La sera del 21 ottobre l’aria non poteva non tagliarsi a fette nel foyer del Teatro dell’Opera di Roma Capitale. In programma un nuovo allestimento di Rigoletto che mancava dal 2006 ma di cui si è vista una buona edizione nella stagione estiva alle Terme di Caracalla nel 2010, opera popolarissima ed amatissima dal pubblico (se ne programmano una quindicina di repliche in due tornate). Tuttavia, sullo sfondo si questa ultima prima della stagione 2013-2014, si staglia l’enorme debito del teatro, il licenziamento di coro ed orchestra deciso da una sessione del Consiglio d’Amministrazione a cui hanno partecipato il Sindaco di Roma e il Ministro della cultura in persona, recenti denunce per assenteismo e truffa, la fuga di Muti dall’incarico di Direttore onorario a vita, la scadenza imminente (31 dicembre) del mandato di Sovrintendente e Direttore Artistico e incertezze sulla stagione 2014-2015 che dovrebbe iniziare, da programma, il 27 novembre.



In effetti, lo spettacolo è andato avanti come l’olio. Teatro stracolmo (è stata la serata in cui in termini assoluti, il Teatro ha segnato il maggiore incasso da quando è stato inaugurato nel 1880). Un po’ di volantinaggio da orchestrali e coristi licenziati prima dell’inizio. Ma l’orchestra ha suonato molto bene anche se il maestro concertatore, Renato Palumbo, sì è preso qualche leggero rimbrotto dal pubblico per l’accentuazione di alcuni tempi e di alcuni chiaro-scuri.



Su questa testata, il 6 ottobre, abbiamo illustrato come numerosi tra i maggiori teatri d’opera europei (e non solo) non abbiamo un’orchestra interna di dipendenti, ma contratti con orchestre formate da cooperative o associazioni di musicisti. E’ anche la prassi nei teatri ‘di tradizione’ italiani: il Regio di Parma ha da un paio d’anni cambiato la propria orchestra da un’associazione locale alla Filarmonica Toscanini (pure essa una cooperativa che opera principalmente su base regionale). Indubbiamente, è un modello poco abituale in quelli che erano Enti Autonomi Comunali ed ora sono le Fondazioni Liriche. Non sta certo a noi giudicare quale sia il più appropriato per Roma. Non sta neanche a noi fare congetture sugli esiti delle indagini della magistratura in corso. Senza dubbio, non avere voluto partecipare al referendum sul ‘piano industriale’ (che comporta un generoso ripianamento del debito da parte della collettiva), non è una indicazione positiva dopo gli scioperi selvaggi alle Terme di Caracalla e le assemblee selvagge che hanno disturbato le prove di Manon Lescaut concertata da Riccardo Muti. 



Ci sono almeno altre due orchestre pronte a prendere il posto di quella di Piazza Beniamino Gigli. Lo sappiano i musicisti che hanno sempre meno tempo per organizzarsi in cooperativa/associazione e negoziare con la Fondazione o partecipare al bando che sta per essere lanciato.

Ma veniamo a Rigoletto , prima opera della cosiddetta  “trilogia popolare” di Verdi, Rigoletto supera i “numeri musicali chiusi” del melodramma della prima metà dell’Ottocento con declamati, ariosi e concertati (il terzo atto non è divisibile in “numeri” anche se a volte in concerti il celebre ‘quartetto’ viene enucleato dal resto); ha un flusso orchestrale continuo al cangiare delle atmosfere (ad esempio in tutto  secondo quadro del primo atto); e, soprattutto, ha personaggi con psicologie scavate a fondo. Rigoletto è il grande reietto, sfigurato nel corpo, con un’anima sincera e una seconda vita nascosta. Costretto a fare il compagno di bagordi del Duca di Mantova, si accorge che costui gli ha sedotto la figlia, Gilda. Assolda un killer per ucciderlo. Ma il pugnale trafigge la fanciulla. Dramma, quindi, cupo in cui tutti si travestono, si mascherano, per tentare di essere altro da sè. Nell’allestimento affidato a Leo Muscato (scene di Federica Parolini, costumi di  Silvia Aymonino) l’azione viene spostata dalla Mantova rinascimentale ad un triste anche se peccaminoso principato mittleuropeo d’inizio Novecento. Scarne le scene (in gran misura tende). Interessanti i giochi di luce, specialmente nel terzo atto. Relativamente giovani gli interpreti. Nella lettura di Muscato, il Duca despota libertino e prepotente è afflitto da profonda solitudine che tenta di annegare in sesso e droga; Rigoletto è la rappresentazione della tragedia della difformità ; da un lato, buffone laido e malvagio (fa mandare Monterone a morte), da un altro, padre amoroso e soprattutto fragilissimo; Gilda è l’unica innocente che, travestista da uomo e si fa uccidere per amore e il suo sentimento, nascosto al padre, la conduce al finale tragico. Mentre in altre produzioni, la grande opera di Verdi è messa in scena come una tragedia degli equivoci, in questo allestimento diventa una lettura espressionistica sull’identità dei ciascuno dei tre protagonisti.

Ekaterina Sadovnikova (Gilda) svetta con una   bella coloratura dopo qualche incertezza iniziale. Giovanni Meoni (Rigoletto), già ascoltato più volte nel ruolo, eta in gran forma. Una vera scoperta Pietro Pretti dal timbro chiarissimo

Grande successo.