In quasi tutta Europa il 2014 è ricordato come il centenario dell’inizio della prima guerra mondiale. In Italia si usa parlare di ‘grande guerra 1915-18’ in quanto entrammo nel conflitto qualche mese dopo gli altri principali attori. Anche la musica per il teatro andò in guerra o visse la guerra. Ad esempio, Hofmannshtal e Strauss scrissero e composero due capolavori – Ariadne auf Naxos e Die Frau ohne Schatten – in cui la guerra veniva esorcizzata poiché eros, paternità e maternità trionfavano sulla morte. Pure La Rondine di Puccini viene considerata come una ‘strada di fuga’dala guerra verso il mare. Auguriamoci che la prossima stagione La Scala porti a Milano la magnifica edizione di Die Soltaden di Zimmermann che ha co-prodotto con il festival 2012 di Salisburgo, dove ha trionfato.
Nel frattempo, il Teatro dell’Opera di Roma ha in scena dal 30 gennaio il dittico L’heure espagnole e L’enfant et les sortilèges di Maurice Ravel . Molti si chiederanno che c’entra Ravel con la ‘grande guerra’. C’entra, c’entra. A 39 anni, allo scoppio del conflitto, partì volontario come autista di ambulanze e di camion – le uniche attività che a ragione del suo fragile fisico poteva svolgere. Compose Le Tombeau de Couperin , una suite per pianoforte davvero struggente in cui ciascun movimento è dedicato ad un suo amico ucciso in guerra.
I due atti unici, scritti a cavallo della guerra rappresentano l’emblema della raffinata poesia raveliana: L’heure espagnole è un’ironica farsa musicale scritta in omaggio all’opera buffa italiana, con la più classica delle girandole erotico-amorose tra l’ingenuo marito Torquemada (François Piolino) la disinvolta moglie Concepciòn (Stéphanie d’Oustrac) e i suoi spasimanti il poeta Gonzalve (Benjamin Hulett), il mulattiere muscoloso Ramiro (Jean-Luc Ballestra) e il ricco signore don Inigo (Andrea Concetti) che si alternano celati negli ingranaggi degli orologi della casa-bottega di Torquemada. L’enfant et les sortilèges, composto su un testo che la scrittrice Colette realizzò per la piccola figlia, è un inno al tempo fantastico dell’infanzia e alla dolcezza dell’immaginazione. Un bambino (Khatouna Gadelia) lasciato in punizione nella sua cameretta dalla madre (Hanna Hipp), dopo essersi abbandonato ai capricci si accorge che la sua stanza comincia a prendere vita e gli oggetti da lui maltrattati rivelano una propria anima parlando, danzando e lamentandosi: la Gatta (Stéphanie d’Oustrac), il Fuoco (Kathleen Kim), il Pipistrello (Julie Pasturaud), la Teiera (François Piolino), la Poltrona (Andrea Concetti). Il bambino pentito e spaventato viene perdonato dalle creature animate e ritorna tra le braccia consolatrici della madre. Al pari di Ariadne auf Naxos e Die Frau ohne Schatten sfuggono la guerra nel surreale, esaltando la prima l’eros e l’infanzia il secondo.
La produzione segna il debutto romano del regista Laurent Pelly e del ritorno sul podio dell’Orchestra capitolina del direttore Charles Dutoit che, dopo il successo nella scorsa stagione del Costanzi di Samson et Dalila, affronta ancora una volta uno dei maestri del repertorio francese di cui è tra i maggiori interpreti. Il dittico di Ravel segna la collaborazione del Teatro dell’Opera di Roma con il prestigioso Festival di Glyndebourne, dove la produzione è stata allestita nel 2012 dal regista francese che ne ha firmato, oltre alla regia, anche i costumi. Le scene di L’enfant et les sortilèges sono di Barbara de Limburg, quelle di L’heure espagnole sono di Caroline Ginet.