Pensavate che gli U2 fossero gli unici e autentici geni del marketing applicato alla musica? Sbagliavate. Se l’intrusione in 500 milioni di cellulari vi era sembrata, come ha detto una fan del gruppo irlandese allo stesso Bono in una video chat, “maleducata” (al che il cantante ha risposto scusandosi e dicendo che sì, in effetti, si erano comportati un po’ da megalomani come sono in fondo tutte le rock star), adesso dovrete fare i conti con il genio del marketing che sta lanciando il disco – attesissimo – di Suor Cristina. 



Ci immaginiamo le lunghe riunioni ai piani alti della casa discografica che si è aggiudicata la vincitrice del talent The Voice, suor Cristina appunto. La quale, mentre gli studiosi di marketing musicale si spaccavano il cervello cercando di capire come lanciare sul mercato globale mondiale il disco della suorina che era finita anche in prima pagina sul New York Times, non sembrava tanto decisa a farlo, questo disco,



Si era infatti ritirata nel silenzio del suo monastero, era tornata a insegnare ai bambini del suo oratorio, stava preparandosi a prendere i voti definitivi. I discografici si innervosivano, l’ansia cresceva: accidenti, questo disco deve uscire. 

Il disco uscirà alla fine, il prossimo 11 novembre, ma durante una riunione piuttosto illuminata (dallo Spirito Santo?) ecco che il genio della tavolata partorì l’idea strabiliante. Il disco lo si lancia con l’immancabile singolo con tanto di altrettanto immancabile video.

Abbiamo una suora che canta; dobbiamo imporla al mercato mondiale, far sì che tutti ma proprio tutti dai ragazzini alle vecchiette che vanno in chiesa – ma sì quelle bigotte che nel resto dell’anno ce ne freghiamo e anzi prendiamo in giro con altro tipo di dischi – lo scarichino o lo comprino. Dobbiamo giocare sull’immagine, che è quello che fa vendere, si sa. Ecco l’ideona: le facciamo cantare una canzone di Madonna (capito no l’astuto giochino di parole? una suora, la Madonna…) e facciamo diventare una canzoncina piena di bollori sessuali, di voglia, di gemiti, di – insomma ci siamo capiti – la dichiarazione di spiritualità della nostra suorina, che è – se le informazioni che ci vengono dal Vaticano sono corrette e non ci sono stati cambiamenti perché anche in Vaticano non si capisce più molto oggi  – “vergine”. Like a virgin che diamine! La suora che canta Madonna che è “like a virgin”!



Applausi. I geni del marketing si alzano in piedi dalle loro seggiole, qualcuno si alza anche sul tavolo, tutti gioiscono, si brinda. Qualcuno magari farà anche del sesso stasera che essere “like a virgin” è un problema della suora, mica nostro. Poi che problema c’è basta togliere la parolina “boy”, ragazzo, dal testo originale e vi sfidiamo a dimostrarci che questa canzone non sia davvero un inno spirituale. E sulla Rete la gente si sfinirà a discutere e litigheranno e qualcuno bestemmierà pure. Ma il disco venderà.

Ecco. Se pensavate ancora che Bono era un genio del marketing applicato alla musica, ricredetevi: qui in Italia abbiamo dei geni superiori. Dei geni spirituali. 

 

Ps: finito di scrivere il pezzo, scopriamo un particolare che ci era sfuggito. Non c’è nessun genio del marketing dietro alla scelta di questo pezzo. La canzone in realtà, come ha detto Suor Cristina in una recente intervista al quotidiano Avvenire, l’ha scelta lei: La scelta di Like a Virgin vuole essere testimonianza della capacità che Dio ha di far nuove tutte le cose! Lo interpreto come il “tocco di Dio”, quando mi ha chiamata ad una vita nuova, restituendomi la purezza, la dignità di essere Figlia Amata da Lui. E da lì la mia sequela fino alla fine dei giorni!”. E’ il bello delle canzoni: ognuno può vederci quello che vuole. Alla faccia del marketing.

 

Pps: ad ascoltare questa Like a Virgin verrebbero anche in mente le parole di Pietrangelo Buttafioco: “Per cui [la Chiesa], che da sempre è stata presente nella coscienza della comunità italiana, […] ha sacrificato la presenza sacrale per avere in cambio una presenza pop, quasi rock. […] Come dicevano in un bellissimo dialogo Domenico Porzio e Leonardo Sciascia, se solo avessero tenuto il latino le chiese sarebbero piene. Invece il pop forse fa la folla, ma la sostanza della liturgia e del rito non c’è”.