

 

https://www.youtube.com/watch?v=nlcIKh6sBtc

 

Corinne Vigo – In amore

Protagonista nell’anno in corso di un disco davvero bello nel panorama della canzone melodica tipicamente italiana (“Lattine e Altre Storie” recensito da Il Sussidiario nello scorso mese d’agosto) sotto l’egida di grandi produttori e musicisti di casa nostra capitanati da Gigi De Rienzo, prende parte alla competizione con il singolo proposto in contemporanea all’uscita dell’album.   In amore – in rappresentanza di un album che offre svariate perle di gusto e cantabilità – è un apprezzabile e godibile pastiche di sonorità acustiche e semi-elettriche dove chitarre, frasi distintive di violino e voce suadente della Vigo consegnano un brano di indubbia efficacia che sa di nostalgia, cose perdute e desiderio di riappropriazione di un patrimonio melodico da tempo abbandonato senza contraddittorio in favore di una musica pop italiana sempre più imboscata nell’appiattimento artistico dei suoi maggiori esponenti.

 

https://www.youtube.com/watch?v=TlsDO1uTCAk

 

 

Lindsey Stirling feat. Peter Hollens – Skyrim 

 

Dalla baraonda dei talent show non esce mai nulla di buono.  Ma la divina provvidenza è così grande, che quel mai si tramuta talvolta in un quasi mai che è già inizio di un tutto e indizio di bello.  Si vedano i recenti casi di una Nathalie dall’X Factor Italiano o un’Annalisa da Amici (cosa ancor più incredibile a dirsi).  E’ il turno di un’ ”America’s Got Talent che nel 2010 ha sfornato questa musicista i cui segni apparenti (genere e modo di presentarsi) tradiscono una curiosa e nascosta misura espressiva.

Il terreno è quello delle contaminazioni tra pop e tradizione, tra elettronica accentuata e classica, mondo che più contraddittorio non potrebbe essere e che nel recente passato ha prodotto fra gli altri fenomeni da cartolina quali il girl ensemble delle Bond o lo spagnolo Hevia.

Il piccolo miracolo è che questa violinista ventisettenne, fascino strano con residui permanenti di adolescenza nello sguardo, gioca sul terreno di quelle ritmiche dub e dance scovando l’imprevedibile di una vita nata in mezzo alle istanze più omologate della musica moderna.  Un unico album eponimo del 2012 dove melodie d’impatto vestono pop strumentale con alcuni momenti di buon livello e un’ipotesi di scrittura.  Facile presa ed effettistica trendy ma riversate con la tempra e lo sguardo di chi cerca giacimenti di bellezza e gioia dal proprio lavoro.   

Tra le varie contaminazioni questa Skyrim (pensata come colonna sonora per il gioco che vede protagonista un’indistinta civiltà antica guerriera) si avvale del contributo al canto di Peter Hollens la cui voce moltiplicata e riverberata vuole rendere quelle atmosfere a mezza via tra letteratura per ragazzi e musica medioevale di ascendenza nordica.  Il risultato è avvincente e d’effetto ed è impagabile seguire gli sguardi della Stirling che sembrano raffigurare l’emblema di uno stupore e di un senso di mistero quantomai rari nella musica e in particolare in certa musica odierna.

 

https://www.youtube.com/watch?v=BSLPH9d-jsI